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Annus horribilis
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Global Fixed Income Bulletin
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maggio 30, 2022
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maggio 30, 2022
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Annus horribilis |
Se marzo era stato un mese difficile, aprile è stato letteralmente da incubo! I rendimenti registrati sull’intero spettro degli asset sono stati disastrosi, ad eccezione di quelli legati alle materie prime. Gli eventi salienti sono stati l’aumento dei tassi d’interesse e l’allargamento degli spread. Aprile è stato anche il mese in cui l’azionario ha raggiunto l’obbligazionario, arrivando a registrare la performance peggiore da inizio anno (evidenziata dalla flessione del 13,3% dell’S&P 500). Sebbene numerosi problemi a livello mondiale possano essere imputati al conflitto tra Russia e Ucraina, questa crisi non rappresenta più la determinante principale dei rendimenti di mercato. Il motivo dello sfacelo? Inflazione, inflazione e inflazione! E, ovviamente, le azioni intraprese e pianificate dalle banche centrali per risolvere il problema.
L’inflazione non accenna ad attenuarsi in modo significativo. Negli Stati Uniti è possibile che abbia raggiunto il picco, ma si tratta di una vittoria di Pirro dal momento che l’inflazione complessiva è all’8,5% (il valore più alto dal 1982 a questa parte). Le banche centrali, in particolare la Federal Reserve statunitense (Fed), sono scese in campo e intendono procedere velocemente con il rialzo dei tassi (o “speditamente”, per usare le parole del presidente Powell). I mercati hanno scontato un rapido aumento dei tassi più o meno ovunque, ma in particolare negli Stati Uniti dove l’economia sembra surriscaldarsi maggiormente, oltre che in Europa orientale. A fronte della perdurante stabilità dei mercati del lavoro (se non addirittura eccessiva), le banche centrali non saranno molto propense ad accelerare la manovra di irrigidimento, se non altro fino a quando le politiche monetarie non raggiungeranno almeno la neutralità. È interessante notare che per la prima volta dopo diverso tempo la curva dei rendimenti statunitense si è irripidita: se i rendimenti dei Treasury USA a 2 anni sono cresciuti di appena 38 punti base (pb), i rendimenti dei Treasury USA a 10 anni hanno guadagnato 60 pb, indicando che la Fed non sta facendo abbastanza per contenere i rischi di inflazione, nonostante il fatto che le aspettative dei tassi a 3 mesi di fine anno siano salite a 45 pb.
L’effetto combinato dell’aumento dei rendimenti, dell’acuirsi dei timori di un irrigidimento delle politiche monetarie e della pessima performance dei titoli azionari ha compromesso i mercati delle obbligazioni societarie e quelli emergenti. Ad aprile, i Treasury statunitensi hanno registrato un rendimento del -3,1%, i titoli societari investment grade del -5%, i titoli high yield del -3,6% e i mercati emergenti del -5,9%. La netta flessione dell’azionario è di cattivo auspicio per l’high yield, il segmento dell’obbligazionario più sensibile alle azioni. Un'ulteriore spinta al dollaro statunitense è stata determinata dal prevalente clima di avversione al rischio. Il dollaro statunitense è cresciuto contro tutte le valute, a partire dal 2% se comparato al dollaro di Singapore fino al 6,5% se comparato allo yen giapponese e di oltre il 7% rispetto al rand sudafricano, uno sviluppo negativo per l’economia globale.
Nota: performance in USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 30 aprile 2022. Gli indici riportati hanno scopo puramente illustrativo e non intendono rappresentare la performance di un investimento specifico. La performance passata non è garanzia di risultati futuri. Per le definizioni degli indici si rimanda alla sezione successiva
Nota: per variazione positiva si intende l’apprezzamento della valuta nei confronti dell’USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 30 aprile 2022.
Fonte: Bloomberg, JPMorgan. Dati al 30 aprile 2022.
Gli sviluppi di aprile non hanno evidenziato un significativo scostamento dalla traiettoria che ha caratterizzato l’inizio dell’anno. L’inflazione resta una fonte di preoccupazione che, sommata alla saturazione dei mercati del lavoro, costringerà – a nostro avviso – le banche centrali a proseguire il percorso di inasprimento. I prezzi delle materie prime, in particolare quelli delle derrate alimentari, resteranno con ogni probabilità elevati, aggravando il problema dell’inflazione per le banche centrali. La Fed intende proseguire con la manovra di inasprimento perlomeno fino a quando le politiche monetarie non si riporteranno a un livello neutrale, cioè un intervallo del 2-3%, stando a quanto dichiarato dal presidente dell’istituto Jerome Powell. Questa posizione lascia un ampio margine di manovra per un’eventuale accelerazione della stretta nel corso dell’anno qualora l’inflazione non dovesse dar segni di miglioramento. Rialzi di altri 150 pb di qui a fine anno collocherebbero i Fed Fund al centro dell’intervallo neutrale. I rendimenti globali sono destinati a salire ulteriormente.
Con il passare del tempo, diventa sempre più chiaro che la politica monetaria è rimasta troppo accomodante troppo a lungo. Parliamo di TUTTE le banche centrali, ad eccezione di quelle di Cina e Giappone. In tutto il mondo, non solo negli Stati Uniti, le politiche monetarie stanno affannosamente cercando di raggiungere la “neutralità” o di prendere un orientamento restrittivo. Tuttavia, nella maggior parte dei paesi il divario tra inflazione e tassi d’interesse rimane ampio, sottolineando che salvo un calo significativo dell’inflazione o delle aspettative inflazionistiche nei prossimi mesi, nuovi rialzi dei tassi sono imminenti. Se l’inflazione non dovesse frenare sufficientemente (quanto precisamente è ancora da vedere, ma il probabile limite sono i valori previsti per la fine dell’anno della Fed), ci sarebbe da aspettarsi un ulteriore e inatteso inasprimento l’anno prossimo, ossia un tasso terminale dei Fed Fund più elevato. Ciò farebbe aumentare le probabilità di una recessione nel 2023 e comprometterebbe gli asset creditizi.
Il motivo principale per cui le banche centrali mantengono un orientamento restrittivo è che la crescita perdura, malgrado tutte le difficoltà incontrate quest’anno. Sebbene l’inflazione stia operando come un’imposta sulle famiglie e sulle imprese e i rendimenti si stiano muovendo al rialzo, il mercato del lavoro e la redditività aziendale stanno supportando energicamente la spesa. Ad esempio, i saldi finanziari delle famiglie e delle imprese (piccole e grandi) sono abbondantemente in attivo. Si stima che a livello nazionale le famiglie non solo detengano un surplus pari allo 0,8% del PIL, vale a dire superiore ai livelli pre-pandemia, ma abbiano anche accumulato circa 3.000 miliardi di dollari in risparmi aggiuntivi. Anche i risparmi delle aziende sull’intero spettro societario sono elevati, pari cioè al 3% circa del PIL. Ciò significa che le probabilità di un atterraggio morbido e di una riduzione dell’inflazione senza incorrere in una recessione sono molto più elevate.
L’aspetto negativo è rappresentato dal fatto che un’economia dove il settore privato presenta bilanci robusti e una forte capacità di generare reddito sarà più difficile da rallentare. Pertanto la Fed potrebbe trovarsi nella posizione di dover aumentare i tassi più del previsto per ottenere il rallentamento della domanda necessario a riportare l’inflazione ai livelli obiettivo. Considerati i livelli e le traiettorie attuali dei rendimenti, non prevediamo una recessione né quest’anno né il prossimo. In base alla nostra analisi, qualora dovesse verificarsi, una recessione non accadrebbe prima del 2024. Si tratta di un futuro molto lontano e supporta piuttosto un’interpretazione “stile 1994” del ciclo di rialzi dei tassi d’interesse di quest’anno, che produrrà un rallentamento sufficiente per contenere l’inflazione senza gettare l’economia statunitense o quella mondiale in una recessione. Dobbiamo tenere presente che l’economia globale sta decelerando, scendendo da livelli molto elevati e che il rischio di una crisi economica nel breve termine è ancora ridotto.
L’impatto sulla redditività aziendale varia da settore a settore. I settori dell’energia, delle materie prime e della difesa saranno con ogni probabilità avvantaggiati, i settori della salute e delle telecomunicazioni saranno i meno colpiti, mentre per le utility l’impatto dipenderà dall’esposizione di ogni società al quadro normativo e alle materie prime. I settori industriale e dei beni di consumo verranno entrambi penalizzati, ma quantomeno prima della crisi stavano registrando una domanda molto forte. Tuttavia, non vi è dubbio sul fatto che l’impatto sarà negativo e che le obbligazioni societarie europee saranno le più colpite. Gli spread si sono considerevolmente ampliati rispetto a quelli di inizio anno e in questo spicca la sottoperformance dell’Europa.
I fondamentali creditizi si presentano contrastanti. La qualità creditizia è contrastante in termini di redditività, la crescita degli utili ha verosimilmente raggiunto il picco e sia l’indebitamento che i margini sono in via di stabilizzazione. A nostro avviso, però, i bilanci, la liquidità e la capacità di servire il debito restano eccezionalmente robusti. Ma soprattutto, gli spread si stanno ampliando a fronte dell’aumento dei rendimenti nominali e reali e dei dati economici. Sarà quindi importante individuare le società in grado di continuare a prosperare in un simile contesto. Molto probabilmente la gestione attiva si rivelerà fondamentale per la performance. Confermiamo una leggera preferenza per il segmento high yield rispetto a quello investment grade, ma si tratta di un orientamento molto idiosincratico e specifico a livello settoriale e ultimamente abbiamo ridotto il rischio di credito in generale.
La sovraperformance dei mercati emergenti è giunta al capolinea quando i rendimenti globali hanno cominciato a crescere. I problemi legati all’inflazione dovuti alle derrate alimentari e ad altre materie prime spingono numerose banche centrali dei mercati emergenti a proseguire con gli aumenti dei tassi a ritmi maggiori o perlomeno analoghi a quelli dei paesi sviluppati. I rischi permangono anche nel segmento delle economie di frontiera dove diversi paesi sono in procinto di avviare un processo di ristrutturazione. L’analisi dei singoli paesi sarà essenziale per scovare le opportunità di valore, poiché ci aspettiamo che i mercati si concentreranno sulla differenziazione tra i vari paesi e titoli. È probabile che i mercati emergenti continuino a soffrire fintanto che le banche centrali dei paesi sviluppati manterranno l’attuale orientamento restrittivo e la Cina non uscirà dalla sua fase difficile. Un segnale di cambiamento sarà rappresentato dall’indebolimento del dollaro statunitense. Sebbene dopo il forte apprezzamento di aprile il dollaro sia destinato a consolidare le posizioni acquisite, nessun segnale sembra ancora indicare che il suo ciclo di rialzo stia volgendo al termine.
ANALISI MENSILE
Ad aprile, la tendenza al rialzo dei rendimenti è proseguita poiché i mercati hanno scontato un ulteriore irrigidimento delle politiche delle banche centrali. Per quanto contrastanti, i dati economici sono rimasti generalmente solidi e mediamente migliori di quelli previsti dagli economisti, consentendo alle banche centrali di concentrarsi sul contenimento dell’inflazione anziché sul sostegno alla crescita. Gli asset rischiosi hanno registrato una performance complessivamente negativa, penalizzati dai timori degli investitori per le conseguenze di politiche monetarie più restrittive e per l’aumento dei costi.1
PROSPETTIVE
Le banche centrali si trovano ad affrontare un compito impegnativo: contenere l’inflazione senza danneggiare troppo la crescita. Le pressioni inflazionistiche rimangono assai elevate, ma sono aumentati anche i rischi relativi alla crescita. La guerra in Ucraina prosegue, provocando un aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, che sta già erodendo la fiducia dei consumatori e il potere di spesa discrezionale. Il Covid continua a influenzare la scena, con focolai in Cina che determinano difficoltà nelle filiere produttive. Sebbene molti rialzi siano già stati scontati, le aspettative relative al raggiungimento della neutralità per i tassi di riferimento sono ancora modeste se esaminate in chiave storica, indicando che i rendimenti potrebbero aumentare ulteriormente. Per quanto riguarda i mercati valutari, è probabile che il dollaro statunitense continui a beneficiare della svolta restrittiva della Fed e dei crescenti timori per la crescita globale, mentre lo yen potrebbe indebolirsi ulteriormente a causa della politica monetaria giapponese, più accomodante che altrove.
ANALISI MENSILE
Ad aprile sono proseguite le difficoltà per il debito dei mercati emergenti così come per gli asset rischiosi più in generale. L’invasione russa dell’Ucraina è proseguita, continuando a catalizzare l’attenzione sulle regioni orientali. A Washington si sono tenute le riunioni annuali di primavera del Fondo Monetario Internazionale (FMI), a cui i partecipanti hanno presenziato di persona per la prima volta dal 2019. Il tono generale è stato alquanto pessimistico: la crescita globale è stata rivista al ribasso per il 2022 e il 2023, mentre le previsioni di inflazione sono aumentate.2 Nel mese, i tre principali indici del debito emergente (debito societario in dollari statunitensi,3 debito sovrano in valuta locale,4 e debito sovrano in dollari statunitensi)5 hanno registrato rendimenti negativi.
PROSPETTIVE
Siamo ottimisti in relazione al debito emergente, poiché le valutazioni sembrano compensare più che adeguatamente gli investitori per il rischio assunto. Il conflitto russo-ucraino continua a occupare le prime pagine dei quotidiani e potrebbe continuare a farlo ancora a lungo. I fondamentali sono contrastanti, sebbene la svolta restrittiva della Fed susciti preoccupazioni, i mercati sembrano già scontare questo sviluppo in modo piuttosto aggressivo. Le dinamiche dell’inflazione e della crescita rimangono di importanza critica. L’analisi dei singoli paesi sarà essenziale per scovare le opportunità di valore, poiché ci aspettiamo che i mercati si concentreranno sulla differenziazione tra i vari paesi e titoli.
ANALISI MENSILE
Ad aprile gli spread creditizi si sono ampliati ancora una volta sotto l’effetto della protratta volatilità del mercato e dell’aggravarsi delle incertezze sul versante macro. Nel mese in esame, la scena è stata dominata dal conflitto russo-ucraino per la cui risoluzione non è stato fatto alcun progresso. I fattori tecnici dei mercati del credito hanno esibito una certa debolezza: la flessione dei prezzi dell’obbligazionario, causata dall’aumento dei rendimenti degli strumenti privi di rischio, ha infatti frenato la domanda. Ad aprile l’offerta è stata notevolmente inferiore.6
Nel mese, una particolare debolezza è stata registrata sul segmento high yield. Nel periodo, il rendimento medio è salito e lo spread medio è cresciuto in misura significativa, a fronte del forte rialzo dei rendimenti dei Treasury e della debolezza dei fattori tecnici. Le crescenti preoccupazioni sulle ricadute finali dell’aggressivo inasprimento delle condizioni monetarie e sulla possibilità di un “atterraggio duro” hanno indotto gli investitori a rivalutare l’esposizione ai segmenti del mercato high yield con il rating più basso. Nel mese, i settori con le migliori performance sono stati i trasporti, altre industrie e industria di base.7
Le obbligazioni convertibili globali hanno accusato la flessione più forte degli ultimi due anni risentendo dei timori suscitati dall’andamento dell’inflazione, dei tassi d’interesse e degli utili societari. Tuttavia, le obbligazioni convertibili hanno sovraperformato entrambe le loro componenti sottostanti. Il mercato di questa asset class ha attualmente prezzi molto più simili a quelli delle obbligazioni che a quelli delle azioni, in quanto molti titoli vengono scambiati al disotto del valore nominale, con un delta azionario inferiore e un rendimento a scadenza più elevato.8
PROSPETTIVE
Riteniamo probabile che gli spread si mantengano relativamente stabili. I mercati sono supportati da valutazioni più interessanti e da solidi risultati aziendali, ma rimangono vincolati dalle incertezze macroeconomiche e dall’indebolimento dei fattori tecnici, dovuti alla mancanza di domanda e al perdurare della volatilità del mercato. Per quanto riguarda il mercato high yield, che quest’anno ha registrato significative fasi di volatilità, manteniamo un orientamento prudente. Poco o nulla lascia sperare in una svolta significativamente favorevole per questo segmento nel breve termine.
ANALISI MENSILE
Aprile è stato un altro mese difficile per i mercati delle cartolarizzazioni. Nel mese, gli MBS di agenzia hanno sottoperformato ancora una volta. Gli spread degli MBS di agenzia a cedola corrente si sono ampliati poiché il mercato sta scontando la fine del quantitative easing (QE) e il probabile l’inizio del quantitative tightening (QT). Gli spread degli MBS di agenzia potrebbero ampliarsi ulteriormente, a fronte del progressivo rallentamento degli acquisti da parte della Fed e della possibile vendita di questi titoli da parte della banca centrale. Nel mese, gli spread degli RMBS non di agenzia statunitensi si sono notevolmente allargati in tutti i settori residenziali, poiché quasi tutte le classi di attivo rischiose si sono svalutate a fronte dei timori per l’inflazione, le politiche delle banca centrale e gli sviluppi geopolitici. Ad aprile, gli spread degli ABS statunitensi si sono ampliati, ma la performance dei fondamentali creditizi rimane robusta.
PROSPETTIVE
Riteniamo che il mercato delle cartolarizzazioni offra tuttora una combinazione unica di bassa duration, rendimenti interessanti e solidi fondamentali creditizi. Rimaniamo ottimisti nei confronti del credito cartolarizzato. Restiamo prudenti nei confronti degli MBS di agenzia e del rischio di tasso di interesse.