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Volatilità senza precedenti, ma nessuna vera chiarezza
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Global Fixed Income Bulletin
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maggio 15, 2025
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maggio 15, 2025
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Volatilità senza precedenti, ma nessuna vera chiarezza |
All’inizio del mese, le parole di T.S. Eliot, “Aprile è il mese più crudele”, sono parse paurosamente vere. L’annuncio di Trump riguardante l’imposizione di dazi inaspettatamente elevati (durante il “Liberation Day”) ha innescato una reazione a catena che ha provocato caos sui mercati azionari e obbligazionari e messo sotto pressione il dollaro statunitense. In effetti, lo shock sui mercati è stato paragonabile a quello prodotto dalle passate crisi finanziarie dei mercati emergenti e del G20, in quanto l’azionario ha accusato un ribasso, gli spread creditizi si sono ampliati, i rendimenti obbligazionari sono aumentati (compresi quelli dei titoli di Stato) e la moneta si è svalutata. Sono stati inoltre riscontrati parallelismi con le turbolenze registrate dal mercato britannico durante la Brexit e durante lo sfortunato tentativo dell’ex primo ministro Liz Truss, nel 2022, di rilanciare l’economia con un forte aumento del debito pubblico.
In risposta all’estrema volatilità del mercato, l’amministrazione Trump ha successivamente rinviato di 90 giorni l’implementazione dei dazi, annullandone (momentaneamente) alcuni, cioè quelli sulle auto e su altre importazioni di importanza critica. Tutto ciò ha contribuito ad arginare la crisi del mercato e ha rafforzato la convinzione che le reazioni dei mercati alle politiche commerciali statunitensi abbiano raggiunto il punto più basso. Degno di nota è il fatto che la velocità del recupero è stata elevata tanto quanto quella della flessione.
A fine mese, aprile è risultato sostanzialmente nella norma in termini di movimenti di mercato: i rendimenti dei Treasury statunitensi a 10 anni sono scesi di 4 punti base (pb), mentre quelli dei titoli di Stato non statunitensi hanno segnato un calo maggiore (il rendimento decennale tedesco è sceso di 29 pb, quello britannico di 23 pb, quello australiano di 22 pb e quello giapponese di 17 pb), fatta eccezione per Canada e Nuova Zelanda. Gli spread creditizi americani sono stati i grandi sconfitti: gli spread delle obbligazioni investment grade e high yield statunitensi hanno rispettivamente registrato un ampliamento di 12 pb e 37 pb. L’Europa non se l’è cavata molto meglio: gli spread dei titoli investment grade europei si sono ampliati di 14 pb e quelli dei titoli high yield di 25 pb. L’indice S&P 500 è sceso meno dell’1% e, cosa ancora più sorprendente, l’indice MSCI World ex-U.S. ha chiuso il mese a livelli vicini ai massimi storici. Simili risultati non lasciano trasparire la notevole volatilità osservata durante il mese. Tra il 2 e l’8 aprile, l’S&P 500 ha perso quasi l’11%; gli spread dei titoli high yield statunitensi si sono ampliati di 110 pb; i rendimenti dei Treasury decennali statunitensi sono saliti di 24 pb tra la fine di marzo e l’11 aprile; il dollaro USA ha perso quasi il 5% nello stesso periodo.
Prospettive per il mercato obbligazionario
Il 5 maggio, la maggior parte degli indici azionari e i rendimenti dei Treasury USA erano vicini ai livelli del 2 aprile. Il dollaro e gli spread creditizi rimangono tuttavia sensibilmente più deboli rispetto all’inizio di aprile e leggermente disallineati rispetto ai rendimenti dei Treasury USA e ai corsi azionari. Se questo divario si ridurrà o meno – sotto forma di un indebolimento dell’azionario o di un rafforzamento del credito – dipenderà probabilmente da tre fattori: la conclusione della questione dei dazi, la forza dell’economia statunitense e il tasso d’inflazione.
La ripresa dei mercati è stata determinata non solo dall’apparente marcia indietro dell’amministrazione statunitense sulle politiche doganali, ma anche dai recenti dati congiunturali, che si sono rivelati molto meno disastrosi rispetto ai peggiori scenari prospettati. Non c’è dubbio che dal 2 aprile le prospettive di crescita e inflazione siano peggiorate, ma per ora è difficile riscontrare tale sviluppo nei dati statunitensi o globali. I settori manifatturiero e dei servizi hanno continuato a registrare buone performance e, nonostante il clamore riguardante l’economia americana, nel primo trimestre il prodotto interno lordo (PIL) globale è sceso soltanto del -0,3%. Anche i dati di aprile sembrano finora relativamente poco inquietanti. Nondimeno, le aspettative circa la crescita futura continuano a peggiorare a livello globale. La fiducia dei consumatori statunitensi è precipitata e nella maggior parte degli altri paesi gli indicatori di fiducia delle imprese hanno perso quota. Questa divergenza tra condizioni attuali e aspettative finirà per essere colmata, ma è ancora tutto da vedere in che misura e quando ciò accadrà.
Alla luce di questo scenario, riteniamo che nel secondo semestre l’economia statunitense e quella globale siano destinate a rallentare in modo significativo. Ci vorrà del tempo prima che dazi a livelli ancora elevati abbiano ricadute sulla produzione, sul reddito e sui prezzi. La corsa alle importazioni verso gli Stati Uniti crea la falsa apparenza di uno scenario positivo per la produzione globale e allo stesso tempo fa presagire una possibile brusca frenata fuori degli Stati Uniti nel terzo e nel quarto trimestre. Il grande interrogativo è cosa accadrà quando i rincari colpiranno i consumatori statunitensi e la produzione accuserà un rallentamento della domanda e dell’attività dopo l’accumulo delle scorte. Per quanto i livelli occupazionali si siano mantenuti stabili in tutto il mondo nonostante lo shock prodotto dai dazi, non è chiaro se si mostreranno resilienti qualora il clima di fiducia dovesse mantenersi ai livelli attuali (o peggiorare ulteriormente) con il passare dei mesi.
La situazione è aggravata dalla probabile incapacità della politica monetaria e fiscale degli Stati Uniti di compensare questo shock imminente. Fuori degli Stati Uniti, la flessibilità delle politiche degli altri paesi offre maggiore libertà nella scelta delle azioni da intraprendere per bilanciare il probabile shock aggregato derivante da un calo della domanda di importazioni da parte degli Stati Uniti nel secondo semestre. È probabile che le politiche monetarie e fiscali vengano ammorbidite nel caso di un indebolimento della domanda, per attutire il colpo alle rispettive economie e potenzialmente colmare il divario di crescita rispetto agli Stati Uniti, rendendo così l’economia americana, e fors’anche i suoi mercati finanziari, meno “eccezionali”.
Viceversa, la capacità della Federal Reserve statunitense (Fed) di allentare le politiche monetarie verrà probabilmente limitata in modo significativo, sia per via delle ricadute inflazionistiche dovute all’aumento dei dazi sia perché, sulla scorta della negativa esperienza dello shock inflazionistico causato dalla pandemia, non mancheranno le aspettative di un rischio di inflazione intrinseca. Inoltre, è probabile che le implicazioni negative per la crescita richiedano tempo per concretizzarsi, per cui difficilmente si potrà assistere a un allentamento delle politiche prima dell’estate. Se tuttavia la crescita dovesse rallentare più rapidamente del previsto, è probabile che la Fed opti per un allentamento aggressivo nonostante gli elevati livelli di inflazione. Le politiche di bilancio degli Stati Uniti rimangono limitate dall’elevato deficit in essere e dalla difficoltà dei Repubblicani di far approvare una legge di riconciliazione del bilancio al Congresso. Al momento, qualunque stimolo fiscale netto sembra improbabile, quest’anno, e sarà considerato un successo se il Congresso riuscirà a mantenere gli sgravi fiscali previsti dal Tax Cuts and Jobs Act del 2017.
I rischi di recessione sono elevati ovunque, ma considerando la natura dello shock provocato dai dazi e i minori spazi di manovra disponibili nella regione per modificare le politiche, probabilmente lo sono di più in Nord America. La possibilità che l’economia statunitense e/o globale entrino in recessione (e quanto profondamente) dipenderà da (i) il livello dei dazi, (ii) la possibilità che l’incipiente debolezza dell’economia o dei listini spinga l’amministrazione Trump a invertire la rotta e (iii) la fiducia delle famiglie e delle imprese nella propria capacità di assorbire lo shock senza ridurre drasticamente la spesa. Poiché la situazione finanziaria del settore privato statunitense è ancora buona, al momento ci attendiamo solo una recessione contenuta, con una crescita annuale che rimarrà nel segno positivo, ma inferiore al 2%.
Ciò significa che i rendimenti obbligazionari statunitensi sono bloccati sui livelli attuali ed è improbabile che si allontanino dagli intervalli recenti, salvo sviluppi sorprendentemente positivi o negativi sul fronte degli scambi commerciali. La curva dei rendimenti dei Treasury statunitensi manterrà probabilmente la sua tendenza all’irripidimento a fronte di premi al rischio più elevati sugli attivi statunitensi e della natura stagflazionistica dell’attuale contesto economico. È probabile che gli spread creditizi si mantengano negli intervalli determinati dai movimenti di aprile. Dubitiamo che gli spread tornino ai livelli di inizio 2025 o fine 2024 o che superino i massimi causati dall’ondata di panico delle prime due settimane di aprile. I rendimenti appaiono ragionevolmente interessanti rispetto al passato, ma forse non così elevati se si considerano le forti incertezze che aleggiano sui prossimi mesi. Per il momento, riteniamo che la scelta migliore sia quella di mantenere il rischio di tasso d’interesse a livelli neutrali e di intervenire in chiave opportunistica nel caso di forti oscillazioni. Nonostante sia plausibile attendersi continue pressioni per la situazione causata dai dazi, i fondamentali del credito rimangono ragionevolmente solidi. Inoltre, il comportamento delle imprese tende a diventare più conservativo durante periodi caratterizzati da incertezza e questo tende ad avvantaggiare i creditori. Ciò lascia presagire che gli spread potrebbero faticare a raggiungere i massimi osservati nei precedenti periodi di recessione. A un certo punto, facendo le dovute differenziazioni tra i vari settori e a fronte di spread più ampi, ci aspettiamo che le obbligazioni societarie diventino un investimento più interessante. Abbiamo una lieve predilezione per i titoli investment grade in euro, data la maggiore flessibilità della politica monetaria e fiscale dell’Unione europea nel rispondere allo shock doganale. Il mercato high yield è più vulnerabile, ma gli spread non dovrebbero raggiungere livelli recessivi. Inoltre, c’è sempre la possibilità che, come ritiene la gran parte degli investitori, i dazi attualmente proposti vengano negoziati al ribasso nei prossimi mesi.
Anche il credito cartolarizzato e i titoli garantiti da ipoteche (MBS) statunitensi di agenzia hanno risentito dei rischi legati ai dazi e dell’aumento della volatilità del mercato. Detto ciò, questo settore rimane il nostro sovrappeso preferito. Nel 2025 gli MBS di agenzia sono stati uno dei settori che hanno realizzato le migliori performance, mentre il credito cartolarizzato si è difeso bene. Nei prossimi mesi i rendimenti saranno probabilmente determinati dal carry e non dalle plusvalenze. Un eventuale restringimento degli spread difficilmente si verificherà prima che vengano alleviati i rischi legati ai dazi e/o che la Fed operi un taglio dei tassi di interesse (un’eventualità da non escludere nel secondo semestre). Riteniamo che le opportunità più interessanti siano ancora da ricercare nel segmento dei mutui residenziali, dove siamo più propensi a puntare sull’intero spettro del comparto creditizio. I titoli garantiti da collaterale (ABS) del settore dei consumi e i titoli dell’immobiliare commerciale continuano a risentire negativamente degli attuali livelli finanziari. Continuiamo a ritenere che gli MBS di agenzia siano più interessanti del credito societario investment grade.
Anche le prospettive per il dollaro statunitense sono peggiorate rispetto all’inizio di aprile. Le politiche doganali dell’amministrazione Trump stanno minando l’eccezionalità dell’economia statunitense. Il mancato calo dei rendimenti dei Treasury statunitensi nei primi giorni successivi all’annuncio dei dazi nel Liberation Day evidenzia l’aumento dei premi al rischio legati agli attivi statunitensi, diminuendone l’attrattività. È di cattivo auspicio anche il fatto che gran parte del mondo sia probabilmente sovraesposto agli attivi denominati in dollari, considerato l’ampio deficit degli Stati Uniti (che deve essere finanziato) e la possibilità che gli investitori non statunitensi decidano di diversificare, abbandonando l’economia americana. La concomitanza di un doppio deficit molto alto, di valutazioni elevate e di un calo di fiducia nell’economia e nelle politiche degli Stati Uniti rende probabile un ulteriore declino del dollaro nel corso del 2025. Oltre a ciò, i recenti rialzi delle valute asiatiche lasciano supporre che il futuro potrebbe riservare un’intesa molto conveniente tra i paesi di minori dimensioni di quel continente, votati principalmente all’esportazione, e gli Stati Uniti i quali, consentendo o incoraggiando una svalutazione anche eccessiva delle valute locali, si mostrerebbero poi indulgenti sul fronte dei dazi. Questa situazione deve essere monitorata in quanto potrebbe risultare pertinente anche alla Cina. Nelle ultime settimane, però, il dollaro si è indebolito molto velocemente ed è probabile che nel breve termine si verifichi una fase di consolidamento. Restiamo comunque attenti alle opportunità di vendere dollari rispetto ad altre valute nelle settimane e nei mesi a venire.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati sviluppati
Rassegna mensile
Aprile si è rivelato un mese particolarmente volatile per i mercati globali, soprattutto in conseguenza dell’aggressiva politica commerciale annunciata dall’amministrazione Trump. Dal picco di metà febbraio, l’azionario globale ha perso oltre il 16%, i rendimenti dei Treasury statunitensi a 10 anni sono scesi di 60 pb e gli spread del credito investment grade si sono ampliati di 40 pb. A fine mese, tuttavia, una moderazione dei toni sul fronte dei dazi ha consentito agli attivi rischiosi di recuperare ampiamente il terreno perduto, mentre le obbligazioni governative, favorite dall’aspettativa di un ulteriore riduzione dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, hanno mantenuto i guadagni ottenuti in precedenza. La volatilità dei mercati è stata amplificata dalla chiusura di operazioni con leva molto diffuse, ad esempio gli swap spread statunitensi e quelle basate su Treasury-futures. Nel corso del mese i tassi di interesse globali sono complessivamente scesi, guidati dai Bund tedeschi che hanno invertito la tendenza al ribasso esibita a marzo in seguito all’annuncio tedesco di una politica di bilancio espansiva.
Ai primi di aprile, l’amministrazione statunitense ha deliberato dazi più consistenti del previsto nei confronti dei principali partner commerciali, tra cui Cina, Unione europea e Giappone. Pur essendo state inizialmente classificate come “reciproche”, le aliquote doganali sono sembrate determinate dal surplus commerciale bilaterale dei Paesi in questione con gli Stati Uniti, anziché dalle aliquote esistenti sui prodotti statunitensi. Di fronte alle difficoltà manifestate dai mercati finanziari, gli Stati Uniti hanno ammorbidito la loro posizione riducendo l’aliquota al 10% per tutti i partner, ad eccezione della Cina, e ritardandone l’attuazione di 90 giorni. Pechino ha quindi reagito imponendo dazi sulle merci statunitensi, provocando un’ulteriore escalation e suscitando timori per le potenziali ricadute sulle due maggiori economie mondiali. L’aliquota doganale statunitense sulla Cina è ora del 145% per la maggior parte delle merci, mentre quella cinese nei confronti degli Stati Uniti è del 125%. I dati economici statunitensi, in particolare quelli provenienti dalle indagini, hanno evidenziato, da un lato, rischi al ribasso per la crescita economica e forza dei consumi, e rischi al rialzo, dall’altro, per l’inflazione e le aspettative sul costo della vita. I dati sul PIL del 1° trimestre degli Stati Uniti hanno evidenziato un significativo accumulo di scorte da parte degli importatori statunitensi in vista dell’entrata in vigore dei dazi.
Nell’Area Euro, i mercati hanno scontato un maggiore allentamento da parte della Banca centrale europea (BCE) in risposta all’annuncio dei dazi statunitensi per i probabili effetti negativi di questi ultimi sulla crescita e, verosimilmente, anche in termini di disinflazione. Anche l’apprezzamento dell’euro e il minor costo delle materie prime rischiano di far calare l’inflazione. Nonostante la leggera e inaspettata accelerazione dell’inflazione ad aprile, la curva dei rendimenti tedesca ha continuato a irripidirsi: le obbligazioni a più breve scadenza hanno infatti beneficiato in misura più consistente del fatto che il mercato abbia scontato un maggior numero di tagli dei tassi da parte della BCE. A fine aprile, i mercati sono arrivati a scontare tagli per 67 pb di qui a fine anno e un tasso terminale della BCE dell’1,5% circa.
Nei mercati valutari, ad aprile si è assistito a una rapida e generalizzata svalutazione del dollaro statunitense, anche se sul finire del mese il ribasso si è stabilizzato. Le valute rifugio, come il franco svizzero e lo yen giapponese, sono quelle che ne hanno tratto i maggiori vantaggi, ma anche le valute dei mercati emergenti hanno guadagnato rispetto al biglietto verde. Nel mese, l’indice del dollaro di Bloomberg è sceso del 4,0% anche se a un certo punto il calo ha toccato il 4,6%. I mercati hanno temuto che gli investitori internazionali riducessero il loro sovrappeso di lunga data negli attivi statunitensi – ivi compresi i Treasury – e/o aumentassero le coperture valutarie sugli investimenti.
Prospettive
Nei mercati sviluppati (MS) manteniamo un sovrappeso di duration, considerando il peggioramento delle prospettive di crescita. Manteniamo anche un’esposizione all’irripidimento della curva nei Treasury statunitensi e nei Bund. Considerato l’aumento dei rischi di ribasso dell’attività economica negli Stati Uniti e a livello globale, riteniamo che le obbligazioni a breve scadenza possano essere più interessanti se le banche centrali dovessero operare tagli più aggressivi, contribuendo così a un irripidimento della curva. A livello di mercati, manteniamo un sovrappeso di duration negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Nuova Zelanda rispetto ad Australia e Giappone. In Giappone, manteniamo un posizionamento lungo nei titoli indicizzati all’inflazione, ma abbiamo ridimensionato il nostro sottopeso di duration visto il peggioramento delle prospettive di crescita globale. Confermiamo il giudizio positivo sullo yen giapponese rispetto al renminbi cinese.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati emergenti
Rassegna mensile
Dopo un mese trascorso all’insegna della volatilità sui mercati globali, il debito dei mercati emergenti (EMD) ha evidenziato performance contrastanti. I mercati locali hanno esibito una performance positiva, sostenuti dall’indebolimento del dollaro statunitense. Nel mese gli spread del credito sovrano e societario in valuta forte si sono ampliati, come per la maggior parte dei mercati del credito durante la fase di maggiore prevalenza della volatilità. Nel periodo sono aumentati anche i rendimenti dei Treasury statunitensi, contribuendo a frenare i rendimenti. I dazi annunciati da Trump il 2 aprile sono stati drastici e di ampia portata e la sospensione di 90 giorni annunciata successivamente ha provocato un contraccolpo sui mercati. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale hanno tenuto la loro riunione semestrale a Washington, ma prima degli incontri la crescita globale è stata rivista abbondantemente al ribasso rispetto alle previsioni formulate dal FMI nel gennaio 2025. I progressi verso una pace tra Russia e Ucraina sono proseguiti, con la firma di un accordo tra Ucraina e Stati Uniti per la fornitura di terre rare. L’aumento delle incertezze ha incrementato l’avversione al rischio degli investitori e gli afflussi sono stati negativi sia per i fondi in valuta forte che per quelli in valuta locale. I fondi in valuta forte, in particolare, hanno registrato i maggiori deflussi mensili dall’autunno del 2022.1
Prospettive
Il posizionamento dei mercati emergenti rimane interessante. È probabile che la politica estera degli Stati Uniti mantenga il dollaro più debole e che i differenziali di rendimento reali diventino interessanti, in particolare se dovessero iniziare a manifestarsi rallentamenti nella crescita globale, a tutto vantaggio degli attivi in valuta locale. Durante la fase volatile di aprile abbiamo assistito a un allargamento degli spread sia nel credito sovrano che in quello societario in valuta forte, al pari di quanto avvenuto in altri mercati del credito, e questo ha creato un interessante punto d’ingresso. I timori derivanti dalla politica estera e dai dazi statunitensi mantengono alto il livello di incertezza. Concentrarsi sui fondamentali e sugli sviluppi positivi dei singoli paesi sul versante delle politiche rimarrà fondamentale per orientarsi nel variegato panorama dei mercati emergenti.
Credito societario
Rassegna mensile
Ad aprile, la volatilità ha subito un’impennata e l’incertezza è aumentata, poiché i dazi reciproci annunciati dal governo statunitense sono risultati più alti del previsto, inducendo il mercato a prendere in considerazione maggiori probabilità di recessione. Gli attivi rischiosi si sono mossi al ribasso, con gli spread investment grade europei che hanno chiuso il mese in aumento di 14 pb. Durante il Liberation Day, l’amministrazione Trump ha annunciato un’aliquota doganale globale di base del 10%, con aliquote più elevate per determinati paesi in base al disavanzo commerciale sullo scambio di merci. Una settimana più tardi Trump ha annunciato una sospensione di 90 giorni su ulteriori dazi, escludendo la Cina, che si è trovata a subire un aumento delle aliquote al 125%. La BCE ha deciso un altro taglio di 25 pb, sottolineando l’aumento dei rischi per la crescita. Negli Stati Uniti, Beth Hammack, presidente e CEO della Fed di Cleveland, ha dichiarato che a giugno, quando i dati saranno più chiari, la Fed potrebbe prendere delle decisioni. Gli indici PMI dell’Area Euro hanno evidenziato un rallentamento della crescita, mentre i dati delle indagini statunitensi hanno evidenziato la presenza di timori di stagflazione. Il dato preliminare sull’inflazione di marzo in Europa è risultato in linea con le aspettative, mentre i dati sull’IPC degli Stati Uniti sono stati inferiori alle attese. Gli utili societari sono stati disomogenei, evidenziando una notevole debolezza nei settori dell’auto, della chimica e dei beni di lusso. I settori difensivi come le telecomunicazioni, le utility e i prodotti di consumo sono andati meglio. Alcune società hanno ritirato le stime per l’anno, adducendo come motivazione l’incertezza delle politiche commerciali e delle prospettive economiche. Le banche hanno archiviato un’altra stagione di utili senza particolari sorprese, ma molto positiva. I fattori tecnici hanno evidenziato un indebolimento, con deflussi netti dai fondi investment grade ed emissioni primarie lorde in linea con le aspettative migliori.
In aprile i mercati high yield statunitensi e globali hanno mostrato un’eccezionale volatilità. Dopo l’annuncio delle nuove politiche doganali statunitensi nel “Liberation Day”, lo spread-to-worst medio del mercato high yield statunitense ha fatto un balzo di circa 100 pb nei successivi quattro giorni di trading, per poi raggiungere un picco di circa 475 pb a metà mese, quando gli investitori hanno spostato il capitale verso attivi di qualità superiore sulla scia dei crescenti timori di recessione. I fondi retail high yield statunitensi hanno toccato il record dei prelievi settimanali nella seconda settimana del mese, mentre il mercato primario è rimasto praticamente chiuso fino a fine aprile. In ultima analisi, il mercato high yield si è mosso con ordine e la determinazione dei prezzi è stata efficiente, gli spread bid-ask si sono ampliati, ma sono rimasti relativamente contenuti, mentre il capitale istituzionale è stato messo a disposizione degli acquirenti interessati a livelli adeguati e più bassi. In un contesto di costante incertezza e continua volatilità nei mercati del rischio, il mercato high yield ha lentamente recuperato terreno e, alla fine, il reddito generato ad aprile ha quasi perfettamente compensato quella che, a fine mese, si è rivelata essere solo una modesta flessione mensile dei listini obbligazionari.2
In un mese di aprile segnato dalla volatilità le obbligazioni convertibili globali hanno generato rendimenti totali positivi per effetto delle nuove politiche doganali annunciate dagli Stati Uniti. In termini di performance geografica, gli emittenti statunitensi ed europei hanno generato rendimenti positivi, mentre quelli cinesi hanno accumulato un ritardo, penalizzati dal timore di un’imminente guerra commerciale tra Washington e Pechino. In ultima analisi, nel mese di aprile le obbligazioni convertibili globali hanno sottoperformato le obbligazioni globali e lievemente sottoperformato l’azionario globale con copertura in USD. Nel mese la nuova offerta è stata limitata per via della volatilità dei mercati e del blackout sugli utili societari. Nel corso del mese sono stati collocati solo USD 2,3 miliardi nell’ambito di cinque operazioni, che hanno fatto di aprile il mese più debole da fine 2022. Da inizio anno l’offerta di questa classe di attivo si è attestata a USD 25,6 miliardi, in leggero calo rispetto ai USD 29 miliardi emessi nello stesso periodo del 2025.3
Prospettive
Guardando al futuro, il nostro scenario di base sul credito resta ottimista, sostenuto dalle aspettative di una crescita contenuta (che però non comporterà un aumento significativo del rischio di declassamento o insolvenza), da una politica fiscale che continua a favorire crescita/occupazione/consumi e da fondamentali aziendali solidi, basati su strategie societarie a basso rischio. Guardando agli spread creditizi, siamo dell’avviso che, nonostante le incertezze, le valutazioni di mercato siano corrette alla luce del quadro fondamentale e tecnico. Riteniamo che il principale fattore di rendimento sia il carry e che ulteriori guadagni possano venire dalla selezione settoriale e, in misura crescente, da quella dei titoli. Stiamo probabilmente entrando in un periodo caratterizzato dalle negoziazioni sui dazi e da una minore volatilità del mercato (rispetto ad aprile). Sebbene i rischi di eventi estremi siano diminuiti dopo la sospensione di 90 giorni (che nel breve periodo ha avuto effetti positivi), le incertezze rimangono elevate e i rischi di recessione/stagflazione sono aumentati. L’incerto quadro dei fondamentali a medio termine (incertezza delle politiche adottate dagli Stati Uniti e da Trump, tensioni politiche, prospettive di crescita non chiare, inflazione superiore all’obiettivo negli Stati Uniti e aumento del flusso di notizie idiosincratiche) ci induce a non confidare in un sostanziale inasprimento degli spread.
Con l’inizio di maggio continuiamo a essere cauti nei confronti del mercato high yield. Bisogna tenere conto di vari fattori, tra cui l’evoluzione dinamica e incerta delle politiche commerciali, fiscali e migratorie, le aspettative di un’inflazione più vischiosa, il rallentamento della crescita economica con maggiori probabilità di recessione e l’elevata volatilità. Ad aprile, i rendimenti sono diventati più interessanti rispetto al passato e lo spread medio del mercato high yield è salito a 417 punti base, avvicinandosi alla mediana storica. Dal nostro punto di vista, le valutazioni restano suscettibili di ulteriori ampliamenti. Siamo giunti a questa conclusione dopo un’analisi approfondita di fattori quali gli effetti delle politiche commerciali, l’evoluzione delle politiche monetarie delle banche centrali mondiali, la crescita economica statunitense e globale, la salute dei consumi, i fondamentali degli emittenti high yield, le condizioni tecniche e le valutazioni. In definitiva, riteniamo che la cautela sia giustificata e ci aspettiamo che i prezzi arrivino a scontare queste condizioni in maniera più completa, in particolare nei segmenti dei titoli con leva, più problematici e caratterizzati da rating più bassi.
Affrontiamo il mese di maggio nutrendo ottimismo per il mercato globale delle obbligazioni convertibili. Ad aprile, nonostante la volatilità del mercato, le obbligazioni convertibili hanno mostrato una buona tenuta e ci aspettiamo che continuino a farlo, considerato il loro profilo di rendimento asimmetrico e, in particolare, la loro capacità di fissare un limite minimo per l’obbligazionario. Inoltre, riteniamo che, nonostante ad aprile le emissioni siano state limitate, le emissioni primarie registreranno una ripresa. Le imprese dovranno continuare a bilanciare il fabbisogno di finanziamenti con tassi d’interesse relativamente elevati e con l’evoluzione delle politiche monetarie messe in atto dalle banche centrali globali.
Prodotti cartolarizzati
Rassegna mensile
Ad aprile, gli spread degli MBS a cedola corrente hanno continuato ad allargarsi, in linea con gli altri mercati del credito. Nel mese, gli spread si sono ampliati di 15 punti base, a +159 pb sui Treasury statunitensi di pari duration. Gli spread degli MBS di agenzia rimangono ampi, sia rispetto ad altri settori obbligazionari core che in ottica storica. Ad aprile, le posizioni in MBS della Fed si sono ridotte di USD 16 miliardi, scendendo a USD 2.165 miliardi, e sono ora USD 530 miliardi più basse rispetto al picco del 2022. Nello stesso periodo, le posizioni delle banche statunitensi sono rimaste invariate a USD 2.667 miliardi. Tuttavia, l’esposizione totale del settore bancario agli MBS è tuttora inferiore di circa USD 335 miliardi rispetto all’inizio del 2022 Gli spread del credito cartolarizzato si sono ampliati in modo più significativo per effetto della maggiore volatilità e dei timori sul credito emersi nel mese di aprile. Dopo un primo trimestre molto intenso, ad aprile le emissioni hanno subito un sostanziale rallentamento, dovuto alla decisione di molti emittenti di ritirare o posticipare le operazioni programmate. Questa offerta limitata è stata agevolmente assorbita e le operazioni hanno generalmente registrato un buon livello di sottoscrizione, anche se agli attuali, e più ampi, livelli di spread.
Prospettive
Ci attendiamo un restringimento degli spread degli MBS di agenzia statunitensi, prevedendo un aumento degli afflussi da parte delle banche e degli investitori orientati al valore relativo, attratti dall’interessante profilo di rendimento di questo segmento rispetto ad altri settori dell’obbligazionario core e da strumenti equivalenti alla liquidità. Dubitiamo però che un simile restringimento degli spread possa verificarsi prima che la Fed riduca i tassi d’interesse nel secondo semestre. Ci aspettiamo che gli spread del credito cartolarizzato rimangano più ampi finché non saranno diventate più chiare le ricadute economiche delle politiche doganali. Da inizio anno gli MBS di agenzia sono stati uno dei segmenti con le migliori performance, e anche il credito cartolarizzato si è difeso bene. Poiché maggio si apre all’insegna di rendimenti interessanti, riteniamo che nei prossimi mesi i rendimenti deriveranno principalmente dal carry dei cash flow. Restiamo del parere che i livelli dei tassi attuali rappresentino un problema per molti debitori e che continueranno a erodere i bilanci delle famiglie, mettendo sotto pressione alcuni ABS dei beni di consumo, in particolare quelli che riguardano debitori con redditi bassi. Anche il settore immobiliare commerciale continua a risentire dei tassi di finanziamento attuali. I titoli garantiti da ipoteche residenziali (RMBS) rimangono il nostro segmento preferito e sono l’unico in cui ci sentiamo a nostro agio a scendere lungo lo spettro del credito, mentre siamo più cauti nei confronti degli ABS e dei CMBS con rating più basso. Rimaniamo ottimisti sulle valutazioni degli MBS di agenzia, che restano interessanti rispetto agli spread delle società investment grade e ai loro spread storici.