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Le preoccupazioni riguardanti gli sviluppi della politica monetaria sono eccessive?
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Global Fixed Income Bulletin
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novembre 15, 2021
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novembre 15, 2021
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Le preoccupazioni riguardanti gli sviluppi della politica monetaria sono eccessive? |
La domanda chiave per i mercati finanziari è: quanto sarà difficile per le banche centrali tenere a bada l’inflazione? L’inflazione ha costantemente sorpreso al rialzo, anche se non aumenta più in termini annui. Fino a poco tempo fa, le banche centrali dei mercati sviluppati sono rimaste calme e hanno ritenuto sostanzialmente transitorio lo shock, ricollegandolo alle strozzature lungo le filiere produttive e alla carenza di manodopera, nonché al passaggio di enormi quantità di domanda aggregata dai beni ai servizi. In maniera alquanto insolita, tali banche hanno esibito un orientamento accomodante, sono rimaste concentrate sui rischi al ribasso e hanno sperato che la situazione si risolvesse da sé prima che da transitoria la tendenza divenisse preoccupante.
Non più. A ottobre i mercati obbligazionari, ma stranamente non quelli azionari, hanno risentito della svolta restrittiva della politica e della retorica delle banche centrali, nonché dell'aggressiva rivalutazione delle aspettative sui tassi. La fase di passività delle banche centrali è finita ed è iniziato il ciclo di normalizzazione della politica monetaria. La prima a intervenire è stata la banca centrale norvegese, che ha alzato i tassi a settembre. La giustificazione è stata la decisione di eliminare un livello di accomodamento che non era più necessario. Due settimane dopo, agli inizi di ottobre, è stata la volta della banca centrale neozelandese, che ha alzato i tassi e ha adottato toni più restrittivi, per lasciare intendere che si trattava del primo di una serie potenzialmente lunga di rialzi dei tassi. Inizialmente la reazione dei mercati è stata contenuta, visto che si trattava di paesi di piccole dimensioni e quindi considerati di importanza secondaria. Ma il 27 ottobre la Bank of Canada ha concluso a sorpresa il programma di allentamento quantitativo (Quantitative Easing, QE), annunciando l'intenzione di alzare i tassi a metà 2022, quasi un anno prima del previsto. È poi arrivata la dichiarazione dell'intenzione della Bank of England di alzare i tassi a novembre. Inoltre, l'incapacità della banca centrale australiana di mantenere il controllo della curva dei rendimenti ha causato un innalzamento di 62 punti base (pb) dei rendimenti in soli tre giorni. E questo in un paese la cui banca centrale aveva categoricamente affermato che i tassi non avrebbero subito alcun rialzo fino al 2024! La situazione è stata acuita dalla tempistica della riunione della Fed in programma per la prima settimana di novembre, durante la quale si prevedeva che sarebbe stata confermata (come in effetti è stato) la conclusione dei programmi di allentamento quantitativo (QE) di emergenza; di conseguenza, i rendimenti statunitensi a breve scadenza sono schizzati verso l'alto.
Come interpretare tutto ciò? La normalizzazione è il nuovo mantra. È opinione ormai diffusa che non siano più necessari livelli di accomodamento emergenziali, soprattutto in vista di una crescita superiore al tendenziale nel 2021-2022 e un’inflazione che potrebbe rivelarsi non proprio transitoria. Ma normalizzare non significa inasprire. Significa eliminare l’accomodamento eccessivo e riportare le misure politiche all’interno di un assetto più neutrale. Per questo motivo sarebbe errato attendersi irrigidimenti aggressivi delle politiche monetarie da parte delle banche centrali nella maggior parte dei paesi, tra cui Regno Unito, Eurozona, Canada e soprattutto Stati Uniti, le quali adotteranno molto probabilmente un approccio più misurato nei loro interventi rispetto a quello attualmente previsto dal mercato. Nel caso dell’Australia, se diamo per buona la capacità della Reserve Bank di prevedere la propria politica monetaria, i tassi d’interesse sono su livelli decisamente eccessivi. Anche nei mercati emergenti i tassi stanno salendo e non si intravede la fine degli inasprimenti, visto il rialzo dell'inflazione in paesi come Polonia, Repubblica Ceca, Russia, Messico e Brasile. I mercati emergenti locali hanno infatti attraversato una fase molto difficile, caratterizzata da manovre monetarie restrittive ampie e serrate (e un’inflazione che non accenna ad attenuarsi).
Ci aspettiamo pertanto che le banche centrali dei mercati sviluppati procedano lentamente e con cautela, e per questo motivo consideriamo eccessive le preoccupazioni legate alle politiche monetarie. Tuttavia, questa situazione potrebbe creare volatilità nei mercati, a seconda di ciò che gli investitori si aspettano. Inizialmente i mercati hanno scontato l’inizio dei cicli di rialzo dei tassi in modo molto più aggressivo di quanto la maggior parte delle banche centrali ritenesse appropriato. Di fatto, i ribassi più eclatanti del segmento a breve delle curve dei rendimenti si stanno già correggendo da soli. Ci aspettiamo che la portata cumulativa della stretta rimarrà modesta poiché, di nuovo, la maggior parte delle banche centrali del mercato sviluppato non vuole politiche restrittive ma politiche semplicemente meno accomodanti. Tuttavia, qualora gli investitori (o le banche centrali) dovessero cambiare opinione in merito, ad esempio perché l’inflazione diventa più radicata e l’economia rimane resiliente, i rendimenti obbligazionari potrebbero aumentare considerevolmente. Nei mercati creditizi, i differenziali sono ancora sotto la media di lungo termine, nonostante la recente volatilità. Ciò sembra giustificato viste le buone prospettive economiche e il miglioramento dei bilanci societari e delle famiglie. Tuttavia, anche un lieve peggioramento delle condizioni creditizie potrebbe incidere sulle valutazioni. Naturalmente è sempre possibile che le banche centrali decidano di rimandare o annullare eventuali misure restrittive previste se i mercati dovessero indebolirsi eccessivamente, anche se i tempi della normalizzazione saranno dettati essenzialmente dalla situazione economica.
Per quanto riguarda il nostro giudizio sui mercati, abbiamo ridotto in generale i rischi di portafoglio a causa delle previsioni incerte. Manteniamo un posizionamento lungo sugli investimenti rischiosi (obbligazioni societarie, titoli cartolarizzati, mercati emergenti) a fronte delle prospettive economiche positive e della solidità dei fondamentali, malgrado i livelli storicamente bassi dei differenziali creditizi. Visto il probabile inasprimento delle politiche monetarie, ci aspettiamo che d’ora in poi i rendimenti dei titoli di Stato si muovano al rialzo, ma in modo lento e controllato.
Nota: performance in USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 31 ottobre 2021. Gli indici riportati hanno scopo puramente illustrativo e non intendono rappresentare la performance di un investimento specifico. I rendimenti passati non sono indicativi di risultati futuri. Per le definizioni degli indici si rimanda alla sezione successiva.
Nota: per variazione positiva si intende l’apprezzamento della valuta nei confronti dell’USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 31 ottobre 2021.
Fonte: Bloomberg, JPMorgan. Dati al 31 ottobre 2021.
Prospettive per il mercato obbligazionario
Ottobre è stato un mese straordinario in termini di volatilità dei mercati obbligazionari. Mentre i rendimenti a più lunga scadenza sono rimasti ben ancorati, i rendimenti a breve scadenza hanno registrato un’impennata a fronte della decisione delle banche centrali di ridurre l’accomodamento. Nel corso della prima metà del mese, i rendimenti a più lunga scadenza sono complessivamente aumentati per via dei timori inflazionistici.1 Quello che doveva essere un fenomeno transitorio si è rivelato non esattamente temporaneo, e anche se fosse passeggero, l’inflazione ha subito un'impennata tale che anche in caso di una netta contrazione rimarrebbe comunque troppo elevata per non creare problemi alle autorità monetarie alla fine del 2022. Inoltre, i dati economici hanno generalmente sottoperformato sul fronte dei mercati del lavoro, della produzione industriale e dei consumi. Benché i problemi alla radice di questa poco rassicurante situazione siano in gran parte imputabili ai ritardi nelle forniture, le banche centrali si trovano comunque in una posizione difficile, ed è questo che preoccupa gli investitori.
A partire da settembre le banche centrali di Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Canada e Australia hanno tutte fatto o detto cose che hanno innervosito i mercati obbligazionari. Con l’annuncio della conclusione del programma di QE da parte della Fed l’anno prossimo e l'attesa di una decisione analoga da parte della BCE a dicembre, i mercati hanno avuto ulteriori motivi di apprensione. Se le banche centrali inasprissero troppo velocemente le condizioni di liquidità globali, l’economia potrebbe risentirne e l’attuale rallentamento della crescita (principalmente dovuto ai problemi nelle filiere produttive) rischierebbe di accentuarsi. In questo caso gli asset rischiosi, come obbligazioni high yield e azioni, verrebbero penalizzati, mentre al contrario sarebbero avvantaggiate le obbligazioni prive di rischio a lunga scadenza.
Nell’ultima settimana di ottobre e all’inizio di novembre i rendimenti delle obbligazioni a breve scadenza sono nettamente saliti. In molti paesi sono stati previsti aumenti significativi dei tassi ufficiali. Ad esempio, nei prossimi 12 mesi i mercati si aspettano aumenti dei tassi dalle banche centrali di Nuova Zelanda (180 pb), Norvegia (100 pb), Canada (120 pb), Regno Unito (90 pb), Australia (80 pb), Stati Uniti (45 pb) ed Eurozona (10 pb). Queste stime sono state riviste al ribasso rispetto ai picchi della settimana scorsa, ma restano comunque uniformemente alte; non impossibile, ma improbabile. È inoltre opportuno ricordare che, ad esempio, la RBA aveva vigorosamente ribadito che non avrebbe alzato i tassi almeno fino alla seconda metà del 2023. Un periodo piuttosto lungo. È inoltre difficile credere che il mondo industrializzato possa alzare i tassi in misura così netta se la Fed e la BCE rimarranno sull’estremità accomodante dello spettro. Di fatto, queste previsioni sono più alte di quelle delle rispettive banche centrali. In particolare, la Fed continua a sottolineare che gli obiettivi sul mercato del lavoro non sono ancora stati raggiunti e che non opererà alcun aumento fino a quando le condizioni del mercato del lavoro interno, misurate da una combinazione di occupazione, tasso di disoccupazione, tassi di partecipazione e inclusività, non saranno ulteriormente migliorate. Se la Fed e la BCE attueranno i piani in base alle attuali previsioni, è molto probabile che le altre banche centrali seguiranno l'esempio del gruppo di riferimento, formato da Fed/BCE/BoJ.
Riteniamo, quindi, che il mercato abbia reagito in modo esagerato agli interventi delle banche centrali e non crediamo alla tesi della stagflazione. Ci aspettiamo una ripresa della crescita nel quarto trimestre (anche l'Eurozona risente di problemi legati alle forniture e al Covid-19) e un'inflazione sempre elevata, se non addirittura in aumento. Gli indici dei direttori degli acquisti (PMI) di ottobre hanno mostrato una ripresa decisa del settore servizi dopo la fine delle restrizioni legate alla variante Delta, mentre i colli di bottiglia delle filiere produttive hanno continuato a frenare il settore manifatturiero. L’Asia sta facendo progressi e l’ultimo rapporto sull’occupazione statunitense è stato alquanto positivo, sebbene i problemi delle catene di approvvigionamento continuino a tenere basso il tasso di partecipazione. Inoltre, i risparmi privati globali restano elevati e le condizioni finanziarie sono e rimarranno espansive nonostante un lieve inasprimento delle politiche delle banche centrali, sia se attuato mediante una riduzione degli stimoli, l’eliminazione del QE o rialzi dei tassi.
Questo quadro relativamente ottimistico in relazione alla politica monetaria non è però privo di rischi. Le pressioni inflazionistiche non si stanno attenuando, o perlomeno non abbastanza rapidamente. I timori relativi agli effetti indiretti e all’impennata dei prezzi delle abitazioni preoccupano le banche centrali. L’ultima forte spinta al rialzo è stata esercitata dai rincari dell’energia (in particolare i prezzi del gas naturale in Europa), ma le pressioni sono più ampie: anche molte altre materie prime (ad esempio, i generi alimentari, una particolare preoccupazione per le banche centrali dei mercati emergenti) sono sui massimi pluriennali, i colli di bottiglia dovuti al Covid continuano a rallentare le forniture di molti beni di consumo e diverse economie sviluppate riportano carenze di manodopera. Non è ancora chiaro quanto persistenti, o permanenti, siano molti di questi problemi, ma sappiamo per certo che l'attuale impennata dell'inflazione è destinata a durare più di quanto si pensasse e attualmente gli economisti prevedono che la situazione non si normalizzerà prima della seconda metà del 2022. Da ciò deriva l’esigenza delle banche centrali di giocare in difesa e impegnarsi in strategie di mitigazione del rischio che implicano una riduzione delle misure espansive.
Nel futuro ci aspettiamo rialzi lenti e misurati anche in presenza di livelli elevati di inflazione complessiva e comunicazioni improntate alla prudenza, che evitino di suggerire l'esigenza di una politica monetaria “restrittiva”, puntando invece sul ridimensionamento delle misure espansive. Tuttavia, poiché tutte le banche centrali seguono più o meno la stessa linea di pensiero (con variazioni minime), è facile che singole banche alzino i tassi seguendo l'esempio del gruppo di riferimento formato dagli istituti dei maggiori paesi. Se nessun istituto adotta misure troppo drastiche, sarà più facile per la comunità globale delle banche centrali alzare collettivamente i tassi.
Attualmente i mercati prevedono un rapido ciclo di inasprimento, che si concluderà con tassi su livelli inferiori ai picchi storici. Il rischio per le valutazioni obbligazionarie deriva più dalla durata del ciclo di rialzo e dal tasso di riferimento finale che non dalla velocità dell'inasprimento (che è invece rilevante per la struttura della curva). Ma se il mercato inizia ad attendersi un ciclo più normale da parte delle banche centrali, i rendimenti potrebbero salire ulteriormente. Di recente, il nervosismo è aumentato anche tra chi investe in obbligazioni, facendo allargare gli spread. Riteniamo che ciò sia principalmente dovuto al fatto che negli ultimi tempi i differenziali erano diventati alquanto compressi, anziché a un incremento significativo del rischio di insolvenza o al deterioramento dei fondamentali.
Alla luce di queste considerazioni, quali sono le nostre prospettive sui mercati? In generale, confermiamo il sovrappeso nei settori ciclici più rischiosi, ma abbiamo lievemente ridotto il rischio a fronte delle valutazioni e dell’aumento della volatilità/incertezza. Per quanto riguarda i titoli di Stato, ci aspettiamo che i rendimenti si muovano al rialzo sull’estremità più lunga delle curve, ma si tratterà probabilmente di un processo lungo e laborioso, considerati gli elevati livelli di liquidità/risparmi globali e la probabile lentezza del ciclo d’inasprimento. Detto ciò, i bassi tassi a termine previsti e i rendimenti reali fortemente negativi rendono relativamente poco appetibili le obbligazioni a più lunga scadenza. Le obbligazioni a più breve scadenza sono più interessanti in virtù degli elevati premi al rischio attualmente inglobati nei prezzi. Confermiamo il sovrappeso nelle obbligazioni societarie e cartolarizzate, in particolare nelle emissioni investment grade di qualità inferiore e in alcuni titoli high yield selezionati, e siamo sovraesposti ad alcuni mercati emergenti (come Egitto e Repubblica Dominicana), che a nostro avviso offrono opportunità idiosincratiche.
Tassi d’interesse e di cambio dei mercati sviluppati
Analisi mensile
I rendimenti dei titoli di Stato sono leggermente saliti a fronte del costante rialzo delle aspettative di inflazione. Dato che anche la crescita si mantiene superiore alla media, le banche centrali si apprestano a ritirare le misure di allentamento monetario. I mercati hanno iniziato a scontare tempistiche più aggressive per l’irrigidimento delle politiche monetarie nei mercati sviluppati, ma le valutazioni delle obbligazioni governative a lunga scadenza sono ancora alte in termini storici.2
Prospettive
È probabile che la crescita superiore alla media e l'inflazione elevata spingano le banche centrali a inasprire la politica monetaria. L'accelerazione dei prezzi avrebbe dovuto essere transitoria, ma si è già dimostrata molto più ostinata del previsto ed è probabile che duri ancora per qualche tempo. Questa combinazione di fattori eserciterà pressioni sui rendimenti dei titoli di Stato, in particolare alla luce delle valutazioni elevate. Tuttavia, siamo anche convinti che i mercati abbiano scontato un inasprimento eccessivo delle banche centrali a breve termine.
Tassi d’interesse e di cambio dei mercati emergenti
Analisi mensile
A ottobre i rendimenti del debito emergente sono stati negativi. Il debito in valuta forte è rimasto invariato. Le emissioni societarie dei mercati emergenti hanno chiuso il mese col segno meno e il segmento high yield ha sottoperformato quello investment grade. Le emissioni in valuta locale hanno chiuso in territorio negativo, principalmente a causa dell’aumento dei rendimenti.3 Complessivamente a ottobre le obbligazioni di Suriname, Sri Lanka, El Salvador e Belize hanno conseguito le performance migliori, mentre quelle di Libano, Etiopia e Argentina sono state i fanalini di coda. A livello settoriale, le aziende dei settori metalli/estrazioni e TMT hanno fatto meglio del mercato più ampio, mentre quelle dei settori immobiliare, carta/cellulosa e beni di consumo hanno sottoperformato.4
Prospettive
Adottiamo un orientamento cauto nei confronti del debito dei mercati emergenti che continua a risentire di vari problemi malgrado le valutazioni nel complesso allettanti. Prediligiamo in particolare le obbligazioni societarie high yield dei mercati emergenti di società con dinamiche idiosincratiche positive, posizioni fiscali robuste e/o esposte al rincaro del petrolio (e analogamente le valute dei paesi emergenti). Sul versante dei tassi, preferiamo le curve dei rendimenti che scontano già una stretta monetaria aggressiva.
Credito
Analisi mensile
Nel mese di ottobre i differenziali creditizi hanno segnato un lieve rialzo. Nel mese le notizie settoriali e societarie sono state dominate dalla pubblicazione degli utili del terzo trimestre, che hanno evidenziato una sovraperformance del settore bancario, sostenuta dalle riprese di valore sugli accantonamenti per prestiti in sofferenza e dalle società non finanziarie. Quest’ultime hanno risentito degli aumenti dei costi, ma grazie alla capacità di trasferirli hanno per lo più battuto le attese (riviste al ribasso a fine estate). Le attività di fusione e acquisizione sono rimaste un argomento di costante speculazione visto il basso costo dell’indebitamento. A ottobre, i titoli convertibili globali hanno registrato performance a cavallo tra quelle azionarie e creditizie: il Refinitv Global Convertibles Focus Index si è apprezzato rispetto al MSCI Global Equities Index e al Barclays Global Credit Index.
Prospettive
Le valutazioni delle obbligazioni societarie ci sembrano vicine al valore equo ma riteniamo probabile che gli spread si consolidino sui livelli attuali alla luce di (1) condizioni finanziarie ancora accomodanti, che dovrebbero mantenere bassi i tassi d’insolvenza, (2) un'attività economica in costante accelerazione grazie alle campagne vaccinali che consentono la riapertura delle economie, (3) la robusta redditività delle aziende con strategie di gestione prudenziale del bilancio a fronte di una situazione ancora ricca di incognite e (4) una domanda di titoli di credito che dovrebbe mantenersi vivace visto il desiderio di investire la liquidità in eccesso. Ci aspettiamo una buona capacità di conseguire carry interessanti, ma rileviamo opportunità limitate di realizzare plusvalenze grazie al restringimento degli spread.
Prodotti cartolarizzati
Analisi mensile
I mercati dei titoli cartolarizzati hanno risentito di elevata volatilità a ottobre. La performance è apparsa influenzata dalla liquidità e dalla profondità del sostegno, piuttosto che da timori specifici sul merito di credito. A ottobre le nuove emissioni sono rimaste sostenute e l'attività sul mercato secondario è nettamente aumentata, mentre i settori storicamente meno interessanti hanno risentito di pressioni sul lato dell'offerta.5 Gli MBS di agenzia hanno esibito un ottimo andamento nel mese, in particolare tenuto conto dell'appiattimento della curva e dell'atteso inizio del tapering della Fed.6 A ottobre i differenziali dei titoli RMBS non di agenzia statunitensi hanno evidenziato performance contrastanti, mentre gli spread dei CMBS si sono ampliati.7 Anche i differenziali degli ABS del mercato statunitense hanno mostrato un andamento disomogeneo nel mese: mentre prestiti al consumo e finanziamenti auto hanno registrato buone performance, gli spread dei settori meno liquidi come i diritti di servicing ipotecario e gli ABS dei finanziamenti all'acquisto di velivoli si sono ampliati.8 In Europa l'attività su RMBS, CMBS e ABS si è mantenuta elevata a ottobre e i differenziali della regione sono rimasti stabili.9
Prospettive
Ci attendiamo un rallentamento dell'attività di mercato a partire da novembre. L'aumento dei tassi e l'ampliamento degli spread in vista della fine dell'anno potrebbero frenare i volumi di transazioni. I fondamentali creditizi dovrebbero mantenersi molto solidi, soprattutto nei settori degli immobili residenziali e dei beni di consumo. Ci aspettiamo che i mercati europei delle cartolarizzazioni continuino a beneficiare dei tassi sui minimi storici in Europa e dei programmi di acquisto di attivi e di prestiti della BCE e della BOE.
CONSIDERAZIONI SUI RISCHI
La diversificazione non garantisce che verranno generati utili e non protegge dalle perdite in una fase di rallentamento del mercato.
Non vi è alcuna garanzia che l’obiettivo d’investimento del portafoglio sarà raggiunto. I portafogli sono esposti al rischio di mercato, ovvero alla possibilità che il valore di mercato dei titoli detenuti dal portafoglio diminuisca e che il valore delle azioni del portafoglio sia conseguentemente inferiore all’importo pagato dall’investitore per acquistarle. I valori di mercato possono cambiare quotidianamente a causa di eventi economici e di altro tipo (ad es. catastrofi naturali, crisi sanitarie, terrorismo, conflitti e disordini sociali) che influenzano i mercati, i Paesi, le aziende o i governi. È difficile prevedere le tempistiche, la durata e i potenziali effetti negativi (ad esempio la liquidità del portafoglio) degli eventi. Di conseguenza, l’investimento in un portafoglio può comportare una perdita per l’investitore. I titoli obbligazionari sono soggetti alla capacità dell’emittente di rimborsare puntualmente capitale e interessi (rischio di credito), alle variazioni dei tassi d’interesse (rischio di tasso d’interesse), al merito di credito dell’emittente e alle condizioni generali di liquidità del mercato (rischio di mercato). In un contesto di tassi d’interesse in rialzo, i corsi obbligazionari possono calare e dar luogo a periodi di volatilità e a maggiori richieste di rimborso. In un contesto di calo dei tassi d’interesse, il Portafoglio potrebbe generare un reddito inferiore. I titoli con scadenze più lunghe possono essere maggiormente sensibili alle variazioni dei tassi d’interesse. Determinati titoli di Stato americani acquistati dalla strategia, come quelli emessi da Fannie Mae e Freddie Mac, non sono garantiti dal “full faith and credit” (piena fiducia e credito) degli Stati Uniti. È possibile che in futuro questi emittenti non dispongano dei fondi per onorare i propri obblighi di pagamento. I prestiti bancari quotati sono soggetti al rischio di liquidità e ai rischi di credito tipici dei titoli con rating inferiori. Le obbligazioni high yield (dette anche “junk bonds”) sono titoli con rating inferiori che possono comportare livelli più elevati di rischio di credito e di liquidità. I titoli di debito sovrani sono soggetti al rischio di insolvenza. I titoli garantiti da ipoteche e da collaterale sono esposti al rischio di rimborso anticipato e a un più elevato rischio d’insolvenza e possono essere difficili da valutare e vendere (rischio di liquidità). Essi sono altresì soggetti ai rischi di credito, di mercato e di tasso d’interesse. Il mercato valutario è altamente volatile e i suoi prezzi sono influenzati da diversi fattori, tra cui la dinamica della domanda e dell’offerta di una determinata valuta, il commercio, i programmi e le politiche fiscali, monetarie e di controllo della valuta nazionale o estera e le variazioni dei tassi d’interesse nazionali o esteri. Gli investimenti nei mercati esteri comportano rischi specifici, quali rischi di cambio, politici, economici e di mercato. Investire nei paesi emergenti comporta rischi maggiori che investire nei mercati esteri in generale. Gli strumenti derivati possono amplificare le perdite in maniera sproporzionata e incidere significativamente sulla performance. Inoltre possono essere soggetti a rischi di controparte, di liquidità, di valutazione, di correlazione e di mercato. I titoli vincolati e illiquidi possono essere più difficili da vendere e valutare rispetto a quelli quotati in borsa (rischio di liquidità). A causa della possibilità che i rimborsi anticipati alterino i flussi di cassa sulle collateralized mortgage obligation (CMO), non è possibile determinare in anticipo la relativa data di scadenza finale o la vita media. Inoltre, il portafoglio potrebbe subire perdite qualora le garanzie collaterali sulle CMO o eventuali garanzie di terzi fossero insufficienti per onorare i pagamenti.