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La vita dopo l’annuncio dei dazi nel “Giorno della Liberazione”
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Global Equity Observer
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aprile 21, 2025
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aprile 21, 2025
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La vita dopo l’annuncio dei dazi nel “Giorno della Liberazione” |
Pubblicare un outlook all’inizio di aprile 2025 equivale a sfidare la sorte considerando l’instabilità e la mutevolezza dell’attuale contesto, su cui premono profonde incertezze riguardo alla direzione della politica economica statunitense e ai suoi effetti, senza contare la volatilità dei prezzi azionari.
Non cerchiamo di formulare alcuna previsione definitiva sull’andamento dell’economia in questo momento, limitandoci ad analizzare quali siano gli scenari già scontati dal mercato. Siamo dell’avviso che, anche dopo la flessione del 10% circa registrata nei due giorni successivi all’annuncio del “Giorno della Liberazione ”1, i mercati stiano implicitamente ipotizzando che gran parte dell’aumento dei dazi sarà presto revocato, prima di produrre ricadute significative sull’economia americana.
Se consideriamo lo stato dei mercati prima dell’annuncio del “Giorno della Liberazione”, c’è stato un gran parlare del ribasso degli indici azionari nel primo trimestre (Q1). Tuttavia, l’indice MSCI World aveva chiuso con un calo del 2% soltanto e l’S&P 500 era calato appena del 4%.2 La flessione del primo trimestre aveva interessato principalmente i settori Tech+: l’informatica stessa, i servizi di comunicazione, dove dominano Alphabet e Meta, e il settore dei beni di consumo discrezionali, nel quale rientrano Amazon e Tesla. Nel trimestre, gli altri otto settori dell’indice MSCI World si sono tutti mossi al rialzo, senza evidenziare alcun differenziale di performance significativo tra i settori difensivi e quelli ciclici. A nostro avviso, ciò implica che il mercato non stesse scontando alcuna preoccupazione di rilievo circa un rallentamento dell’economia, se non per alcuni segmenti specifici del settore dei beni di consumo discrezionali come le compagnie aeree, gli hotel e l’industria automobilistica, primo bersaglio della stretta doganale. Questo spirito ottimista si era manifestato anche nelle previsioni sugli utili per il 2025 e il 2026 che, indubbiamente favorite dall’indebolimento del dollaro, nel primo trimestre erano rimaste pressoché invariate, pur stimando una crescita a due cifre.
Se si eccettuano i Magnifici Sette, questa resilienza del mercato nel primo trimestre indica che gli investitori non si stavano ancora concentrando sulle possibili ripercussioni negative dei dazi, quanto piuttosto sui potenziali vantaggi per la redditività delle imprese derivanti dalle politiche promosse dalla nuova amministrazione, come ad esempio la deregolamentazione. Di conseguenza, l’annuncio del “Giorno della Liberazione” ha rappresentato uno shock, mandando in tilt prima i mercati azionari e poi quelli obbligazionari. I due passi indietro, il primo sulla presunta applicazione dei dazi reciproci ad opera dei mercati obbligazionari e il secondo per le insistenti richieste da parte di soggetti con interessi particolari sul settore tecnologico cinese, sono stati accolti con sollievo, portando il mercato azionario a recuperare gran parte delle perdite accusate nel mese di aprile.
Nonostante la moderazione, l’effetto netto è stato un massiccio aumento dei dazi statunitensi, passati dal 3% circa a, forse, il 15%.3 Al momento in cui scriviamo (15 aprile 2025) è previsto un dazio del 10% su quasi tutti i prodotti, in aggiunta a un’imposta doganale superiore al 25% sui prodotti non USMCA provenienti da Messico e Canada,4 e di oltre il 100% sui prodotti cinesi, ad eccezione dell’elettronica di consumo. Si tratta di una considerevole tassazione sui consumatori statunitensi che, salvo cambiamenti, comporterà un rallentamento della crescita e un aumento dell’inflazione. Aleggia inoltre un’enorme incertezza sugli sviluppi futuri: a quanto pare sono allo studio dazi sui prodotti farmaceutici e sui semiconduttori, una pausa di soli 90 giorni sui presunti dazi reciproci e una guerra commerciale dichiarata con la Cina. Oltre allo shock meccanico sulla domanda e sull’offerta che gli Stati Uniti accuseranno a causa della stretta doganale, è molto probabile che la fiducia dei consumatori e delle imprese, che già a marzo tendeva al ribasso in previsione dell’imminente annuncio sui dazi, subisca un forte contraccolpo. Tutto ciò si aggiunge ai rischi per la crescita statunitense derivanti dalla limitazione dei flussi migratori (e quindi della crescita della forza lavoro) e dai tagli alla spesa pubblica previsti dal DOGE.5
Nel complesso, l’annuncio dei dazi, anche se in parte revocati, rappresenterà con ogni probabilità un forte freno alla crescita e agli utili e potrebbe comportare anche un aumento del premio per il rischio azionario, data la volatilità con cui vengono implementate le politiche. Se guardiamo i bersagli delle misure doganali, i principali esportatori verso gli Stati Uniti si trovano ad affrontare problemi significativi e vi sono maggiori probabilità che lo shock sia più deflazionistico che inflazionistico, un fatto che potrebbe consentire maggiori margini di manovra per eventuali stimoli monetari.
Mentre scriviamo, i mercati azionari segnano solo una leggera flessione per il mese e sembrano tutt’altro che convenienti se considerati in chiave storica: l’indice MSCI World si attesta a circa 17x per gli utili e l’S&P 500 a 20x.6 Simili multipli si basano sull’ipotesi che nei prossimi due anni gli utili siano destinati ad aumentare a doppia cifra, un ritmo che trovavamo preoccupante ancor prima dell’annuncio. Sia i multipli che gli utili saranno molto vulnerabili se la crescita dell’economia statunitense scenderà sotto l’1%, anche se l’indebolimento del dollaro offrirà un certo sostegno. Ciò implica che il mercato sembra ritenere che nei prossimi mesi i dazi subiranno un drastico ridimensionamento, presumibilmente grazie al successo delle trattative con partner del calibro dell’Unione europea (UE) e della Cina, e che nel frattempo i danni saranno minimi. Per quanto non impossibile, tale scenario sembra tutt’altro che scontato, soprattutto dopo le rappresaglie della Cina.
Come abbiamo spiegato in un recente articolo del Global Equity Observer (GEO) – The New Tariff Landscape (Il nuovo panorama dei dazi doganali) – per quanto riguarda le potenziali ricadute dei dazi sui nostri portafogli globali, operiamo una distinzione tra le ripercussioni dirette e quelle indirette, più incerte, derivanti da eventuali misure di ritorsione o da impatti macroeconomici. Mentre scriviamo, poiché i nostri portafogli sono orientati più ai servizi che ai beni, riteniamo che l’impatto diretto dei dazi statunitensi per la maggior parte delle società in cui investiamo sarà limitato, mentre le attività manifatturiere locali, gli elevati margini lordi, il potere di determinazione dei prezzi e i ricavi ricorrenti dovrebbero attenuare le ricadute sulle aziende produttrici di beni.
È possibile che le misure di ritorsione si spingano oltre il settore dei beni, forse anche sotto forma di sanzioni imposte dall’UE ai colossi tecnologici statunitensi, ma anche in questo caso gli elevati margini lordi, il potere di determinazione dei prezzi e i ricavi ricorrenti delle società che abbiamo in portafoglio dovrebbero contribuire a moderare le conseguenze sui nostri portafogli globali. Questi stessi fattori dovrebbero essere di aiuto ai portafogli anche nel caso in cui i dazi dovessero innescare un rallentamento e/o una recessione di portata rilevante, come dimostrato dalla nostra strategia globale di punta che, in numerose occasioni durante le passate fasi di crisi economica, ha dimostrato di poter generare utili elevati. Inoltre, abbiamo un’esposizione limitata al rischio rappresentato dal “minimo della disillusione” nell’IA. I nostri portafogli globali sono esposti a due dei Magnifici Sette – cioè Microsoft e Alphabet, la cui adozione della GenAI dovrebbe fornire un ulteriore impulso alla crescita in aggiunta alla transizione in corso verso il cloud – ma non agli altri cinque. La “mancanza di posizioni” ha favorito in modo significativo l’ottima performance relativa registrata finora, in questa prima parte dell’anno. Se i mercati non stanno effettivamente rispecchiando la presenza di dazi elevati e il forte rallentamento economico che ne consegue, la “mancanza di posizioni” potrebbe continuare a essere un fattore positivo con il passare dei mesi.
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Managing Director
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