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Global Equity Observer
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aprile 25, 2022

Diversità – Le domande più difficili

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Diversità – Le domande più difficili


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Diversità – Le domande più difficili

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aprile 25, 2022

 
 

A marzo abbiamo festeggiato la festa della donna e del mese della storia delle donne, pertanto, come team, abbiamo voluto affrontare il tema della diversità e il tipo di approccio che stiamo adottando in termini di coinvolgimento. In tutto il mondo, gli stakeholder chiedono alle aziende una maggiore trasparenza e l’assunzione di una maggiore responsabilità sui temi della diversità, dell’equità e dell’inclusione (DEI), fissando aspettative particolarmente elevate su obiettivi specifici, piani d’azione concreti e miglioramenti dimostrabili.

 

Il business case.
Stando alla relazione di McKinsey del 2020 intitolata “Diversity Matters: How Inclusion Wins” (L’importanza della diversità: la carta vincente dell’inclusione), le società comprese nel primo quartile in termini di diversità di genere all’interno dei team dirigenziali avevano il 25% in più di probabilità di conseguire una redditività superiore alla media rispetto alle società del quarto quartile.1 Secondo una ricerca del Boston Consulting Group, le aziende con una diversità superiore alla media nei team di leadership generano maggiori entrate grazie all’innovazione – 19 punti percentuali in più rispetto alle aziende con team di leadership omogenei – e hanno margini operativi più alti.2 Una ricerca di MSCI ha rilevato che nei consigli di amministrazione con livelli più alti di diversità di genere i casi di condotta illecita in ambito aziendale, come la corruzione, la concussione e la frode, sono tendenzialmente meno frequenti.3

I risultati sono altrettanto probanti per quanto riguarda la diversità etnica e culturale. Lo studio di McKinsey ha evidenziato che nel 2019 i team dirigenziali etnicamente più diversificati hanno ottenuto una redditività superiore del 36% rispetto a quella dei team dirigenziali meno diversificati. Di fatto, secondo questa analisi, le probabilità di una differenza in termini di sovraperformance restano maggiori sotto il profilo etnico piuttosto che di genere.4

Verificare la performance su questi tre fronti – diversità, equità e inclusione – non è facile. La mancanza di dati è un problema reale.
L’evoluzione degli obiettivi, le differenze a livello nazionale e i diversi sviluppi normativi a livello regionale rendono particolarmente complesso capire cosa misurare. Ad esempio, i dati relativi al cosiddetto “gender pay gap” (la disparità retributiva di genere) nel Regno Unito sono utili in quanto consentono di tracciare un quadro generale della disuguaglianza di genere, ma la scarsa granularità e la portata limitata di questi dati rende difficile capire perché esistono le disparità retributive. Negli Stati Uniti, sebbene le società siano tenute a comunicare i dati intersettoriali sulla diversità acquisiti mediante l’Information Report (EEO-1), tra l’altro obbligatorio, sono pochissime le imprese che rendono pubbliche queste informazioni.5 A complicare ulteriormente le cose, in molti paesi la legge vieta alle aziende di chiedere ai dipendenti di comunicare la propria razza e/o etnia, e molte non sono soggette ad alcun obbligo di informativa sulle disparità retributive di genere.

Il fatto è che in quasi tutte le aziende le donne e le minoranze sono sottorappresentate nei livelli gerarchici più alti, e lo stesso accade in molti settori nella forza lavoro in generale.
Oltre al palese impatto negativo sullo sviluppo del capitale umano per le donne, c’è l’aspetto economico: la disparità retributiva. Il “Global Gender Gap Report” (Rapporto sulla disparità retributiva di genere a livello globale), diffuso dal World Economic Forum nel 2021, rivela che il divario salariale globale è attualmente pari al 37%, mentre il divario di reddito (il rapporto tra il reddito salariale e non salariale totale delle donne rispetto a quello degli uomini) è pari a quasi il 51%.6

Non è solo un problema di genere.
I neri, gli asiatici e altre minoranze etniche sono tipicamente sottorappresentati in tutte le organizzazioni e soprattutto ai livelli più alti. Secondo uno studio di Mercer, negli Stati Uniti la perdita più marcata di rappresentatività riguarda i lavoratori afroamericani, che costituiscono il 12% dei ruoli di supporto e il 2% soltanto degli incarichi dirigenziali.7

Capire l’entità del problema.
Naturalmente, l’inclusione va oltre i dati e si estende alla cultura. Secondo un sondaggio globale condotto da Qualtrics, società specializzata in “gestione dell’esperienza”, solo il 37% dei lavoratori ritiene che la cultura della propria azienda sia migliorata dall’inizio della pandemia, il che implica che il 63% non percepisce alcun miglioramento o peggioramento.8 Investire in soluzioni di “gestione dell’esperienza” aiuta i manager e i leader delle risorse umane ad ascoltare i dipendenti, permettendo loro di intraprendere azioni basate sulla comprensione della situazione e di migliorare l’esperienza e il coinvolgimento dei dipendenti. Ciò implica fare di più che limitarsi a offrire corsi di formazione per poi sollecitare attivamente un feedback e sviluppare un clima di fiducia.

Incentivi legati ai risultati.
Secondo una ricerca di Deloitte che ha passato in rassegna le dichiarazioni rese nelle deleghe di voto tra febbraio 2020 e gennaio 2021, meno del 40% delle società del Fortune 100 ha tenuto conto dei parametri ESG (ambientali, sociali e di governance) nei propri piani di incentivazione dei dirigenti. Tra quelle che lo hanno fatto, i parametri sociali sono stati i più frequenti, seguiti da quelli ambientali.9 Nell’ambito sociale, i temi della diversità, equità e inclusione (DEI) sono risultati i più comuni, confermando una partenza relativamente buona su questi fronti. Tuttavia, in termini assoluti la maggioranza delle società non ha ancora adottato incentivi legati alla dimensione ambientale e sociale (E&S), e ciò significa che i dirigenti non sono chiamati a rendere conto del conseguimento degli obiettivi DEI.

Qual è, dunque, il nostro approccio con le società in portafoglio in relazione ai fattori DEI?
È difficile farsi un’idea della situazione dall’esterno, pertanto riteniamo che l’engagement diretto con il management sia l’approccio migliore. La nostra lista di controllo per l’engagement sui fattori DEI include i seguenti punti:

  • L’azienda ha condotto un’analisi completa sull’equità retributiva e sulle disparità retributive?
  • Il management allinea la remunerazione dei dirigenti ai fattori DEI? In caso contrario, perché no?
  • L’azienda segue una politica di assunzione che per tutte le posizioni di leadership richiede un elenco di candidati diversificato per genere (ad es., il 30% deve essere costituito da donne)?
  • L’azienda ha una politica di assunzione che vieta di chiedere ai candidati di rivelare informazioni sul trattamento salariale passato?
  • L’azienda ha implementato processi atti ad assicurare che la descrizione delle mansioni sia neutra in termini di genere?
  • L’azienda forma regolarmente i professionisti del reclutamento e i selezionatori per concentrarsi su iniziative di assunzione più inclusive?
  • L’azienda coltiva attivamente il talento femminile attraverso un programma di sviluppo della leadership o un’iniziativa equivalente?
  • L’azienda fornisce lavoro flessibile e congedi parentali sufficienti a entrambi i genitori?
  • L’azienda si avvale di sondaggi sul coinvolgimento dei dipendenti? Con quale frequenza?
  • L’azienda offre un programma “returnship” per le donne che rientrano nel mondo del lavoro dopo una pausa di carriera? Qual è il tasso di ritorno dal congedo parentale?
  • Aziende statunitensi: I dati EEO-1 in materia di rappresentanza vengono resi noti? In caso contrario, perché no?

 

La focalizzazione sull’engagement produce risultati.
Da qualche tempo esercitiamo pressioni su due società del settore delle bevande presenti nei nostri portafogli per diversificare il consiglio di amministrazione, rendendolo meno europeo e più rappresentativo dei mercati in cui operano. Alla luce delle nuove nomine, siamo lieti di assistere a un vero cambiamento.

Sul versante dei dati, attraverso l’engagement con una nostra azienda di tecnologie medicali abbiamo dibattuto una proposta degli azionisti ‒ che appoggiavamo ‒ chiedendo un rapporto sulla giustizia razziale e la pubblicazione dei dati EEO-1 sulla diversità etnica e di genere. Considerato che l’azienda comunica i dati EEO-1 al governo degli Stati Uniti, ci siamo chiesti perché non li abbia resi pubblici. Adesso ha intenzione di pubblicare alcuni dati EEO-1 nell’ambito della sua nuova relazione DEI.

Con un’altra azienda, la principale società di consulenza digitale e gestionale del mondo, abbiamo cercato di capire come prevede di raggiungere entro il 2025 il suo obiettivo di parità di genere a livello di organico (50/50) e, sempre entro la stessa data, avere il 30% delle posizioni manageriali occupate da donne. Per raggiungere questo traguardo, l’azienda punta al fatto che in ciascuna sede statunitense, britannica e sudafricana vi siano obiettivi di rappresentanza etnica, vengano utilizzate liste di candidati diversificate, i manager siano responsabili di garantire la diversità nelle promozioni e vi siano disposizioni sul lavoro flessibile, tutte misure che incontrano il nostro plauso. Tuttavia, abbiamo espresso all’azienda le nostre perplessità sulle condizioni lavorative nella divisione di moderazione dei contenuti e continueremo a monitorare la situazione.

E adesso?
Oltre a chiedere più dati, più trasparenza, incentivi allineati e percorsi di cambiamento credibili, le nostre iniziative DEI incoraggiano le società in portafoglio a capire che una maggiore diversità è legata a doppio filo alla strategia aziendale.

Anche noi facciamo la nostra parte.
Come le società in portafoglio, anche noi stiamo seguendo un nostro percorso. Oggi, poco meno di un terzo degli investitori del team è costituito da donne, mentre qualche anno fa non ve n’era nessuna. E se combiniamo i team degli investitori e degli specialisti di portafoglio, la presenza femminile è del 46%. Dei nostri otto Managing Director, tre sono donne. A capo delle attività di DEI, Bruno Paulson, Senior Portfolio Manager e Managing Director, dirige il MSIM EMEA Diversity Focus Council, Laura Bottega, Managing Director, ha guidato MSIM a vincere il 2019 Investment Week Contribution to Diversity Award (U.K.) per aver promosso la diversità di genere all’interno del nostro business, e Marte Borhaug, Executive Director, Head of Sustainable Outcomes, è co-presidente del 30% Club, il gruppo di investitori che incoraggia le società britanniche ad aumentare la diversità e l’integrazione.

 
 

 

1 McKinsey & Company, Diversity Wins: How Inclusion Matters, 2020.

2 Rocío Lorenzo, Nicole Voigt, Miki Tsusaka, Matt Krentz e Katie Abouzahr, ‘How Diverse Leadership Teams Boost Innovation’, BCG, 2018. EBIT = Earnings Before Interest and Taxes (utili al lordo di interessi, imposte)

3 Linda-Eling Lee, Ric Marshall, Damion Rallis e Matt Moscardi, Women on Boards: Global Trends in Gender Diversity on Corporate Boards, MSCI ESG Research, 2015.

4 McKinsey & Company, Diversity Wins: How Inclusion Matters, 2020.

5 Secondo JUST Capital, a settembre 2021, solo l’11% delle società del Russell 1000 aveva reso noto pubblicamente il tipo di dati intersezionali disponibili in una relazione EEO-1. Emily Bonta, Mona Patni, ‘Companies Disclosing the Highest Level of Workforce Diversity Data – EEO-1 Report – Saw Higher 2021 Returns’, JUST Capital, 2022.

6 World Economic Forum, Global Gender Gap Report 2021, Ginevra, 2021.

7 Mercer, Let’s Get Real About Equality: When Women Thrive 2020 Global Report, 2020.

8 Qualtrics, ‘The Pandemic and Employee Experience’, Quartz/Qualtrics Study, 2022.

9 Deloitte, On the Board’s Agenda | US, April 2021.

 
 

Considerazioni sui rischi

Non vi è alcuna garanzia che l’obiettivo d’investimento del portafoglio sarà raggiunto. I portafogli sono esposti al rischio di mercato, ovvero la possibilità che il valore di mercato dei titoli detenuti nel portafoglio diminuisca. I valori di mercato possono cambiare quotidianamente a causa di eventi economici e di altro tipo (ad es. catastrofi naturali, crisi sanitarie, terrorismo, conflitti e disordini sociali) che influenzano i mercati, i Paesi, le aziende o i governi. È difficile prevedere le tempistiche, la durata e i potenziali effetti negativi (ad esempio la liquidità del portafoglio) degli eventi. Di conseguenza, l’investimento in questa strategia può comportare una perdita per l’investitore. Inoltre, la strategia può essere esposta ad alcuni rischi aggiuntivi. I mutamenti che investono l’economia mondiale, la spesa al consumo, la concorrenza, i fattori demografici, le preferenze dei consumatori, le norme varate dai governi e le condizioni economiche possono influire negativamente sulle società che operano su scala globale e produrre sulla strategia un impatto negativo maggiore rispetto a quello che si sarebbe avuto se il patrimonio fosse stato investito in un più ampio ventaglio di società. Le valutazioni dei titoli azionari tendono in genere a oscillare anche in risposta a eventi specifici in seno a una determinata società. Gli investimenti nei mercati esteri comportano rischi specifici, quali rischi di cambio, politici, economici e di mercato. I titoli delle società a bassa e media capitalizzazione comportano rischi particolari, come l’esiguità delle linee di prodotto, rischi relativamente alle risorse finanziarie e di mercato e possono registrare una maggiore volatilità rispetto a quelli di società più consolidate di dimensioni maggiori. I rischi associati agli investimenti nei mercati emergenti sono maggiori di quelli associati agli investimenti nei mercati sviluppati esteri. Gli strumenti derivati possono amplificare le perdite in maniera sproporzionata e incidere significativamente sulla performance. Inoltre possono essere soggetti a rischi di controparte, di liquidità, di valutazione, di correlazione e di mercato. I titoli illiquidi possono essere più difficili da vendere e valutare rispetto a quelli quotati in borsa (rischio di liquidità). I portafogli non diversificati spesso investono in un numero più ristretto di emittenti. Pertanto, le variazioni della situazione finanziaria o del valore di mercato di un singolo emittente possono causare una maggiore volatilità. Le strategie ESG che incorporano investimenti a impatto e/o fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) potrebbero generare una performance relativa che si discosta da quella di altre strategie o benchmark generali a seconda del gradimento del mercato verso tali settori o investimenti. Di conseguenza, non vi è alcuna garanzia che le strategie ESG possano offrire una migliore performance relativamente agli investimenti.

 
bruno.paulson
Managing Director
International Equity Team
 
marte.borhaug
Head of Sustainable Outcomes
International Equity Team
 
alistair.corden.lloyd
Executive Director
 
 
Fondi in evidenza
 
 
 
 
 

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