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Il ritorno del reddito nell’obbligazionario
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Global Fixed Income Bulletin
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ottobre 27, 2022
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ottobre 27, 2022
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Il ritorno del reddito nell’obbligazionario |
A settembre, il mercato obbligazionario ha continuato a perdere terreno, e ciò avrebbe avuto delle conseguenze peggiori se non vi fosse stato il forte recupero degli ultimi tre giorni del mese. Le problematiche relative al mercato obbligazionario sono state causate da una serie di fattori: i dati sull’occupazione statunitense superiore alle aspettative, un livello di inflazione peggiore del previsto, il significativo aumento dei tassi terminali da parte della Federal Reserve (Fed) statunitense. Questi fattori sono stati accentuati dall’ormai tristemente noto tracollo del mercato obbligazionario del Regno Unito nella seconda metà del mese. I rendimenti dei titoli sovrani e gli spread creditizi hanno messo a segno un brillante rialzo a settembre. I mercati del credito sono stati chiaramente colpiti dall’aumento dei tassi, dalle turbolenze nel Regno Unito e, forse il fattore più importante, dalla crescente probabilità di una recessione o di un atterraggio duro. Inoltre, non sorprende il fatto che il dollaro USA abbia guadagnato forza, apprezzandosi rispetto a quasi tutte le valute del mondo. Questa è la brutta notizia.
La buona notizia è che i rendimenti dell’universo obbligazionario hanno raggiunto livelli che dovrebbero fornire un discreto margine di protezione a fronte di ulteriori rialzi dei tassi. Ad esempio, il rendimento dei titoli di debito investment grade a 10 anni di alta qualità ora è pari al 6% circa. Anche se i tassi/spread dovessero aumentare di altri 50-75 punti base (pb), i rendimenti totali a 12 mesi dovrebbero essere positivi, uno dei maggiori cambiamenti dall’inizio dell’anno. Infine, a nostro avviso, l’economia accuserà una flessione, le pressioni inflazionistiche miglioreranno e i rendimenti dei titoli di Stato diminuiranno, attutendo ulteriormente l’impatto di spread potenzialmente più ampi.
Nel mese di settembre, il comparto obbligazionario ha avuto un andamento generalmente negativo. Nonostante il mercato del lavoro statunitense non abbia mostrato segnali di indebolimento imminenti, per quanto riguarda l’inflazione statunitense, l’indice strutturale dei prezzi al consumo è passato da una variazione su base mensile dello 0,3% a una dello 0,6%. Anche le notizie provenienti dall’Europa e da altri paesi sono state deludenti sul fronte dell’inflazione. È probabile, a nostro avviso, che l’inflazione dell’Eurozona rimanga a due cifre quanto meno nel 2023. Inoltre, dato il rallentamento delle politiche fiscali, i venti contrari alla politica monetaria potrebbero acquistare forza considerato l’ulteriore sostegno fiscale alle famiglie e alle imprese. Apparentemente nessuna delle economie avanzate si mostra ottimista sulla possibilità che le banche centrali abbiano concluso il ciclo di rialzi dei tassi. Persino in Australia, dove la banca centrale ha sorpreso i mercati con un aumento dei tassi di “soli” 25 pb anziché dei 50 pb previsti, la stretta monetaria prevista è rimasta invariata.
I dati sull’inflazione hanno avuto un impatto particolarmente forte sui rendimenti reali. A settembre, il rendimento reale dei titoli decennali statunitensi è aumentato di quasi 100 pb, un livello raramente raggiunto in un solo mese. Ciò ha implicato un ridimensionamento delle aspettative inflazionistiche nel corso del mese (i rendimenti nominali a 10 anni non sono aumentati della stessa misura e di conseguenza i differenziali dei titoli decennali indicizzati all’inflazione sono scesi). Questo lascia supporre che la Fed abbia riacquistato credibilità riguardo alla lotta all’inflazione. In altre parole, il mercato è sempre più certo dell’intenzione della Fed di innalzare i tassi a “qualsiasi livello sia necessario” per riportare l’inflazione al livello obiettivo (2% circa). Ciò implica inoltre una maggiore probabilità di recessione nel 2023 o un lungo periodo di crescita al di sotto della media, conseguenze che in genere tendono a spingere verso un significativo calo dell’inflazione.
I mercati sono stati ulteriormente messi a dura prova dalle vicende nel Regno Unito. Un’ondata di vendite senza precedenti, la prima delle quali relativa ai titoli di Stato britannici a lunga scadenza e successivamente alle altre obbligazioni denominate in euro e in dollari statunitensi, ha portato a brusche oscillazioni nei rendimenti dei titoli di Stato britannici e a un significativo deterioramento dei prezzi delle obbligazioni societarie e cartolarizzate. Ad esempio, nel corso del mese il rendimento dei titoli di Stato britannici trentennali è regolarmente salito fino al 27-28 settembre, per poi aumentare improvvisamente di 94 pb, e successivamente scendere di 105 pb il 28 settembre dopo che la Banca d’Inghilterra (BoE) ha annunciato l’intenzione di acquistare Gilt a lunga scadenza per miliardi di sterline al fine di garantire la stabilità finanziaria. Sebbene ciò abbia stabilizzato il mercato, poco dopo al 7 ottobre, i rendimenti dei Gilt trentennali sono risaliti di 46 pb. Il mercato dei Gilt indicizzati all’inflazione, mercato di grandi dimensioni a cui principalmente fanno riferimento compagnie assicurative e fondi pensione britannici, ha registrato una volatilità addirittura peggiore. Questo episodio è stato il primo esempio di interruzione del ciclo di rialzo dei tassi del 2022. Sembra che il fattore scatenante sia stata la leva finanziaria, come avviene solitamente durante le crisi finanziarie. Resta da vedere se vi sono o meno altri scheletri nascosti negli armadi degli investitori.
Prospettive per il mercato obbligazionario
La principale conclusione degli eventi e dei movimenti di mercato di settembre è che è ancora presto per parlare di svolte delle banche centrali e di un rallentamento dell’inflazione. Sembra che i rialzi dei tassi, così come attualmente previsti dalle principali banche centrali, consisteranno nel livello minimo che possiamo aspettarci alla luce dell’ostinata inflazione e della solidità dei mercati del lavoro. Gli Stati Uniti, malgrado il notevole rallentamento economico di quest’anno, continuano a registrare un marcato squilibrio tra domanda aggregata e offerta, non solo nel mercato del lavoro, ma nell’economia in generale. Sebbene gli USA non stiano sperimentando lo shock energetico che caratterizza l’Europa, l’andamento dei salari e delle assunzioni statunitensi (sia effettivo che previsto) sembra trovarsi ad un livello molto elevato, il che ha comportato revisioni al rialzo da parte della Fed sul fronte dei tassi e sulle previsioni di rialzo per la restante parte dell’anno. La banca centrale statunitense ha inoltre previsto la possibilità di ulteriori misure di contenimento qualora le attuali risultassero insufficienti. Dato che l’inflazione rimane ostinatamente elevata, le condizioni finanziarie (ossia tassi, rendimenti a più lunga scadenza e spread creditizi) devono mantenersi elevati per un periodo di tempo sufficiente a frenare l’inflazione. Ciò eviterà eventuali rally prolungati sia dei tassi che degli spread. I rally che abbiamo osservato a luglio e negli ultimi giorni di settembre si sono rivelati effimeri in quanto la svolta prevista dalla Fed non si è mai materializzata.
Naturalmente, man mano che la Fed aumenta in un certo senso “la posta in gioco”, cresce la probabilità di attuazione di una politica monetaria più restrittiva del previsto, con il conseguente rischio di un rallentamento economico o di un “incidente” finanziario. La volatilità registrata nel Regno Unito nelle ultime settimane ha indotto gli investitori a riordinare le proprie posizioni finanziarie per poter far fronte a tassi più elevati. Come solitamente accade, le tensioni nel sistema e il circolo vizioso venutosi a creare nell’economia, sono dovuti alla leva finanziaria. Il problema del mercato obbligazionario britannico non è stata infatti la solvibilità, ma la leva finanziaria. Si è trattato di un indebitamento volto ad aumentare i rendimenti. Chi di spada ferisce, di spada perisce. È difficile capire quale sia l’entità della leva finanziaria del settore privato in un contesto economico globale, tuttavia il grado di dispersione della performance dipenderà probabilmente in maniera critica da chi ha il modello di investimento o di business più o meno indebitato. A tal proposito la Fed è stata chiara: occorre mettere ordine nei propri bilanci/portafogli d’investimento per prepararsi ad affrontare un rallentamento economico e un aumento dei tassi per un periodo prolungato.
Nel corso degli ultimi 25 anni, quando sono emersi i problemi, le banche centrali, in particolare la Fed (la principale banca centrale del mondo), hanno predisposto un’opzione che i mercati potrebbero esercitare qualora la situazione diventasse molto complessa. Nel caso in cui i rialzi dei tassi dovessero provocare conseguenze irreparabili, l’andamento verrebbe rapidamente invertito. Tuttavia, la situazione oggi è opposta a quella sopra delineata. L’inflazione è a livelli eccessivi. La domanda è troppo elevata. L’offerta è troppo limitata. I tassi di disoccupazione sono troppo bassi. Senza annunciarlo in modo esplicito, le banche centrali accoglierebbero favorevolmente un tasso di disoccupazione più elevato se contribuisse a ridurre l’inflazione. Ciò significa che, a meno che non si verifichi un cambiamento radicale nella situazione economica/del mercato del lavoro, i miglioramenti moderati sul fronte delle offerte di lavoro, delle assunzioni, e persino dell’inflazione, non spingeranno la Fed a cambiare direzione. In aggiunta, i miglioramenti dovranno persistere per molti mesi.
Quali sono le implicazioni per i mercati obbligazionari? Le obbligazioni europee continuano a risentire dei tassi d’inflazione più alti del contesto globale. Solitamente pensiamo all’Europa come l’emblema di un’area caratterizzata da bassa inflazione e stagnazione secolare. Attualmente stiamo vivendo il fenomeno della stagflazione. Il comparto obbligazionario, a nostro avviso, continuerà a risentire dei tentativi della Banca centrale europea (BCE) e ad aumentare i tassi per frenare l’inflazione, pur riconoscendo che una quota significativa dell’inflazione, tra il 40-50%, è dovuta a fattori esogeni, come l’energia, che non è in grado di controllare. Ciò che la Banca Centrale Europea deve assolutamente evitare è la creazione di una spirale inflazionistica che diventi parte integrante del sistema economico, anche se ad un livello significativamente più basso rispetto a quello odierno. La buona notizia è che i mercati obbligazionari hanno coscienza di questo aspetto e inglobano nei prezzi i significativi aumenti dei tassi d’interesse, così come gli spread creditizi. Sfortunatamente, è troppo presto per dichiarare cessato l’allarme. È probabile che i livelli di rischio siano tuttora orientati verso un maggiore rialzo dei tassi d’interesse, anche a scapito di un ulteriore rallentamento dell’economia.
L’economia statunitense sembra essere una delle più resistenti tra le economie avanzate. Si tratta di notizie sia buone che cattive. Ciò significa che i mercati creditizi statunitensi rimangono solidi fondamentalmente nel settore societario. Tuttavia, ciò significa che la solidità dei bilanci e la capacità di generare reddito del settore privato renderanno più difficile per la Fed rallentare l’economia. Sebbene sia ancora possibile, il conseguimento di un atterraggio morbido risulta sempre più difficile. E’ difficile impedire che i rendimenti dei titoli decennali statunitensi superino la quota del 4% da qui a fine anno. Infine, sebbene le obbligazioni siano indubbiamente più appetibili di quanto non lo fossero a luglio, temiamo ulteriori difficoltà in vista e riteniamo che gli investitori debbano essere pazienti nel rafforzare l’esposizione ai tassi d’interesse e al rischio di credito dei portafogli. Gran parte dei mercati emergenti, benché a buon punto nel percorso di rialzo dei tassi, continua a risentire dell’elevata inflazione e di ulteriori rialzi dei tassi.
Tassi d’interesse/tassi di cambio dei mercati sviluppati
ANALISI MENSILE
Nel mese di settembre l’andamento dei tassi dei mercati sviluppati ha tenuto i mercati col fiato sospeso. I tassi sono aumentati vertiginosamente e la volatilità ha toccato i massimi storici. Il mercato obbligazionario britannico ha risentito di forti turbolenze dopo l’annuncio dei tagli alle imposte e la successiva implosione dei fondi pensione, che ha causato ripercussioni su tutti i mercati globali. In generale, le banche centrali di tutto il mondo hanno ribadito che la lotta all’inflazione è ora il loro unico obiettivo, anche a costo di sacrificare la crescita. Come conseguenza i rendimenti, e in particolare quelli reali, sono aumentati.1
PROSPETTIVE
Il progressivo inasprimento della politica monetaria rende sempre più improbabile la prospettiva di un “atterraggio morbido”. Il perdurante clima di incertezza farà si che i tassi rimangano elevati per un periodo prolungato e che la volatilità si mantenga elevata in tutti mercati. Per quanto concerne le valute estere, è probabile che il dollaro statunitense continui a beneficiare della svolta restrittiva della Fed e dei crescenti timori per la crescita globale, un contesto a nostro avviso destinato a durare anche in futuro.
Tassi d’interesse/tassi di cambio dei mercati emergenti
ANALISI MENSILE
Nel mese di settembre il debito dei mercati emergenti (EMD) ha subito un’inversione di tendenza dopo il rialzo segnato tra metà luglio e metà agosto. L'indice delle obbligazioni societarie dell'universo emergente ha ancora una volta sovraperformato il resto del mercato. L’aumento dei rendimenti dei Treasury USA ha penalizzato direttamente entrambi gli indici in valuta forte, dati i loro profili di posizionamento relativamente lungo sulla duration statunitense.2
PROSPETTIVE
Il contesto macro resta piuttosto complesso, con politiche monetarie restrittive adottate da gran parte delle banche centrali, rallentamento della crescita globale, apprezzamento del dollaro USA, allentamento della Cina e guerra russo-ucraina in corso. Ci attendiamo che il sentiment di mercato continuerà a dipendere dagli eventi macroeconomici. Le valutazioni dell’universo del debito emergente sembrano scontare questi rischi in misura maggiore rispetto a molte altre aree dei mercati dei capitali globali. Seguiremo con particolare attenzione i risultati del 20° Congresso del Partito comunista cinese e ci aspettiamo che il Presidente Xi mantenga il suo ruolo di autorità suprema. Ci attendiamo che i mercati si focalizzeranno sulla differenziazione tra i vari paesi e sui titoli di credito.
Credito societario
ANALISI MENSILE
Le obbligazioni societarie IG statunitensi hanno sovraperformato le omologhe europee. In linea generale i titoli finanziari hanno sottoperformato i non finanziari, il segmento BBB ha sottoperformato le fasce di rating più alte e l’ampliamento degli spred dei titoli a breve scadenza è stato maggiore rispetto a quelli di lunga scadenza. Nel mese, i fattori di sostegno del mercato hanno continuato ad essere di tipo macro, data la risposta dei mercati agli interventi e alle indicazioni prospettiche delle banche centrali dovute alla elevata inflazione.3
Le condizioni del segmento high yield hanno continuato a peggiorare, a fronte dell'intensificarsi delle preoccupazioni sulla direzione futura della politica monetaria. I volumi di scambio sono rimasti relativamente esigui e gli investitori hanno mostrato una tendenza verso la qualità a fronte dei continui timori economici. I segmenti del mercato high yield di alta qualità hanno generalmente sovraperformato. Nel mese, i settori che hanno registrato le performance più positive sono stati quelli dei trasporti, dell’energia e delle utility elettriche.4
A settembre, i titoli convertibili globali hanno perso quota insieme alle altre classi di rischio. L’indice Refinitiv Global Convertibles Focus ha chiuso il mese in territorio negativo pur sovraperformando l’indice MSCI Global Equities e l’indice Bloomberg Global Credit. I titoli convertibili hanno mostrato una buona convessità nell’ultimo trimestre in quanto le obbligazioni hanno raggiunto il loro “bond floor” e manifestato una maggiore stabilità al ribasso.5
A settembre, il mercato dei prestiti societari senior a tasso variabile ha mantenuto la propria posizione di leadership rispetto al contesto volatile dei mercati del capitale, sovraperformando il mercato azionario e obbligazionario. Tuttavia, i prestiti non sono rimasti illesi dal pessimismo di settembre in termini di fiducia degli investitori e del riposizionamento verso titoli di più alta qualità.6
PROSPETTIVE
Le valutazioni di mercato scontano prospettive di declassamento e insolvenze estremamente negative per le obbligazioni societarie. Riteniamo che i fondamentali societari siano solidi, in quanto negli ultimi trimestri le imprese hanno accumulato riserve liquide attraverso le misure di riduzione dei costi introdotte durante la pandemia. Ci attendiamo una contrazione dei margini e una pressione sui ricavi tuttavia, dato il livello di partenza, crediamo che le società riusciranno a superare la crisi senza eccessivi declassamenti o insolvenze (nello scenario di riferimento di insolvenze limitate e recessione moderata).
Ad oggi, ed in particolare all'inizio dell'ultimo trimestre dell'anno, manteniamo una certa prudenza nei confronti del mercato high yield statunitense. I fondamentali societari dovrebbero iniziare a peggiorare in un contesto di rallentamento della crescita globale.
L’attuale livello di insolvenza e di sofferenza del mercato resta moderato sebbene stia aumentando. Sarà quindi importante rivalutare gli emittenti e ribilanciare i portafogli alla luce dei potenziali rischi futuri e, al contempo, ridefinire un posizionamento mirato a una solida performance lungo il ciclo del credito. A nostro avviso, un’attenta gestione del rischio di credito rappresenta il miglior modo per destreggiarsi in questo mercato.
Prodotti cartolarizzati
ANALISI MENSILE
Settembre è stato un altro mese difficile poiché i tassi di interesse hanno subito un ulteriore impennata e sia i differenziali degli MBS di agenzia che quelli del credito cartolarizzato si sono ulteriormente ampliati. I portafogli cartolarizzati hanno sovraperformato gran parte degli altri settori grazie alla minore duration che ha ridotto gli impatti di tipo mark-to-market e grazie al carry dei flussi di cassa più elevato che ha contribuito a neutralizzare le perdite. Gli spread degli MBS di agenzia a cedola corrente si sono ampliati e il rendimento dell’Indice Bloomberg MBS è stato negativo. A settembre si sono allargati anche gli spread degli RMBS non di agenzia poiché hanno iniziato a pesare sui mercati le cessioni di attivi in sofferenza e l’aumento dei timori circa la liquidità. Nel mese, gli spread degli ABS statunitensi si sono lievemente ampliati, malgrado siano stati supportati dall’assenza di nuove emissioni. Anche gli spread dei titoli CMBS statunitensi hanno mostrato un ampliamento poiché le condizioni creditizie fondamentali restano difficili. Nel corso del mese, i mercati europei delle cartolarizzazioni sono rimasti sotto pressione e gli spread dei titoli cartolarizzati europei hanno registrato un significativo ampliamento.7
PROSPETTIVE
Restiamo ottimisti sulle prospettive dei fondamentali del credito cartolarizzato. Riteniamo che i differenziali dei titoli cartolarizzati offrano ora interessanti premi al rischio. Gli spread creditizi di numerosi settori cartolarizzati rimangono a livelli che si erano visti l’ultima volta all’inizio della pandemia, ma le condizioni del credito appaiono oggi decisamente migliori rispetto a quel periodo.