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Aspettando Godot, in versione obbligazionaria
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Global Fixed Income Bulletin
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luglio 16, 2025
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luglio 16, 2025
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Aspettando Godot, in versione obbligazionaria |
Giugno è stato caratterizzato dalla prosecuzione del clima di propensione al rischio instauratosi all’inizio del trimestre e sostenuto da solidi dati economici, da una leggera diminuzione della volatilità e dall’allentamento delle tensioni geopolitiche dopo il breve conflitto tra Israele e Iran. I rendimenti dei titoli di Stato dei mercati sviluppati sono risultati contrastanti: i rendimenti dei Treasury a 10 anni sono scesi di 17 punti base (pb) al 4,23%, mentre quelli dei Bund tedeschi sono aumentati di 10 pb sulla scia dei segnali restrittivi della BCE e dell’annuncio di un aumento della spesa pubblica. Il dollaro USA ha perso il 2,1% nei confronti di un paniere di valute: con un apprezzamento di tutte le valute del G10, tranne lo yen, e una performance ampiamente superiore delle valute dei mercati emergenti (ME).
Il debito dei mercati emergenti ha registrato rendimenti elevati, favoriti dall’indebolimento del dollaro, da afflussi positivi e dal restringimento degli spread del credito sia sovrano che societario. I tassi locali hanno sovraperformato quelli globali e i rischi geopolitici hanno avuto un impatto solo transitorio sul clima di fiducia dei mercati. In Sudafrica, Brasile e Indonesia si è assistito a una notevole diminuzione dei rendimenti, mentre in paesi come Ungheria e Corea del Sud a modesti aumenti.
Il credito societario ha registrato un rialzo generalizzato. I titoli high yield statunitensi ed europei hanno sovraperformato quelli investment grade, favoriti da solidi fattori tecnici, da ottimi fondamentali societari e dal calo dei rendimenti dei Treasury. L’investment grade (IG) in euro ha primeggiato nell’ambito dell’investment grade, sostenuto da una domanda robusta e da dinamiche di emissione favorevoli. Anche i prodotti cartolarizzati hanno messo a segno buone performance, con gli spread dei titoli MBS di agenzia in calo di 8 pb e un restringimento degli spread dei titoli garantiti da ipoteche residenziali (RMBS) e quelli garantiti da ipoteche commerciali (CMBS) non di agenzia, in un contesto contrassegnato da elevati volumi di emissioni e dalla resilienza dei fondamentali creditizi.
In prospettiva, i mercati scontano dai due ai tre tagli dei tassi da parte della Fed di qui a fine anno, anche se i rischi inflazionistici derivanti dai dazi e dall’espansione di bilancio restano un’incognita fondamentale. Restiamo ottimisti sulla duration nei mercati sviluppati, prediligiamo le esposizioni all’irripidimento della curva negli Stati Uniti e in Europa e continuiamo a scorgere valore nel debito dei ME e nel credito cartolarizzato, specie negli MBS di agenzia e nei titoli garantiti da ipoteche residenziali.
Prospettive per il mercato obbligazionario
Da quando lo scorso settembre la Fed ha iniziato il ciclo di tagli dei tassi con una sforbiciata di 50 pb, l’atmosfera si è fatta stranamente tranquilla, almeno per quanto riguarda i tassi a breve termine. Dall’ultimo taglio di 25 pb sono ormai passati sei mesi e i rendimenti a breve scadenza si sono a malapena mossi. Rispetto all’andamento altalenante tra il 2022 e del 2024, l’attuale intervallo di negoziazione sembra quasi trasudare serenità.
Certo, la curva dei rendimenti si è irripidita dopo quel primo taglio. La curva 2s10s è passata da piatta a leggermente positiva. Ma osserviamo la cosa in prospettiva: siamo ancora poco sopra la metà dell’irripidimento medio registrato negli ultimi quarant’anni. Se questa congiuntura sembra familiare, forse è perché riecheggia il periodo di cinque anni a cavallo tra la primavera del 1995 e il picco della bolla tecnologica all’inizio del 2000. All’epoca, la Fed mise termine a un ciclo di rialzi e passò per diversi anni ad alzare e abbassare gradualmente i tassi all’interno di una fascia di 125 pb, per rispondere agli sviluppi macroeconomici.
Per ora, il prossimo taglio della Fed rimane elusivo, come il Godot di Beckett. L’inflazione PCE strutturale, il parametro di riferimento preferito della Fed, è ferma al 2,7%, esattamente allo stesso livello dello scorso settembre. Il tasso di disoccupazione, che si attesta al 4,2%, è solo leggermente più alto. Se a ciò si aggiunge l’impatto ritardato dei dazi e dell’irrigidimento delle politiche di immigrazione, che porterà a una scarsità di manodopera, lascia perplessi constatare che il segmento breve del mercato obbligazionario statunitensi stia scontando ben tre tagli di 25 pb di qui a fine anno, cioè uno in più rispetto ai primi di giugno. E spingendo lo sguardo anche oltre, il mercato stima a cinque i tagli di qui alla fine dell’anno prossimo.
Fuori degli Stati Uniti, i cicli dei tassi sembrano volgere al termine. I mercati scontano un solo altro taglio da parte della BCE e della Banca del Canada, e circa uno e poco più da parte della Riksbank. Solo nei mercati con i rendimenti più elevati – il Regno Unito e l’Australia – ci si aspettano ancora tre o più tagli. La Banca del Giappone si sta muovendo in direzione opposta. Con un’inflazione effettiva ancora superiore al 3% su base annua e una crescita dei salari tuttora elevata, i tassi di riferimento potrebbero finalmente salire significativamente sopra lo zero. Detto questo, il mercato si aspetta comunque che di qui a due anni il tasso di riferimento sarà ancora sotto l’1%.
Anziché cercare di muoverci in base alle decisioni delle banche centrali, continuiamo a credere che la scommessa più sicura sia quella di posizionarsi in vista di un irripidimento della parte lunga della curva dei rendimenti, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa. In Giappone e nel Regno Unito abbiamo già assistito a un forte irripidimento: questo sembra indicare che non si può più dare per scontato lo storico sostegno da parte delle compagnie assicurative e dei fondi pensione nella parte lunga della curva. A nostro avviso, l’irripidimento delle curve riflette le persistenti preoccupazioni del mercato riguardo ai disavanzi pubblici elevati e alla capacità di assorbimento dell’offerta di titoli governativi nei tratti della curva dove i compratori strutturali – legati a passività di lungo termine – stanno diventando sempre meno presenti.
A giugno tutto questo si è ulteriormente intensificato: la volatilità è continuata a calare dopo il Liberation Day, nonostante le notizie sul conflitto tra Iran e Israele e la partita a scacchi legislativa sulla proposta di legge “One Big Beautiful Bill”. Gli spread creditizi si sono ristretti tornando ai livelli precedenti al Liberation Day e i mercati azionari hanno superato il picco di marzo. Nonostante molti considerino la politica monetaria in territorio restrittivo – perché il tasso obiettivo dei Fed Funds è tuttora superiore di 200 punti base all’IPC, un altro richiamo della metà degli anni ’90 del secolo scorso – il mercato rimane ottimista nei confronti dell’economia.
Nell’Area Euro, gli spread dei titoli sovrani hanno ora raggiunto i livelli più bassi da prima della crisi sovrana dell’euro. In molti casi, questa stretta è fondamentalmente giustificata: la maggior parte dei paesi si trova su una traiettoria di miglioramento del rating e le loro dinamiche fiscali sono le migliori da più di un decennio. Detto ciò, non si tratta di una dinamica generalizzata. Nell’ultimo anno, sia la Francia che il Belgio hanno subito un declassamento. Tuttavia, lo spread OAT-Bund ha toccato il minimo degli ultimi 12 mesi e, sebbene la Francia sia ora uno dei paesi dell’Area Euro con i rendimenti più elevati, è difficile sostenere che il mercato sia realmente preoccupato per il rischio fiscale francese.
Qual è la differenza principale tra il 1995 e la situazione odierna? Il dollaro. Quando Robert Rubin divenne Segretario del Tesoro sotto la presidenza Clinton, dichiarò notoriamente che “un dollaro forte è nel nostro interesse nazionale” e lo dimostrò con i fatti. Quell’impegno è proseguito anche dopo la fine del suo mandato, sostenuto da un avanzo di bilancio federale già nel 1998 e da una posizione patrimoniale netta verso l’estero sostanzialmente in equilibrio.
Il contesto odierno non potrebbe essere più diverso. Sia il bilancio che le partite correnti presentano un forte disavanzo e il divario tra gli attivi statunitensi in mano estera e quelli esteri in mano americana supera l’80% del PIL statunitense. Riteniamo che gli investitori esteri, che già detengono grandi quantità di Treasury e azioni statunitensi, possano iniziare a chiedere un premio più elevato per continuare a finanziare un simile squilibrio. A nostro avviso, tale premio preannuncia un indebolimento del dollaro. Ecco quindi spiegato il nostro posizionamento: corto sul dollaro rispetto a un paniere di valute dei mercati sviluppati ed emergenti.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati sviluppati
Rassegna mensile
Nella prima metà di giugno i tassi d’interesse dei mercati sviluppati sono aumentati, per poi scendere e chiudere il mese al ribasso. I rendimenti dei Treasury a 10 anni sono scesi di 17 pb al 4,23% e anche nel Regno Unito, in Giappone, in Australia e in Nuova Zelanda i rendimenti dei titoli di Stato a 10 anni sono calati. Tuttavia, i rendimenti dei Bund decennali sono saliti di 10 pb al 2,6%, spinti dai toni della BCE, meno accomodanti del previsto, espressi in occasione della riunione di inizio giugno e da dati sulla crescita migliori delle attese. I mercati del rischio hanno continuato a recuperare prima della scadenza dei negoziati sui dazi (inizio luglio), con l’S&P che a fine giugno ha sfondato quota 6.200 raggiungendo un nuovo massimo storico. Nel complesso, l’andamento dell’economia statunitense è stato incoraggiante, evidenziando un impatto minimo dei dazi sui prezzi, un mercato del lavoro ancora resiliente e una stabilizzazione delle aspettative di inflazione. I dati sull’occupazione per il mese di maggio indicano che sono stati creati 139.000 nuovi posti di lavoro durante il mese, un numero leggermente superiore a quello previsto dal mercato. Per la quarta volta consecutiva l’IPC core si è attestato sotto le aspettative di mercato, coerentemente con il generalizzato rallentamento dell’inflazione osservato a livello globale. I prezzi di diverse categorie di prodotti hanno evidenziato che le imprese, almeno finché possono attingere alle scorte, non stanno scaricando i costi sui consumatori in misura significativa. Nella seconda metà del mese, alcuni responsabili della Fed hanno accennato l’ipotesi di un taglio dei tassi in occasione della riunione di luglio. Il mercato attualmente sconta circa due tagli e mezzo entro la fine dell’anno e una probabilità su cinque che a luglio il FOMC riprenda il ciclo di allentamento.
Nell’Eurozona, la BCE ha ridotto i tassi di 25 pb, ma ha lasciato intendere di essere in dubbio sull’opportunità di un ulteriore allentamento della politica monetaria. Dopo un iniziale appiattimento, la curva ha continuato a irripidirsi, in particolare nella parte lunga, quando la Germania ha annunciato un aumento delle emissioni superiore alle attese e, prima di ciò, un aumento della spesa pubblica. Secondo alcune indiscrezioni, l’Unione europea starebbe valutando la possibilità di accettare un accordo commerciale con gli Stati Uniti che sancisca i dazi universali del 10%, introdotti per la prima volta ad aprile, con alcune eccezioni per i prodotti di settori come quello farmaceutico, dei semiconduttori e degli aeromobili.
A giugno un’ulteriore fonte di volatilità è stata la situazione geopolitica. L’escalation del conflitto tra Israele e Iran ha causato un breve ma netto aumento dei prezzi del petrolio, per il timore di una chiusura dello Stretto di Hormuz o di danni alle infrastrutture energetiche. L’impatto della guerra sugli attivi rischiosi e sui mercati obbligazionari è stato tuttavia di breve durata, grazie alla rapida de-escalation. La volatilità di origine geopolitica ha inoltre spinto il dollaro statunitense a un breve rialzo verso la metà del mese, ma l’indice del dollaro di Bloomberg ha poi finito per chiudere il mese di giugno segnando un calo del 2,1%. Ad eccezione dello yen giapponese, tutte le valute del G10 hanno guadagnato rispetto al dollaro USA. Le valute cicliche e quelle ad alto rendimento hanno continuato a sovraperformare in un contesto favorevole al rischio.
Prospettive
Confermiamo il nostro sovrappeso di duration nei mercati sviluppati, pur riconoscendo che il diverso andamento dei tassi scontato adesso dal mercato, in particolare per quanto riguarda gli Stati Uniti, ha reso la duration meno interessante ai livelli attuali. Sappiamo inoltre che l’impatto inflazionistico dei dazi potrebbe manifestarsi in modo più evidente solo in estate, con conseguente riduzione del numero di tagli dei tassi scontati. Manteniamo anche le nostre esposizioni di lunga data all’irripidimento della curva nei Treasury statunitensi e nei Bund, anche se nel mercato di questi ultimi abbiamo recentemente corretto il posizionamento a favore dell’irripidimento della parte lunga. In Giappone, manteniamo un sottopeso di duration a fronte dei forti aumenti di salari e inflazione che, a nostro avviso, determineranno un numero di rialzi superiore a quello attualmente scontato dal mercato. Manteniamo immutate anche le nostre posizioni di break-even sull’inflazione. Abbiamo un posizionamento corto nel dollaro USA rispetto a un paniere di valute.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati emergenti
Rassegna mensile
I mercati emergenti hanno messo a segno un’ottima performance e le loro valute si sono generalmente rafforzate dinanzi a un indebolimento del dollaro USA, mentre i loro tassi hanno sovraperformato quelli globali. Nel credito sovrano e societario gli spread si sono ristretti. Il 13 giugno Israele ha lanciato un attacco contro l’Iran, prendendo di mira impianti nucleari e siti militari. L’Iran ha risposto con attacchi contro Israele e il conflitto ha subito un’ulteriore escalation quando anche gli Stati Uniti hanno sferrato un attacco aereo contro le infrastrutture nucleari iraniane. Dodici giorni dopo l’inizio del conflitto Tel Aviv e Teheran hanno concordato un cessate il fuoco che ha retto. Nella Corea del Sud si sono svolte le prime elezioni presidenziali da quando lo scorso dicembre l’ex presidente Yoon Suk Yeol aveva promulgato la legge marziale, subendo poi l’impeachment. Il neoeletto presidente Lee appartiene al partito di sinistra, ma non ne è un membro storico. Una delle sue iniziative principali è quella di rilanciare il mercato azionario coreano, che generalmente viene scambiato a sconto. Con 2,1 miliardi di dollari per i fondi in valuta forte e 1,9 miliardi di dollari per quelli in valuta locale, i flussi delle classi di attivo sono risultati positivi per entrambe le tipologie di fondo.1
Prospettive
In occasione della riunione di giugno, la Fed statunitense ha mantenuto i tassi invariati nonostante le pressioni dell’amministrazione americana. Prima degli incontri in primavera del Fondo monetario internazionale, le aspettative di crescita globale sono state riviste significativamente al ribasso sulla base degli annunci dei dazi doganali del 2 aprile. In questo periodo di pausa di 90 giorni permane l’incertezza e proseguono le trattative attive a livello di singoli paesi. La portata delle potenziali ricadute delle politiche doganali statunitensi sull’inflazione rimane incerta, ma a livello globale, fuori degli Stati Uniti, i dazi stanno generando una dinamica deflazionistica. Gli shock negativi della domanda e l’eccesso di offerta dovranno essere reindirizzati e questo probabilmente eserciterà una pressione negativa sui prezzi. Il quadro tecnico dovrebbe rivelarsi favorevole per questa classe di attivo perché gli investitori stanno iniziando a manifestare un maggiore interesse sia per i fondi in valuta locale che per quelli in valuta forte. La selezione a livello di singolo paese, l’attenzione ai fondamentali e la direzione dei cambiamenti continueranno a rivestire un ruolo fondamentale per incrementare il valore di questa classe di attivo.
Credito societario
Rassegna mensile
A giugno gli attivi rischiosi si sono mossi al rialzo, favoriti dalla resilienza dei dati, dal cessate il fuoco in Medio Oriente, dalla rimozione della Sezione 899 e da un quadro tecnico solido, con una sovraperformance dell’IG in EUR rispetto all’IG statunitense. I negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno portato alla definizione di un quadro di riferimento in materia di dazi, mentre i piani di bilancio della Germania hanno rafforzato le aspettative di crescita. Le banche centrali hanno adottato toni prudenti: la BCE ha tagliato i tassi lasciando intendere di volersi prendere una pausa, la Fed ha assunto un atteggiamento attendista ma tutt’altro che accomodante e la BoE ha mantenuto invariata la sua posizione. Gli indici PMI dell’Area Euro sono rimasti sostanzialmente invariati, poiché il buon andamento in Germania è stato neutralizzato dalla debolezza di altri paesi. Negli Stati Uniti i dati sono stati discordanti, perché sebbene gli indicatori diffusi dall’ISM evidenzino una certa debolezza, i salari e l’occupazione dei settori non agricoli si presentano solidi. Sia negli Stati Uniti che nell’Eurozona l’inflazione ha rallentato, ma l’impatto dei dazi doganali è stato finora limitato. Il quadro tecnico rimane solido, con forti emissioni a giugno e una domanda sostenuta.
A giugno la performance dei mercati high yield statunitensi e globali si è rafforzata ulteriormente e allo stesso tempo si è assistito a un significativo calo dei rendimenti dei Treasury e a una forte offerta di attivi rischiosi, con l’S&P 500 che ha chiuso il trimestre con un nuovo massimo storico. Le reazioni del mercato al conflitto armato con l’Iran sono state molto contenute, anche se dopo il cessate il fuoco i futures sul petrolio sono scesi attorno ai 65 dollari.2 I volumi del mercato primario sono nuovamente cresciuti e sono stati accolti da una forte domanda, favorita dal rientro dei timori degli investitori per i dazi doganali e dall’aumento delle aspettative di un futuro calo dei tassi. Gli afflussi nei fondi retail high yield statunitensi sono rimasti consistenti e, sommati all’afflusso di maggio, sono stati sufficienti a neutralizzare gli ingenti deflussi osservati ad aprile. Le insolvenze, invece, hanno continuato ad aumentare moderatamente.3
A giugno, nonostante l’aumento delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente, le obbligazioni convertibili globali hanno registrato una performance positiva al pari di altri attivi rischiosi. I rendimenti di questa classe di attivo sono stati ancora una volta sostenuti da emittenti a beta e delta più elevati, mentre l’azionario globale ha continuato la corsa al rialzo. In definitiva, nel corso del mese le obbligazioni convertibili globali hanno sottoperformato l’azionario globale, ma sovraperformato l’obbligazionario globale. Giugno è storicamente un mese positivo per le nuove emissioni e lo scorso mese non ha fatto eccezione. In totale, a giugno le emissioni sono state pari a 26,1 miliardi di dollari, superando il totale di 18,7 miliardi di dollari di maggio che fino a quel momento aveva rappresentato il picco delle emissioni mensili da marzo 2021. A livello geografico, la classifica delle emissioni ha visto in testa gli Stati Uniti, cui sono ascrivibili circa i due terzi delle nuove emissioni del mese. A fine mese, l’offerta da inizio anno si è attestata a 70,5 miliardi di dollari, superando i 60,5 miliardi di dollari di nuove emissioni nello stesso periodo del 2024.4
Prospettive
Rimaniamo cautamente ottimisti nei confronti del mercato creditizio, anticipando una crescita contenuta senza un aumento significativo del rischio di declassamento o di insolvenza. Le politiche europee restano favorevoli, mentre il quadro di bilancio statunitense è più contraddittorio. I fondamentali societari sono solidi e le aziende continuano a perseguire strategie a basso rischio. Il quadro tecnico è positivo, con emissioni gestibili e una forte domanda di rendimenti IG. In prospettiva, ci aspettiamo che gli spread esibiscano un certo beta in conseguenza di determinati sviluppi, ma dubitiamo che si possano verificare variazioni sostanziali dello scenario di base sopra delineato. Ai livelli attuali gli spread sembrano prossimi al “fair value”, per cui il carry dovrebbe essere il principale fattore di rendimento, anche se è probabile che la selezione dei settori e dei titoli possa offrire ulteriori guadagni. Vista l’incertezza dello scenario fondamentale nel medio termine, dubitiamo che si possa assistere a un sostanziale restringimento degli spread, per cui manteniamo un posizionamento di spread duration leggermente lungo, con ampia capacità di rafforzare la posizione qualora dovesse manifestarsi qualche debolezza.
In queste prime battute del secondo semestre del 2025 manteniamo un atteggiamento di cautela. Il picco del rischio e della volatilità derivante dagli sviluppi sul fronte delle politiche doganali e commerciali è probabilmente alle spalle. Tuttavia, il quadro definitivo per gli scambi commerciali internazionali con gli Stati Uniti rimane poco chiaro. Ci aspettiamo che il nuovo contesto sia destinato a ostacolare la crescita economica e ad agire di concerto con il “One Big Beautiful Bill”, determinando un’inflazione più elevata e più ostinata, poiché sulla scia di questa nuova legge il deficit federale continuerà prevedibilmente ad aumentare a dismisura. Rispetto al passato, i rendimenti rimangono interessanti, ma nel mercato high yield lo spread medio, pur attestandosi a circa 50 pb sopra i minimi successivi alla crisi finanziaria globale (GFC), raggiunti a gennaio, ha chiuso il secondo trimestre al di sotto dei livelli di inizio anno ed è suscettibile di un allargamento. Siamo giunti a questa conclusione dopo un’analisi approfondita di fattori quali la crescita economica statunitense e globale, l’evoluzione delle politiche monetarie delle banche centrali mondiali, la salute dei consumi, i fondamentali degli emittenti high yield, le condizioni tecniche e le valutazioni. In definitiva, sebbene a nostro avviso la probabilità di una recessione quest’anno sia bassa, riteniamo che la cautela sia giustificata e ci aspettiamo ulteriori ondate di volatilità nei prossimi mesi.
In queste prime battute del secondo semestre, confermiamo il nostro ottimismo sui fondamentali del mercato globale delle obbligazioni convertibili. Le obbligazioni convertibili continuano a esibire i loro profili asimmetrici, caratterizzati da delta ragionevolmente equilibrati e da solidi floor obbligazionari. Il picco del rischio e della volatilità derivante dagli sviluppi sul fronte delle politiche doganali e commerciali è probabilmente alle spalle. Tuttavia, il quadro definitivo per gli scambi commerciali internazionali con gli Stati Uniti rimane poco chiaro. Inoltre, per quanto le tensioni in Medio Oriente sembrino essere rientrate, occorrerà attendere qualche tempo per capire se il cessate il fuoco potrà reggere nel medio-lungo periodo. La capacità di questa classe di attivo di fungere da minimo obbligazionario sarà particolarmente importante qualora si dovesse assistere a un nuovo aumento della volatilità come nel secondo trimestre. Pur essendo ottimisti sui fondamentali, siamo cauti sul mercato primario, che sta per superare i volumi del 2024. Mentre la maggior parte degli emittenti continua a rivolgersi al mercato per rifinanziare il debito in scadenza nonostante i tassi d’interesse relativamente elevati, il trend delle emissioni collegate alle criptovalute, iniziato sul finire del 2024, ha accelerato costantemente quest’anno, come evidenzia l’aumento del numero di società che emettono debito per l’acquisto di criptovalute. È un ambito nel quale consigliamo di muoversi con prudenza, ma che riteniamo offra anche un’opportunità ai team di investimento dotati di risorse adeguate e orientati a una ricerca bottom-up fondamentale.
Prodotti cartolarizzati
Rassegna mensile
A giugno i mercati del credito cartolarizzato hanno evidenziato un modesto restringimento dei differenziali, sostanzialmente in linea con gli altri settori obbligazionari. Tuttavia, dopo avere accumulato un ritardo nei mesi precedenti, gli spread dei titoli MBS di agenzia si sono ristretti in misura più significativa. La curva rialzista dei Treasury statunitensi si è irripidita grazie a un’inflazione più contenuta che ha riacceso le aspettative di un allentamento da parte della Fed. I mercati scontano ora due tagli dei tassi per il 2025, rispetto ai quattro di aprile, e il primo è atteso per settembre.
Gli spread degli MBS di agenzia si sono ristretti di 8 pb a +147 pb rispetto ai Treasury comparabili, rimanendo ampi sia in ottica storica che rispetto ad altri settori obbligazionari core. Le posizioni in MBS della Fed sono diminuite di 17 miliardi di dollari, scendendo a 2.130 miliardi di dollari, in calo quindi di 564 miliardi di dollari rispetto al picco del 2022. Le banche statunitensi hanno leggermente aumentato le posizioni in MBS, portandole a 2.682 miliardi di dollari, un trend secondo noi destinato a continuare con l’allentamento dei vincoli SLR e la riduzione dei tassi a breve termine. I gestori monetari, attratti dalle valutazioni interessanti, sono rimasti acquirenti attivi.
A giugno le emissioni sono rimaste consistenti in tutti i settori cartolarizzati e sono state adeguatamente assorbite. Le emissioni di ABS sono state pari a 33,2 miliardi di dollari, in linea con il mese di maggio. Le emissioni di CMBS non di agenzia hanno toccato gli 11,8 miliardi di dollari, portando i volumi da inizio anno a registrare un aumento del 56% rispetto all’anno precedente. Le emissioni di RMBS non di agenzia sono aumentate del 17% a 14,8 miliardi di dollari.5 Malgrado l’aumento dei tassi ipotecari, i fondamentali del credito residenziale sono rimasti solidi, sostenuti dal buon livello di capitalizzazione dei proprietari di abitazioni, dalla bassa disoccupazione e dalla limitata attività di rifinanziamento. Gli spread degli RMBS e degli ABS non di agenzia si sono ristretti di 5-10 pb e quelli dei CMBS di 10-20 pb. Nell’ambito dei CMBS, gli appartamenti di fascia alta, la logistica e gli hotel di lusso hanno continuato a registrare buone performance, mentre i centri direzionali di Classe B hanno continuato a incontrare difficoltà.
Prospettive
Nel secondo semestre, ci attendiamo un ulteriore restringimento degli spread degli MBS di agenzia, per via degli afflussi da parte delle banche e degli investitori orientati al valore relativo, in cerca di interessanti profili di rendimento rispetto ad altri settori dell’obbligazionario core e strumenti equivalenti alla liquidità. Tuttavia, riteniamo probabile che una significativa compressione degli spread spinga la Fed a iniziare a tagliare i tassi, cosa che ci aspettiamo possa verificarsi nel corso dell’anno. Gli spread dei titoli cartolarizzati dovrebbero rimanere confinati in un intervallo ristretto nel breve termine in quanto i mercati attendono maggiore chiarezza sulle ricadute economiche dell’evoluzione delle politiche sui dazi e dell’ulteriore restringimento degli spread degli MBS di agenzia. Da inizio anno ad oggi, gli MBS di agenzia sono stati uno dei settori più brillanti e anche il credito cartolarizzato ha generato solidi rendimenti. In questo inizio luglio, ci aspettiamo che i rendimenti siano trainati principalmente dal carry, sostenuti da livelli di rendimento interessanti. Nondimeno, l’attuale livello dei tassi continua a mettere a dura prova i bilanci familiari, in particolare quelli dei consumatori a basso reddito. Ci aspettiamo una perdurante situazione di stress in alcuni segmenti di ABS sui prestiti al consumo. Anche il settore immobiliare commerciale continua a risentire dell’elevato costo del denaro. Viceversa, restiamo ottimisti sul credito ipotecario residenziale, che rimane il nostro settore preferito e l’unico ambito in cui ci sentiamo a nostro agio nell’aumentare l’esposizione a rating creditizi più bassi. Confermiamo la prudenza verso gli ABS e i CMBS con rating inferiore. Continuiamo a intravedere un solido valore relativo negli MBS di agenzia, soprattutto rispetto agli spread societari investment grade e ai livelli storici degli MBS di agenzia.