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Global Equity Observer
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ottobre 25, 2021
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I multipli di mercato si mantengono elevati. Malgrado il lieve arretramento di settembre, l’indice MSCI World scambia ancora a 18,7 volte gli utili prospettici a 12 mesi, un premio del 26% rispetto al multiplo medio degli ultimi 20 anni.1 A sorprendere è la resilienza di questo multiplo, se si considera che gli utili si sono ripresi dai minimi di giugno 2020 perdendo solo l’8% negli ultimi 15 mesi, mentre gli utili prospettici del mercato hanno guadagnato il 48%.2 Ciò ha portato il mercato a raggiungere un multiplo mai osservato tra il 2002 e il 2020. C’è chi spiega un simile premio agli utili argomentando che sia da ricondurre agli strumenti privi di rischio e all’assenza di alternative ragionevoli alle azioni. Tuttavia, guardando il premio attuale sui ricavi, la situazione si presenta di gran lunga più estrema: l’MSCI World scambia a 2,2x le vendite prospettiche a 12 mesi, vale a dire il 66% in più rispetto alla media ventennale.3 Questa valutazione estrema rispetto alle vendite è la conseguenza di un netto miglioramento della redditività e pone un rischio per il mercato. Qualora si registrassero flessioni della redditività, a risentirne non sarebbero solo gli utili, ma probabilmente anche i multipli, e i mercati si troverebbero ad accusare un doppio colpo.
“L'indice MSCI World scambia a 2,2x le vendite prospettiche a 12 mesi, vale a dire il 66% in più rispetto alla media ventennale”
Gli utili societari sono stati favoriti sia dalla riduzione delle imposte sulle imprese sia dal calo dei tassi d’interesse. In molti paesi, le aliquote delle imposte sulle imprese sono scese drasticamente nell’ultimo decennio (circa cinque punti percentuali o più in Francia, Italia, Giappone, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito).4 Una circostanza così favorevole difficilmente si ripeterà e potrebbe benissimo trasformarsi in un ostacolo. Il Regno Unito, ad esempio, ha annunciato un incremento di sei punti percentuali arrivando al 25% a partire dal 2023, mentre negli Stati Uniti è in corso un dibattito per aumentare l’aliquota unica dell’imposta sulle imprese e, più in generale, diversi paesi stanno insistendo sull’adozione di un’aliquota d’imposta minima globale. In futuro, anche i costi per il pagamento degli interessi rappresenteranno un rischio, considerato che i tassi sono ai minimi da più di 5 anni.5 Ovviamente è sempre possibile che le società investment grade saranno comunque in grado di prendere a prestito denaro praticamente a costo zero e che il credito “spazzatura” (chiamarlo “ad alto rendimento” è palesemente fuorviante) possano offrire interessi inferiori al 3% in Europa e del 4,5% negli Stati Uniti,6 ma qualunque normalizzazione dei tassi d’interesse inciderà negativamente sulla redditività.
Anche escludendo l’impulso eccezionale generato dall’attuale presenza di imposte ridotte e bassi tassi di interesse, la redditività sottostante rimane elevata, come si evince osservando il margine operativo netto (utili al lordo di interessi e imposte). I livelli previsti del margine operativo netto prospettico a 12 mesi si attestano al di sopra del 16%, vale a dire ben oltre la media ventennale del 13% e persino oltre il picco del 14% del 2006, cioè prima della crisi finanziaria globale.7 A onor del vero, ritenere che i margini possano mantenersi a questi massimi o addirittura salire è una manifestazione di ottimismo non del tutto ingiustificata. In presenza di una ripresa reflazionistica sostenuta, la crescita vigorosa dei fatturati potrebbe determinare un ulteriore aumento della leva operativa. Inoltre, le stime sugli utili sono indicatori tendenzialmente “a scoppio ritardato” (sia quando salgono che quando scendono) e ciò implica che in aggiunta al +48% da giugno 2020 potremmo assistere a ulteriori revisioni al rialzo.8
“I livelli previsti del margine operativo netto prospettico a 12 mesi si attestano ben oltre la media ventennale e persino oltre il picco precedente alla crisi finanziaria globale”
Su questo giudizio ottimistico pesa il rischio di forti pressioni sui costi nel corso del prossimo decennio. Le turbolenze attuali, riconducibili al Covid, dovrebbero attenuarsi, ma al loro posto potrebbero emergere problemi strutturali reali:
Il potere di determinazione dei prezzi è essenziale per scaricare sui consumatori questi probabili costi potenziali e proteggere i margini. Ma anche in questo caso il quadro non è dei più rosei, considerato l’orientamento meno indulgente dei governi e delle autorità di regolamentazione nei confronti delle aziende su questioni di antitrust e libera concorrenza. Le difficoltà di approvvigionamento che, a causa del Covid, attualmente affliggono il mondo, conferiscono una notevole capacità di determinazione dei prezzi. È una situazione particolarmente estrema nel Regno Unito dove, come può confermare chi scrive, c’è chi è disposto a pagare qualunque prezzo per un pieno di benzina. Un fenomeno di portata più globale è rappresentato dai bambini che implorano i genitori di pagare qualunque prezzo per una preziosa Xbox o PS5… L’offerta è talmente scarsa che pur di avere una console i ragazzini sono disposti ad accettare di tutto! Le filiere di approvvigionamento mondiali vanno normalizzandosi, ma i rincari che accompagnano l’uscita da una crisi faranno emergere chi davvero possiede la capacità di fissare i prezzi. Le vicende che di recente hanno interessato il ferro dimostrano quanto diventeranno vulnerabili i prezzi delle materie prime una volta che le carenze si risolveranno.
“Le difficoltà di approvvigionamento che, a causa del Covid, attualmente affliggono il mondo, conferiscono una notevole capacità di determinazione dei prezzi”
In quest’ultimo anno non è stato facile detenere attivi di alta qualità. La sorprendente velocità della ripresa economica post-Covid, favorita dagli enormi interventi governativi e dal miracolo del vaccino, ha dato una spinta agli utili delle società di minor qualità, che hanno conseguentemente sovraperformato. Secondo gli ottimisti ci attende un periodo di forte crescita economica – grazie alle generose politiche fiscali perseguite dalle autorità – che consentirà una prosecuzione dell’attuale fase positiva degli utili. Il nostro timore è che pur ammettendo un contesto macro positivo, cosa tutt’altro che scontata, le pressioni sui costi renderebbero difficile per il mercato realizzare i margini elevati previsti in assenza di un potere di determinazione dei prezzi, un aspetto essenziale nella nostra selezione dei titoli, nonché uno dei principali fattori di capitalizzazione dei nostri portafogli negli ultimi venticinque anni.
Considerazioni sui rischi
Non vi è alcuna garanzia che l’obiettivo d’investimento del portafoglio sarà raggiunto. I portafogli sono esposti al rischio di mercato, ovvero la possibilità che il valore di mercato dei titoli detenuti dal portafoglio diminuisca. I valori di mercato possono cambiare quotidianamente a causa di eventi economici e di altro tipo (ad es. catastrofi naturali, crisi sanitarie, terrorismo, conflitti e disordini sociali) che influenzano i mercati, i Paesi, le aziende o i governi. È difficile prevedere le tempistiche, la durata e i potenziali effetti negativi (ad esempio la liquidità del portafoglio) degli eventi. Di conseguenza, l’investimento in questa strategia può comportare una perdita per l’investitore. Inoltre, la strategia può essere esposta ad alcuni rischi aggiuntivi. I mutamenti che investono l’economia mondiale, la spesa al consumo, la concorrenza, i fattori demografici, le preferenze dei consumatori, le norme varate dai governi e le condizioni economiche possono influire negativamente sulle società che operano su scala globale e produrre sulla strategia un impatto negativo maggiore rispetto a quello che si sarebbe avuto se il patrimonio fosse stato investito in un più ampio ventaglio di società. Le valutazioni dei titoli azionari tendono in genere a oscillare anche in risposta a eventi specifici in seno a una determinata società. Gli investimenti nei mercati esteri comportano rischi specifici, quali rischi di cambio, politici, economici e di mercato. I titoli delle società a bassa e media capitalizzazione comportano rischi particolari, come l’esiguità delle linee di prodotto, rischi relativamente alle risorse finanziarie e di mercato e possono registrare una maggiore volatilità rispetto a quelli di società più consolidate di dimensioni maggiori. I rischi associati agli investimenti nei mercati emergenti sono maggiori di quelli associati agli investimenti nei mercati sviluppati esteri. Gli strumenti derivati possono amplificare le perdite in maniera sproporzionata e incidere significativamente sulla performance. Inoltre possono essere soggetti a rischi di controparte, di liquidità, di valutazione, di correlazione e di mercato. I titoli illiquidi possono essere più difficili da vendere e valutare rispetto a quelli quotati in borsa (rischio di liquidità). I portafogli non diversificati spesso investono in un numero più ristretto di emittenti. Pertanto, le variazioni della situazione finanziaria o del valore di mercato di un singolo emittente possono causare una maggiore volatilità. Le strategie ESG che incorporano investimenti a impatto e/o fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) potrebbero generare una performance relativa che si discosta da quella di altre strategie o benchmark generali a seconda del gradimento del mercato verso tali settori o investimenti. Di conseguenza, non vi è alcuna garanzia che le strategie ESG possano realizzare una migliore performance degli investimenti.
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Managing Director
International Equity Team
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Giappone: Il presente documento è destinato ai soli investitori professionali e viene diffuso o distribuito unicamente a scopi informativi. Per i destinatari che non siano investitori professionali, il presente documento viene fornito in relazione alle attività di Morgan Stanley Investment Management (Japan) Co., Ltd. (“MSIMJ”) concernenti i mandati di gestione discrezionale degli investimenti (“IMA”) e i mandati di consulenza di investimento (“IAA”) e non costituisce una raccomandazione o sollecitazione di transazioni od offerte relative a uno strumento finanziario specifico. In base ai mandati discrezionali di gestione degli investimenti, il cliente stabilisce le politiche di gestione di base in anticipo e incarica MSIMJ di prendere tutte le decisioni di investimento sulla base di un’analisi del valore e di altri fattori inerenti ai titoli e MSIMJ accetta tale incarico. Il cliente delega a MSIMJ i poteri necessari per effettuare gli investimenti. MSIMJ esercita tali poteri delegati sulla base delle decisioni d’investimento prese da MSIMJ e il cliente non impartisce istruzioni individuali. Tutti gli utili e le perdite degli investimenti spettano ai clienti; il capitale iniziale non è garantito. Si raccomanda di valutare gli obiettivi d’investimento e le tipologie di rischio prima di effettuare un investimento. La commissione applicabile ai mandati di gestione discrezionali o di consulenza d’investimento si basa sul valore degli attivi in questione moltiplicato per una determinata aliquota (il limite massimo è il 2,20% annuo inclusivo d’imposta), calcolata proporzionalmente alla durata del periodo contrattuale. Alcune strategie sono soggette a una commissione condizionata (contingency fee) in aggiunta a quella sopra menzionata. Potrebbero essere applicati altri oneri indiretti, come ad esempio le commissioni di intermediazione per l’acquisto di titoli inglobati in altri strumenti. Poiché questi oneri e spese variano a seconda delle condizioni contrattuali e di altri fattori, MSIMJ non è in grado di illustrare in anticipo aliquote, limiti massimi, ecc. Si raccomanda a tutti i clienti di leggere attentamente la documentazione fornita in vista della stipula del contratto prima di sottoscriverne uno. Il presente documento è distribuito in Giappone da MSIMJ, n. registrazione 410 (Director of Kanto Local Finance Bureau (Financial Instruments Firms)), membro di: Japan Securities Dealers Association, The Investment Trusts Association, Giappone, Japan Investment Advisers Association e Type II Financial Instruments Firms Association.