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L'effetto settembre. Una storia "vera"
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Global Fixed Income Bulletin
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settembre 30, 2023
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settembre 30, 2023
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L'effetto settembre. Una storia "vera" |
Settembre è stato un mese difficile per i mercati obbligazionari globali a fronte dell'aumento dei tassi, dell'ampliamento degli spread e del rafforzamento del dollaro. Il quadro della crescita globale è in peggioramento e la probabilità che si profili una recessione l'anno prossimo è aumentata in virtù dell'inasprimento delle condizioni finanziarie e dell'aumento dei rendimenti reali nonostante i miglioramenti conseguiti sul fronte dell'inflazione. Ciononostante, l'inflazione si è rivelata più ostinata di quanto precedentemente previsto, sia nei mercati sviluppati (MS) che in quelli emergenti (ME), costringendo le banche centrali a rivedere le loro aspettative riguardanti un futuro allentamento. Negli Stati Uniti, il FOMC ha deciso di mantenere invariato il tasso sui Fed Fund e di non operare multipli tagli dei tassi nel 2024 e 2025, causando un aumento sostanziale dei rendimenti sulla parte lunga della curva dei Treasury, provocando un irripidimento della curva dei rendimenti. Ad esempio, lo spread 2-10 anni dei Treasury USA (UST) negli Stati Uniti è aumentato di circa 30 punti base (pb) nel corso del mese. I tassi di altre economie sviluppate hanno seguito lo stesso percorso in virtù della prevalente narrativa di “tassi più alti più a lungo”, con i rendimenti in aumento e l’irripidirsi delle curve. I tassi dei mercati emergenti sono generalmente aumentati, più di ogni altro mese di quest’anno, a causa dell’impennata dei rendimenti nei mercati sviluppati, del continuo rincaro del prezzo del petrolio, dell’ulteriore deterioramento della crescita cinese e del rafforzamento del dollaro statunitense. Tutti e quattro i fattori stanno minando la tesi rialzista sul debito emergente. Nel corso del mese, il dollaro statunitense si è rafforzato del 2,5% rispetto a un paniere di altre valute grazie all'ulteriore miglioramento dell'andamento della crescita rispetto al resto del mondo e alla perdurante solidità dei consumi americani. Sul fronte del credito, gli Stati Uniti hanno ampiamente sottoperformato l'Area Euro. Alla sottoperformance hanno contribuito principalmente i titoli finanziari, ma anche l'high yield ha generato rendimenti negativi. Nel mese in esame, gli spread dei titoli cartolarizzati si sono generalmente ampliati.
Prospettive per il mercato obbligazionario
Dopo la modesta sottoperformance di agosto, a settembre i rendimenti obbligazionari hanno registrato forti aumenti in tutto il mondo. Davvero? Proprio così! È successo davvero ed è probabile che le cose rimangano così per un po’ – e sì, tutto è stato innescato da un sorprendente aumento dei rendimenti reali. È uno sviluppo positivo per gli investitori a lungo termine, ma potrebbe rappresentare un problema nel breve periodo. Di fatto, i rendimenti dei Treasury USA trentennali sono saliti di quasi 50 pb, con un aumento di circa 32 pb a causa della risalita dei rendimenti reali misurata dal rendimento dei Treasury USA a 30 anni indicizzati all’inflazione (TIPS). Inoltre, i rendimenti di diversi paesi emergenti hanno guadagnato più di 60 pb. È interessante notare che i titoli sovrani hanno pagato il prezzo più alto durante la correzione, mentre gli spread investment grade si sono a malapena mossi e solo i titoli high yield statunitensi e i titoli garantiti da ipoteche commerciali (CMBS) statunitensi hanno sottoperformato in modo significativo i titoli di Stato. Inoltre, è parso strano, almeno inizialmente, che i rendimenti dei titoli di Stato siano aumentati così tanto mentre l’indice azionario S&P 500 è calato di quasi il 5%.
Sebbene a settembre non si sia verificato un evento specifico responsabile dell’ondata di vendite, i dati riportati durante l’estate hanno pesato sui mercati. In maniera alquanto inusuale, le curve dei rendimenti si sono irripidite, ovvero i rendimenti a lungo termine sono aumentati più di quelli a breve e sono saliti nonostante l’assenza di sorprese negative sull’inflazione. In altre parole, i rendimenti reali e i premi a termine sono aumentati. Inoltre, l’inflazione è rimasta sotto controllo, quindi le preoccupazioni inflazionistiche non sono state la causa del forte ribasso. Riteniamo vi sia una ragionevole spiegazione alla volatilità di mercato: negli Stati Uniti la crescita economica ha accelerato per tutto l’anno, sorprendendo gli analisti; la posizione fiscale non è rosea, e ciò ha spinto sempre più Treasury sul mercato proprio quando la Fed è intenta a ridurre il proprio bilancio; la Fed è stata categorica sul fatto che la partita dell’inflazione non è ancora vinta, e quindi i mercati dovrebbero aspettarsi tassi invariati (nella riunione del FOMC di settembre la Fed ha eliminato diversi tagli dei tassi dalle sue previsioni per il 2024). In altre parole, i tassi verrebbero mantenuti più alti più a lungo; il posizionamento del mercato sembra essere sovraesposto al rischio di tasso d’interesse, rendendo le obbligazioni vulnerabili a notizie deludenti; infine, il colpo di grazia, per così dire, è che la curva dei rendimenti degli Stati Uniti si è fortemente invertita, rendendo le obbligazioni a più lunga scadenza meno attraenti di quelle a più breve scadenza. Il contante l’ha fatta da padrone! Sommando il tutto, si ottiene una buona narrazione complessiva del motivo per cui i rendimenti a lungo termine sono aumentati. È importante notare che, benché la velocità della correzione possa sembrare estrema, il punto di arrivo, ossia il rendimento del Treasury USA a 10 anni che chiude settembre al 4,57%, non lo è affatto.
Perché è importante? L’attrattiva delle obbligazioni dipende dal motivo per cui i rendimenti sono elevati. Se è perché sono i rendimenti reali ad essere elevati, allora è un bene, perché di solito rendimenti reali elevati portano a buone performance del mercato obbligazionario. È sicuramente ciò che in parte è successo a settembre. Ma anche il premio a termine sembra essere aumentato, e questo è un indice di rischiosità. Quindi, se il motivo principale per cui i rendimenti sono aumentati è la maggiore rischiosità, e se continuano a offrire rendimenti inferiori a quelli della liquidità, l’aumento dei rendimenti non è un motivo per avere aspettative rosee. Continuiamo a temere che l’aumento dei rendimenti reali/premi a termine possa continuare finché saremo in presenza di due eventi: in primo luogo, la curva dei rendimenti rimane invertita, rendendo meno attraenti le obbligazioni a più lunga scadenza; e, in secondo luogo, l’economia statunitense si raffredda. Un’economia in accelerazione non favorisce un calo dei rendimenti, anzi, di solito è associata a rendimenti più elevati.
La crescita economica al di fuori degli Stati Uniti è stata molto meno impressionante, con Europa e Cina che flirtano con condizioni recessive. Tuttavia, ciò non ha impedito ai rendimenti obbligazionari europei e dei paesi emergenti di aumentare (i rendimenti cinesi sono rimasti praticamente immobili). Se la crescita al di fuori degli Stati Uniti non fosse stata così debole, i rendimenti statunitensi sarebbero probabilmente saliti ancora di più. Sebbene i mercati obbligazionari non statunitensi abbiano generalmente sovraperformato i Treasury americani, i rendimenti assoluti sono stati spinti al rialzo dalla sorprendente forza dell’economia statunitense e dall’ostinazione della Fed nel combattere l’inflazione con tassi elevati. Pertanto, benché la maggior parte delle banche centrali abbia probabilmente smesso di aumentare i tassi, non abbiamo ancora chiuso con l’era dei tassi elevati, il cui mantenimento rimane fondamentale per vincere la guerra contro l’inflazione. Sebbene le valutazioni siano notevolmente migliorate, non siamo ancora pronti a dichiarare che hanno raggiunto il picco e rimaniamo cauti nel posizionare i tassi di interesse nei nostri portafogli. Anche se i fondamentali della crescita sono peggiori al di fuori degli Stati Uniti (ad eccezione, ironia della sorte, del Giappone), non riteniamo che i titoli di Stato dei mercati sviluppati non statunitensi siano molto più interessanti dei Treasury statunitensi. È ragionevole pensare che le dinamiche di crescita stiano per toccare il fondo in Europa e in Asia e che si risolleveranno l’anno prossimo proprio quando l’impennata dei rendimenti reali rallenterà l’economia statunitense. Pertanto, siamo abbastanza neutrali sui mercati governativi sviluppati in termini relativi.
Riteniamo interessanti alcuni mercati obbligazionari emergenti, ma tale attrattiva è stata messa in ombra dalla forza dell’economia statunitense, dall’orientamento restrittivo della Fed e dai rialzi dei rendimenti. Selettività rimane la parola d’ordine ed è necessario avere pazienza per cogliere i frutti di molti di questi mercati a fronte della sovraperformance economica e valutaria degli Stati Uniti.
Una potenziale vittima dell’aumento dei rendimenti, dell’ampliamento degli spread creditizi e del calo dei prezzi delle azioni è l’economia, in particolare quella statunitense. Fino a settembre, la probabilità di un “atterraggio morbido” era cresciuta di pari passo con le maggiori probabilità di un calo dell’inflazione, di una stabilizzazione della disoccupazione e di una crescita ragionevole. Tuttavia, la salita dei rendimenti dovuta alle crescenti aspettative che la Fed non abbasserà i tassi nella misura e nei tempi brevi previsti, con un conseguente aumento significativo dei tassi d’interesse reali, fa crescere la possibilità di un atterraggio duro e persino di una recessione. Sebbene sia troppo presto per decretare che questo scenario è il più probabile, alla luce delle attuali conoscenze sull’attività economica, i mercati del credito e quelli azionari hanno dovuto soppesare questa maggiore probabilità, facendo registrare performance negative. Siamo inoltre preoccupati per la capacità degli asset a più alto rischio di sovraperformare in un’epoca di curve dei rendimenti invertite e tassi sulla liquidità elevati. I solidi fondamentali cui abbiamo assistito fino ad oggi (bassi tassi di insolvenza, più miglioramenti dei rating che declassamenti, ecc.) potrebbero facilmente cominciare a peggiorare nei mesi a venire. Pertanto, rimaniamo cauti nell’adottare una posizione anche di poco superiore a un modesto sovrappeso nelle obbligazioni di qualità inferiore. La selettività rimarrà di importanza cruciale. Evitare insolvenze e fallimenti sarà il segreto del successo quando i tassi più elevati e i rischi di finanziamento inizieranno a ripercuotersi sulla performance e sulle prospettive delle aziende. I rendimenti elevati disponibili contribuiranno a smorzare la sottoperformance in caso di deterioramento dei fondamentali. Come sempre, caveat emptor!
Continuiamo a preferire le emissioni cartolarizzate a breve scadenza – titoli garantiti da ipoteche residenziali (RMBS), titoli garantiti da collaterale (ABS), alcune CMBS – che offrono le migliori opportunità in ambito obbligazionario. Tuttavia, le prospettive sono leggermente peggiorate in quanto i bilanci delle famiglie statunitensi stanno subendo maggiori pressioni e i risparmi in eccesso si stanno esaurendo. Cerchiamo di approfittare dei maggiori rendimenti offerti da emittenti di qualità superiore per conseguire i nostri obiettivi di redditività anziché avventurarci nello spettro rischio/rating. Nell’ambito del credito cartolarizzato, privilegiamo i mutui residenziali non di agenzia, malgrado la difficile accessibilità alle abitazioni. Per quanto possa sembrare strano, è possibile che il settore dell’edilizia residenziale negli Stati Uniti abbia raggiunto il punto di svolta e che i prezzi stiano riprendendo a salire.
Le recenti buone notizie dal fronte economico statunitense e l’impennata dei rendimenti hanno contribuito a rafforzare il dollaro. Sebbene il biglietto verde appaia vulnerabile nel medio termine, al momento le altre valute dei mercati sviluppati non offrono vantaggi degni di nota. Le dinamiche di crescita negative in Europa e Cina stanno minando l’attrattiva delle valute di queste regioni e quelle di altri mercati emergenti. La valuta più sottovalutata in assoluto rimane ancora lo yen giapponese, ma vista la lentezza intrinseca della politica monetaria nipponica e i costi di copertura ancora straordinariamente elevati sarà difficile che possa mettere a segno un rialzo sino a che i tassi d’interesse locali non avranno iniziato a salire o quelli statunitensi a scendere. Per quanto riguarda il dollaro, siamo passati a un posizionamento neutrale sia rispetto alle valute dei mercati sviluppati che emergenti, in quanto la differenza tra le performance economiche di Stati Uniti e Cina compromette la capacità delle valute dei paesi emergenti di rafforzarsi. Analogamente, abbiamo rivisto al ribasso le nostre stime ed esposizioni sui tassi locali dei mercati emergenti. A più lungo termine, molti mercati obbligazionari emergenti si presentano interessanti, ma per il momento la morsa di una crescita statunitense più forte, di una crescita cinese più debole e di un dollaro statunitense in rialzo ne compromette la tesi di investimento.
Tassi d’Interesse/Tassi di Cambio dei Mercati Sviluppati
Analisi mensile
A settembre, i tassi dei mercati sviluppati si sono mossi fortemente al rialzo sulla scia della tenuta dell'economia evidenziata dai dati e dal premio a termine che sembra essere aumentato. I rendimenti del segmento a breve termine sono aumentati, ma in misura inferiore rispetto a quelli a lungo termine, poiché le attese in materia di politica monetaria rimangono relativamente coerenti a fronte dell'approssimarsi della conclusione del ciclo di rialzi. Di conseguenza, confermando la dinamica di agosto, le curve dei rendimenti hanno mostrato un irripidimento (la curva USA a 2 e 10 anni è salita di 28 pb), anche se nella porzione a breve si sono irripidite in maniera piuttosto insolita dal momento che l'attenzione era concentrata sulle vendite a lungo termine. Negli Stati Uniti, il rendimento a 10 anni è salito di 46 pb e la Fed ha ribadito un orientamento restrittivo compatibile con uno scenario di “tassi più alti più a lungo”. Le mediane del dot-plot della Fed per i tassi ufficiali 2024 sono state alzate di 50 pb al 5,1%, dal 4,6%, il che implica la segnalazione di un taglio di soli 50 pb rispetto ai 100 pb previsti in precedenza. Anche i rendimenti dell'Eurozona sono aumentati, con la Banca Centrale Europea (BCE) che ha operato un rialzo a sorpresa di 25 pb, mentre gli operatori prevedevano una pausa. La Banca d'Inghilterra ha mantenuto i tassi invariati, pur preservando toni restrittivi, cogliendo di sorpresa i mercati che si aspettavano un rialzo. Anche la Banca Nazionale Saudita ha lasciato i tassi invariati contrariamente alle aspettative di un rialzo. La Reserve Bank of Australia, la Bank of Canada, la Riksbank, la Norges Bank e la Banca del Giappone hanno mantenuto i tassi di riferimento invariati, in linea con le attese.1
Prospettive
Il tema chiave che ha trainato i mercati a settembre è stata la forte correzione nel segmento con le scadenze più lunghe della curva dei rendimenti. Sebbene il movimento sia stato attribuito a molti fattori, l’economia statunitense ancora resiliente e l’aumento del premio a termine ne spiegano probabilmente la maggior parte. Sul fronte dei premi a termine, il modello ACM della Fed di New York per i Treasury USA a 10 anni ha segnato un rialzo da -51 pb alla fine di agosto a +16 pb entro la fine di settembre. In prospettiva, nonostante la forte correzione rilevata, non è chiaro se il grosso dell’ondata di vendite sia ormai alle nostre spalle La curva è ancora invertita e il premio a termine, pur essendo elevato rispetto ai livelli negativi dell’ultimo decennio, è ancora ben al di sotto dei livelli del +1-3% riscontrati prima del periodo post-crisi finanziaria globale. Allo stesso tempo, l'aumento dei rendimenti dovrebbe tradursi in un inasprimento delle condizioni finanziarie, esercitando ulteriori pressioni sull’economia. Data l’incertezza, è difficile prendere una posizione netta sui tassi d’interesse; tuttavia, continuiamo a ritenere interessanti gli steepener in alcune parti della curva, in quanto potrebbero continuare a beneficiare di ulteriori aumenti del premio a termine e/o di un più tipico irripidimento, ossia di matrice rialzista (“bull steepening”) qualora la Fed dovesse fare dietrofront dinanzi a un indebolimento dell’economia. Sul fronte valutario, nel mese di settembre il dollaro statunitense si è ulteriormente apprezzato e l'economia statunitense ha mostrato una maggiore tenuta rispetto al rallentamento della crescita globale. Per il momento siamo relativamente neutrali sul dollaro USA, preferendo concentrarci su altre opportunità interessanti.
Tassi d’Interesse/Tassi di Cambio dei Mercati Emergenti
Analisi mensile
Nel mese, è proseguita l’ondata di vendite che ha colpito i mercati del debito dei mercati emergenti (EMD) in tutti i segmenti di questa classe di attivo. Il rafforzamento del dollaro statunitense, l’aumento dei rendimenti statunitensi e l'orientamento più restrittivo della Fed statunitense hanno pesato sulla classe di attivo. L’inflazione continua a diminuire nei mercati emergenti e alcune banche centrali di questi paesi hanno tagliato i tassi, tra cui Cile, Uruguay e Polonia. La Banca Centrale Turca ha aumentato massicciamente i tassi per attuare le nuove politiche, più ortodosse. Gli spread sovrani si sono ampliati, mentre quelli societari si sono compressi su base mensile. I prezzi delle materie prime sono aumentati e quelli del petrolio hanno recuperato terreno dopo il taglio alla produzione deciso dall'OPEC. I deflussi sono proseguiti sia per i fondi in valuta forte che per quelli in valuta locale portando i flussi da inizio anno ad oggi rispettivamente a USD -14,2 miliardi e USD -3,2 miliardi.2
Prospettive
In prospettiva, riteniamo che rimangano sacche di valore e investimenti interessanti per il debito emergente, ma per scoprire tale valore sarà fondamentale l’analisi geografica e del credito. Questo è particolarmente importante poiché la retorica dei “tassi più alti più a lungo” della Fed statunitense continuerà a influenzare negativamente lo scenario macro per l’asset class del debito emergente.
Credito societario
Analisi mensile
Nel mese, gli spread del segmento investment grade (IG) dell'Eurozona hanno sovraperformato quelli dell’IG statunitense per effetto del marginale restringimento degli spread determinato da tre fattori principali. In primo luogo, i commenti delle banche centrali hanno segnalato che i tassi resteranno più alti più a lungo. In secondo luogo, i dati economici fondamentali non hanno cambiato una narrazione fatta di solidità del mercato del lavoro e di un’inflazione in calo ma ancora al di sopra dell'obiettivo e potenzialmente ostinata, e gli indicatori prospettici (PMI/IFO) segnalano ancora debolezza. Infine, la domanda di obbligazioni di alta qualità è aumentata a fronte del rialzo dei rendimenti, a sostegno della tesi di un contesto tecnico positivo per le emissioni IG.3
I mercati high yield statunitensi e globali hanno avuto un mese debole. Il trimestre ha chiuso in tono più dimesso a fronte del brusco rialzo dei tassi globali sulla scia della retorica restrittiva delle banche centrali. A settembre, il quadro tecnico dell’high yield si è ammorbidito in misura modesta, a fronte di un aumento delle emissioni e di moderati deflussi post-Labor Day. I segmenti di qualità inferiore del mercato in generale hanno sovraperformato su base mensile, pur avendo sottoperformato nella seconda metà di settembre.4
A settembre, le obbligazioni convertibili globali hanno accusato una flessione al pari di altre classi di attivi rischiosi per il secondo mese consecutivo. Nel mese, sia l’azionario globale (MSCI -4,27%) sia dell’obbligazionario globale (Bloomberg Global Aggregate Credit -2,72%) hanno perso terreno mentre l’indice Refinitiv Global Convertibles Focus ha registrato un andamento lievemente migliore, con una flessione di appena il 2,04%. I titoli convertibili hanno registrato la migliore tenuta in Europa, mentre hanno accusato un calo maggiore negli Stati Uniti e in Asia. Nessun settore è rimasto immune: tutti hanno perso terreno a settembre, ma il livello dell'offerta è rimasto positivo con il collocamento di nuovi titoli per USD 9,2 miliardi nel periodo, il secondo miglior mese da inizio anno.5
Prospettive
Guardando al futuro, il nostro scenario di base rimane invariato e le obbligazioni dovrebbero scambiare in un intervallo ristretto rispetto ai livelli attuali (dopo l’ampliamento dai minimi estivi a fine luglio), rendendo il carry un’interessante opportunità di rendimento. Prevediamo un rallentamento dell’offerta nel quarto trimestre in virtù dell’anticipo dei collocamenti dovuto alle preoccupazioni per l’economia nella seconda metà dell’anno (anche se esiste il rischio di esigenze di prefinanziamento dell’offerta 2024, dato che l’inversione della curva dei rendimenti rende poco costoso il mantenimento di liquidità per le imprese). Infine, monitoriamo con attenzione svariati fattori che potrebbero cambiare il quadro della situazione: i dati sugli utili societari del terzo trimestre, il potenziale sostegno della politica economica in Cina e l’aumento dei prezzi dell’energia.
Il mercato high yield ha chiuso il terzo trimestre con un rendimento storicamente appetibile; tuttavia, manteniamo un orientamento abbastanza prudente circa le nostre prospettive e posizionamento. La necessità di cautela è motivata dai catalizzatori prevalenti, tra cui le politiche monetarie restrittive, i fattori congiunturali sfavorevoli cui vanno incontro i consumi statunitensi e il segmento degli emittenti high yield, nonché le valutazioni che scambiano in un intervallo in linea con le medie storiche. Rimaniamo ottimisti per questa classe di attivo in quanto i prezzi di mercato si attestano intorno al “fair value”, sotto la pari, e possono essere acquistati con valori di volatilità ridotti.
Prodotti cartolarizzati
Analisi mensile
Gli spread dei titoli cartolarizzati hanno evidenziato dinamiche contrastanti a settembre e gli spread dei titoli CMBS sono stati più ampi rispetto a quelli di altri settori del credito cartolarizzato. Nel mese, gli spread degli ABS statunitensi sono rimasti sostanzialmente invariati nel segmento orientato ai consumatori, ma in quello orientato alle aziende hanno continuato a comprimersi. A settembre, gli spread dei titoli cartolarizzati europei si sono ridotti e l'attività del mercato è aumentata, prevalentemente negli RMBS e ABS, e l'offerta continua a essere soddisfatta da una forte domanda. Nel mese, gli spread degli MBS di agenzia hanno continuato ad ampliarsi in quanto la Fed e le banche americane continuano a ridurre le proprie posizioni negli MBS di agenzia statunitensi. Gli spread degli MBS di agenzia a cedola corrente si sono allargati di 8 pb a quota +177 pb rispetto ai Treasury USA con duration analoga. Gli spread correnti degli MBS a cedola presentano ora un aumento di 34 pb da inizio anno ad oggi, contrariamente allo spread medio dell'indice dei titoli societari IG statunitensi che è in calo di 10 pb da inizio anno ad oggi.6
Prospettive
Riteniamo che la retorica dei “tassi più alti più a lungo” continuerà a erodere i bilanci delle famiglie, mettendo sotto pressione gli ABS dei beni di consumo e creando ulteriore tensione per le società immobiliari del ramo commerciale. Le opportunità nel settore dei titoli garantiti da ipoteche residenziali a nostro avviso sono più interessanti considerato che gran parte dei mutuatari ha stipulato mutui a tasso fisso a 30 anni a tassi ipotecari sostanzialmente più bassi e che l'apprezzamento delle abitazioni negli ultimi anni ha fatto notevolmente aumentare il capitale dei proprietari di case. Valutiamo positivamente gli MBS di agenzia a questi ampi livelli di spread e stiamo scegliendo titoli di qualità aggiungendo nei nostri portafogli prodotti con rating più elevato e MBS di agenzia garantiti da governi.
I rendimenti dei titoli cartolarizzati restano su livelli storicamente elevati e riteniamo che questi ampi spread offrano una remunerazione più che sufficiente per gli attuali rischi di mercato. Le condizioni dei fondamentali del credito restano stabili malgrado i rischi di recessione, sebbene i tassi di morosità in molte classi di attivo siano in lento aumento. Nel complesso, questi tassi sono ancora bassi in termini storici e riteniamo che morosità e insolvenze resteranno su livelli non preoccupanti per gran parte delle tipologie di titoli. Il nostro settore preferito rimane quello del credito ipotecario residenziale. I prezzi delle case si sono dimostrati estremamente resilienti a fronte dei ribassi, nonostante l’aumento dei tassi ipotecari, con un calo dell’1% soltanto rispetto al picco registrato nel giugno del 2023. Nel credito residenziale statunitense, continuiamo a favorire in particolare i mutui di più lungo corso (accesi nel 2020 o prima) dato il notevole apprezzamento delle abitazioni negli ultimi anni e la possibilità di un calo dei prezzi degli immobili residenziali in futuro. Rimaniamo più prudenti nei confronti degli immobili commerciali, in particolare per gli uffici, che continuano a risentire negativamente degli sviluppi post-pandemici. A settembre abbiamo leggermente ridotto le nostre posizioni in prodotti cartolarizzati europei e abbiamo significativamente tagliato le nostre partecipazioni in Europa nel corso dell’ultimo anno.