Approfondimenti
Che mese, che trimestre e che anno!
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Global Fixed Income Bulletin
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luglio 22, 2022
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luglio 22, 2022
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Che mese, che trimestre e che anno! |
Nel mese di giugno si è assistito alla coesistenza di inflazione e recessione anche se, per adesso, sembra che la recessione stia avendo il sopravvento. In un quadro dominato dall’orientamento sempre più restrittivo delle banche centrali, i dati economici hanno continuato a deludere, sorprendendo generalmente al ribasso. Da inizio anno e nel mese di giugno i mercati finanziari hanno archiviato una performance negativa senza precedenti. Di fatto, i mercati creditizi globali hanno registrato il primo semestre peggiore della storia. I rendimenti obbligazionari di giugno hanno oscillato in un intervallo compreso tra il -0,88% dei Treasury USA e il -9,19% del debito estero dei mercati emergenti, spingendo i rendimenti da inizio anno in territorio negativo a «due cifre».1 A stupire nel 2022 non è solo la performance negativa di tutti i rendimenti obbligazionari, ma anche la dispersione estremamente contenuta dei rendimenti. Nei mercati emergenti i rendimenti dei titoli investment grade e high yield si sono attestati rispettivamente al -19,69% e -20,96%, mentre negli Stati Uniti l’high yield ha reso il -14,04% e l’investment grade il -14,39%.2 La gestione del rischio di credito rispetto al rischio di duration è risultata ininfluente: entrambi hanno esibito un andamento ugualmente negativo. Nell’attuale contesto di avversione al rischio, non sorprende che il dollaro si sia notevolmente rafforzato, gettando nella confusione chi aveva scommesso su un ribasso del dollaro nel lungo termine.
Anche i titoli di Stato hanno risentito della volatilità, ma i tassi decrescenti di metà mese hanno riacceso le speranze. In un primo momento, nei primi 14 giorni del mese i rendimenti dei Treasury USA decennali sono saliti di 62 punti base (pb), quando l’elevato tasso di inflazione (superiore alle attese, come evidenziato dall’8,6% dell’indice dei prezzi al consumo nel mese di maggio) e la stretta monetaria della Fed (rialzo dei tassi da 75 pb, superiore alle attese, e sostanziale revisione al rialzo del “dot plot”) hanno spinto al 3,8% le stime della Fed sui tassi d’interesse medi per la fine del 2023. Nella seconda metà del mese, i rendimenti decennali hanno guadagnato 46 pb quando i timori di una recessione sono aumentati considerevolmente e il mercato ha cominciato a scontare inaspettatamente un mancato rialzo dei tassi da parte della Fed, malgrado le dichiarazioni contrarie della banca centrale. Nonostante il significativo aumento delle probabilità di una recessione, i rendimenti dei titoli di Stato hanno continuato ad aumentare nel corso del mese. In Europa, le aspettative di un inasprimento monetario sono ulteriormente calate e le previsioni sui rialzi sono state ridimensionate di 60-90 pb sia per la Banca centrale europea (BCE) sia per le banche centrali di Svezia e Norvegia. Resta ancora da vedere se si tratti o meno di uno sviluppo giustificato, ma sottolineiamo ancora una volta l’importanza delle decisioni di politica monetaria delle banche centrali nei prossimi mesi.
Nota: performance in USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 30 giugno 2022. Gli indici riportati hanno scopo puramente illustrativo e non intendono rappresentare la performance di un investimento specifico. I rendimenti passati non sono indicativi dei risultati futuri. Per le definizioni degli indici si rimanda alla sezione successiva
I mercati creditizi non hanno apprezzato né l’uno né l’altro scenario (inflazione o recessione), sottoperformando quindi per tutto il mese in esame: negli Stati Uniti i differenziali dei titoli investment grade si sono ampliati di 25 pb, mentre quelli dei titoli high yield di 163 pb. In Europa, i titoli obbligazionari hanno espresso una performance addirittura peggiore: i titoli di Stato si sono indeboliti nei confronti dei Treasury USA e le obbligazioni societarie sono andate anche peggio.2 La crisi energetica europea continua a spingere al rialzo l’inflazione e all’orizzonte non sembra profilarsi alcuna tregua, lasciando alla BCE margini di manovra esigui. Tuttavia, i timori di una recessione hanno superato quelli riguardanti l’inflazione e, malgrado il costo della vita abbia segnato nuovi massimi in Europa (e sia probabilmente destinato a continuare a salire nel terzo trimestre), i rendimenti dei Bund biennali sono calati di 58 pb nella seconda metà di giugno, replicando la performance dei Treasury USA.
Questo andamento altalenante mantiene la volatilità a livelli elevati. Il tracollo dei prezzi delle materie prime delle ultime settimane rispecchia un cambio di orientamento del mercato, che sta abbandonando le coperture contro l’inflazione in favore delle strategie growth hedge (titoli di Stato). Al momento il mercato sconta un ritorno dell’inflazione sotto il 2% entro il 2025 sia nell’Eurozona che negli Stati Uniti. Per la prima volta da inizio anno i titoli di Stato hanno cominciato a fungere da copertura per il rischio ciclico, come indica il rally dei titoli di Stato dei mercati sviluppati a fronte della correzione che ha invece interessato i mercati creditizi. Questo miglioramento è dovuto naturalmente e fondamentalmente all’ammorbidimento dell’orientamento restrittivo delle banche centrali, che ha indotto gli investitori a scontare nei prezzi un minor numero di rialzi dei tassi su tutta la curva dei rendimenti. Non è detto che ciò sia giustificato, perché ancora non si sa se l’inflazione strutturale abbia raggiunto il picco e sia destinata a scendere. Indubbiamente, il significativo calo dei prezzi delle materie prime (sempre ammesso che prosegua) dovrebbe ridurre l’inflazione complessiva nei prossimi mesi (Europa esclusa) e stimolare, con uno sviluppo perverso (almeno per i pessimisti), la fiducia dei consumatori e delle imprese, riducendo le probabilità di una recessione.
Nota: per variazione positiva si intende l’apprezzamento della valuta nei confronti dell’USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 30 giugno 2022.
Fonte: Bloomberg, JPMorgan. Dati al 30 giugno 2022.
Prospettive per il mercato obbligazionario
La performance dei mercati a giugno ha confermato, ancora una volta, l’anormalità della congiuntura che stiamo attraversando. La volatilità, alimentata del costante alternarsi dei timori di inflazione e recessione, si mantiene su livelli raramente osservati negli ultimi vent’anni. Resta molto difficile prevedere come si risolverà la situazione per le varie economie e mercati, ma su alcuni aspetti abbiamo già le idee chiare. Malgrado i timori di recessione, negli Stati Uniti il mercato del lavoro e la crescita dei redditi delle famiglie mostrano un andamento sempre robusto. Il rapporto sul mercato del lavoro di giugno, pubblicato l’8 luglio, ha sottolineato come l’espansione dell’offerta di impieghi rimanga robusta e resiliente. Con una crescita dell’occupazione di oltre 300.000 posti di lavoro al mese, una recessione non appare di certo imminente. A titolo di confronto, nel decennio 2010-2019 la creazione di nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti si attestava in media sulle 200.000 unità. La crescita dell’occupazione, che acuisce le pressioni su un mercato del lavoro già quasi saturo, renderà a nostro avviso molto difficile domare l’inflazione. Inoltre, per permettere alla corsa dei prezzi di rallentare in modo significativo i tassi reali dovranno necessariamente salire. Anche se da inizio anno i tassi reali hanno segnato un netto rialzo e i dati sono peggiorati, non è ancora chiaro se abbiano raggiunto un livello abbastanza alto per frenare la crescita dei salari e il mercato immobiliare, due fattori determinanti dell’inflazione strutturale.
Il modo in cui il mercato ha minimizzato il picco dei tassi sui Fed Fund del “dot plot” della Fed e il rischio di inflazione (tassi d’inflazione a termine in calo) appare come minimo sfrontato. Un calo dell’inflazione comporta un rallentamento della crescita sotto al trend, accompagnato dall’aumento dei tassi di disoccupazione. È ancora possibile ipotizzare che il rallentamento della crescita sia riconducibile solo a una correzione di metà ciclo dal livello di crescita insostenibilmente alto del 2021 (sia in termini nominali che reali). È inoltre possibile che l’inflazione si mantenga elevata in presenza di un’economia debole, uno scenario di stagflazione in cui la Fed sarebbe restia a sospendere l’inasprimento monetario. Di conseguenza sarebbe prematuro supporre che il rallentamento in atto continuerà o sarà abbastanza rilevante per riportare l’inflazione al livello obiettivo della Fed. L’aumento dei prezzi potrebbe essere più persistente di quanto credano i mercati. Europa e Asia si trovano in una situazione simile. Anche se l’inflazione toccasse il picco quest’estate, in termini annui la Fed non riuscirà ad allentare le condizioni monetarie con la velocità che l’ottimismo dei mercati sembra sottintendere (taglio dei tassi nel 2023). Inoltre, per quanto l’economia europea sembri versare in condizioni critiche a causa della situazione energetica, anche la drastica revisione (al ribasso) di giugno appare eccessiva. Nel Vecchio Continente la corsa dei prezzi non accenna a rallentare (anche se è riconducibile perlopiù ai problemi delle filiere produttive/dell’approvvigionamento energetico). A meno che l’economia dell’Eurozona non entri in recessione, le attese di un ammorbidimento del ciclo d’inasprimento paiono premature ed è probabile che anche questo finisca per creare pressioni al rialzo sui rendimenti obbligazionari europei.
Se le banche centrali inaspriscono la politica monetaria un motivo c’è. Nella maggior parte dei mercati emergenti l’inflazione continua a segnare nuovi massimi, anche se le banche centrali di questi paesi hanno iniziato ad alzare i tassi ancor prima di quelli sviluppati. Più che significare che il ciclo di inasprimento dei mercati emergenti sta per concludersi, ciò potrebbe significare che nelle economie avanzate ha ancora parecchia strada da fare. Malgrado il netto rallentamento del segmento manifatturiero, il settore dei servizi continua a segnare un’ottima crescita, come dimostra il rapporto di giugno dell’Institute for Supply Management. Le rilevazioni nell’industria dei viaggi continuano a evidenziare non solo la presenza di una forte domanda insoddisfatta di servizi al consumo, ma anche una carenza di manodopera, fattori che prospettano una traiettoria ascendente dell’inflazione settoriale. Supponendo che questa ripresa non venga soffocata da una nuova ondata di Covid, è improbabile che la disinflazione del settore dei beni di consumo sia abbastanza forte per abbassare l’inflazione in misura sufficiente a convincere le banche centrali a sospendere, nel breve termine, il ciclo di inasprimento. In positivo, vediamo che la situazione delle filiere produttive sta migliorando, anche se lentamente, e questo lascia ben sperare in termini di accessibilità futura dei beni e calo dei prezzi.
È probabile che anche la performance delle obbligazioni societarie risenta di forti oscillazioni. I mercati dei titoli investment grade e high yield rispecchiano l’attesa di ulteriori cattive notizie (peggioramento degli utili, rallentamento dell’economia, ulteriore irrigidimento delle politiche monetarie). I differenziali sono saliti sopra i livelli normalmente associati a un’economia solida, nel senso che scontano una significativa probabilità di una recessione a breve termine. È comunque improbabile che la recessione si materializzi nell’anno in corso, viste le robuste dinamiche del mercato del lavoro e la solidità dei bilanci delle famiglie e delle aziende, fattori che implicano una sottovalutazione dei mercati creditizi rispetto ai loro fondamentali attuali. Tuttavia, il progressivo irrigidimento delle politiche monetarie continuerà a frenare la crescita. I risultati del secondo e terzo trimestre saranno cruciali per valutare la resilienza dei modelli operativi delle aziende rispetto all’inflazione dei costi di produzione e al rallentamento dell’economia. Manteniamo un orientamento prudentemente ottimista sui titoli di credito, data la loro convenienza alla luce dei fondamentali attuali, che sono però probabilmente destinati a peggiorare. Restiamo convinti (anche se con un livello di certezza inferiore a tre mesi fa) che un atterraggio morbido dell’economia sia ancora possibile grazie al miglioramento della situazione delle filiere produttive, al ribasso dei prezzi delle materie prime e alla riluttanza delle banche centrali ad alzare i tassi sopra livelli neutrali o leggermente restrittivi.
I mercati emergenti continueranno a sottoperformare, ma in questo spazio stanno emergendo nuove opportunità create dal fatto che ormai alcuni paesi scontano (a nostro giudizio ingiustificatamente) significative probabilità di insolvenza. Per quanto sia probabile che i mercati emergenti continuino a soffrire fintantoché le banche centrali manterranno l’attuale orientamento restrittivo e l’inflazione resterà elevata, le valutazioni scontano in misura crescente sviluppi estremamente negativi. I generosi premi al rischio di alcuni paesi ci inducono quindi a investire in chiave opportunistica nella regione, anche se al momento non intravediamo un catalizzatore in grado di innescare un rialzo di questa classe di attivo.
Il dollaro statunitense, di norma un ottimo indicatore delle prospettive economiche e finanziarie, continua a lanciare segnali d’allarme. Il biglietto verde tende infatti a rafforzarsi quando le cose vanno male e i rischi di ribasso sono elevati, ma anche quando le cose vanno troppo bene, l’inflazione è elevata e l’economia deve rallentare il passo. Dal momento che adesso sono questi i due principali scenari scontati dai mercati finanziari, il dollaro non può che continuare a rafforzarsi. Un atterraggio morbido accompagnato da un calo dell’inflazione e senza una recessione è invece lo scenario che permetterebbe al dollaro di scendere dai livelli attuali. Sebbene questo rimanga il nostro scenario centrale, rappresenta al momento ancora una speranza più che una realtà.
In sostanza, il posizionamento di portafoglio si mantiene cauto. Le valutazioni si sono fatte più interessanti e si schiudono opportunità di investimento, ma permangono alcuni rischi legati essenzialmente all’inflazione e alla reazione delle banche centrali alla corsa dei prezzi. L’inflazione continua a preoccuparci più della recessione.
Tassi d’interesse/tassi di cambio dei mercati sviluppati
ANALISI MENSILE
A giugno i tassi dei mercati sviluppati hanno accusato una forte volatilità dovuta alle reazioni del mercato all’inaspettata accelerazione dell’inflazione, al giro di vite delle banche centrali e, in un secondo momento, al deterioramento dei dati sulla crescita economica. I rendimenti obbligazionari sono in un primo momento saliti bruscamente in risposta a un aumento dei tassi d’interesse superiore alle attese e alla prospettiva di ulteriori strette monetarie. Il successivo peggioramento dei dati economici ha innescato un calo dei rendimenti nella seconda metà del mese, quando le aspettative delle banche centrali si sono ridimensionate, anche se i rendimenti dei titoli di Stato decennali hanno comunque chiuso il periodo in rialzo di 10-20 punti base. I timori riguardanti i rialzi dei tassi e la crescita hanno inciso sugli attivi rischiosi che hanno in generale registrato performance deludenti. I tassi di break-even a medio termine sono scesi sotto ai livelli obiettivo delle banche centrali malgrado le pressioni inflattive sempre forti.3
PROSPETTIVE
Dato che malgrado i timori di recessione l’inflazione non accenna a scendere, le decisioni delle banche centrali restano al centro dell’attenzione per valutare quanto aggressivo e quanto lungo sarà il ciclo di inasprimento. Per il momento il tono delle dichiarazioni si mantiene restrittivo, ma se la crescita continuasse a perdere vigore le cose potrebbero cambiare. Nel complesso ci aspettiamo che i tassi dei mercati sviluppati si mantengano volatili, vista l’incerta evoluzione futura del quadro economico, tuttavia prevediamo che se la recessione verrà evitata tenderanno al rialzo.
Tassi d’interesse/tassi di cambio dei mercati emergenti
ANALISI MENSILE
L’ondata di vendite che ha interessato il debito dei mercati emergenti (EMD) è proseguita tutto il mese. All’interno dell’universo EMD, il segmento corporate ha evidenziato la performance migliore, pur rimanendo ancorato in territorio nettamente negativo nel periodo. Gli investitori stanno iniziando a prendere più seriamente in considerazione la possibilità di uno sviluppo recessivo nel breve termine, che non risparmierebbe i mercati EMD.4
PROSPETTIVE
Siamo ottimisti in relazione al debito emergente, poiché le valutazioni sembrano compensare generosamente gli investitori per i rischi assunti. Il contesto macroeconomico è complesso per tutti i segmenti dei mercati dei capitali, ma a quanto pare chi investe nei mercati emergenti sconta già ampiamente questo fattore. Le pressioni inflazionistiche e le reazioni delle banche centrali continuano ad essere il fattore più importante per questa classe di attivi. A questi si aggiungono i prezzi delle materie prime, l’impatto degli sviluppi della guerra in Ucraina e della politica zero Covid della Cina. Ci aspettiamo che i mercati pongano l’enfasi sulla differenziazione a livello geografico e creditizio.
Credito societario
ANALISI MENSILE
Il rally di fine maggio si è rivelato transitorio e a giugno la debolezza è ritornata. Gli indici Bloomberg U.S. Corporate e Bloomberg European Aggregate Corporate hanno entrambi chiuso il mese in aumento. Energia, azioni e materie prime hanno chiuso in ribasso sulla scia delle crescenti aspettative di una recessione/rallentamento dell’economia. Le notizie hanno continuato a riguardare prevalentemente il deterioramento delle aspettative fondamentali.5
I timori suscitati dall’elevato tasso di inflazione e dall’aggressività dei toni e delle politiche monetarie delle banche centrali hanno contribuito alla seconda peggiore performance mensile per il settore high yield nell’arco di oltre 10 anni, seconda solo a quella del marzo 2020. L’ampliamento degli spread registrato a giugno è stato inferiore solo a quello del giugno 2008, secondo i dati di JPMorgan.6
A giugno i titoli convertibili globali sono arretrati per l’ottavo mese consecutivo per effetto della doppia minaccia di un aumento dell’inflazione e dello spettro della recessione, che hanno spaventato i mercati globali. Dopo lo spostamento verso il basso del mercato dei convertibili, le obbligazioni sono ora posizionate sul “bond floor”, ossia il valore minimo raggiungibile dal prezzo dell’obbligazione. Di conseguenza, a giugno la performance di questa classe di attivo è risultata più in linea con quella dei titoli di credito che con quella delle azioni in un mese caratterizzato dall’avversione al rischio, con l’indice Refinitiv Global Convertibles Focus in regresso sia rispetto all’MSCI Global Equities che al Bloomberg Global Credit.7
Anche il mercato dei prestiti societari senior ha perso terreno a giugno, pur mantenendo un margine di vantaggio rispetto ad altre classi di attivo.8
PROSPETTIVE
Guardando al futuro, riteniamo che i differenziali delle obbligazioni investment grade offrano valutazioni interessanti, incompatibili con i fondamentali che osserviamo a livello societario. I potenziali catalizzatori di un rally potrebbero essere risultati di secondo trimestre coerenti con performance degli emittenti migliori di quelle scontate dalle valutazioni o un cambiamento delle prospettive macroeconomiche che rassicuri gli investitori circa le probabilità di una recessione.
Esprimiamo una certa prudenza nei confronti del mercato high yield statunitense in queste prime battute del terzo trimestre 2022. La volatilità ha continuato ad aumentare per tutti gli attivi rischiosi e non vi sono motivi per ritenere che le condizioni del mercato high yield possano diventare significativamente più favorevoli nel breve periodo. Pur continuando a nutrire fiducia nei fondamentali relativamente solidi del mercato dei prestiti aziendali, riteniamo che le sue prospettive risentano della difficile situazione geopolitica in Europa.
Prodotti cartolarizzati
ANALISI MENSILE
A giugno i timori di recessione hanno provocato un ulteriore ampliamento degli spread di tutti i prodotti ipotecari e cartolarizzati, mentre la domanda si mantiene nel complesso modesta. Anche l’offerta sta rallentando, a fronte del rallentamento dell’erogazione di nuovi prestiti e del calo dell’attività sul mercato secondario. A giugno, gli spread degli MBS di agenzia hanno continuato ad ampliarsi, segnando il quinto aumento mensile nel primo semestre del 2022. Negli Stati Uniti gli spread degli RMBS, CMBS e ABS non di agenzia hanno registrato un nuovo sostanziale ampliamento a giugno, ma la performance fondamentale creditizia si mantiene nel complesso buona. Anche gli spread dei mercati cartolarizzati europei si sono ampliati, ma le dinamiche del mercato immobiliare si confermano solide.9
PROSPETTIVE
Gli spread di numerosi settori cartolarizzati sono tornati sui livelli osservati nella fase più acuta della pandemia, ma oggi le condizioni creditizie sono nettamente migliori. Siamo convinti che la maggior parte di questo ampliamento sia ascrivibile alle dinamiche della domanda e dell’offerta, visti i livelli quasi record raggiunti dalle emissioni del primo trimestre a fronte di una domanda tenuta bassa dall’aumento dei tassi d’interesse, anziché da problemi relativi ai fondamentali creditizi. Rimaniamo ottimisti nei confronti del credito cartolarizzato, pur continuando a ritenere che la selezione dei titoli e settoriale diventerà più importante nei prossimi anni se l’economia dovesse indebolirsi.
Considerazioni sui rischi
La diversificazione non garantisce che verranno generati utili e non protegge dalle perdite in una fase di rallentamento del mercato.
Non vi è alcuna garanzia che l’obiettivo d’investimento del portafoglio sarà raggiunto. I portafogli sono esposti al rischio di mercato, ovvero alla possibilità che il valore di mercato dei titoli detenuti dal portafoglio diminuisca e che il valore delle azioni del portafoglio sia conseguentemente inferiore all’importo pagato dall’investitore per acquistarle. I valori di mercato possono cambiare quotidianamente a causa di eventi economici e di altro tipo (ad es. catastrofi naturali, crisi sanitarie, terrorismo, conflitti e disordini sociali) che interessano mercati, paesi, aziende o governi. È difficile prevedere le tempistiche, la durata e i potenziali effetti negativi (ad esempio la liquidità del portafoglio) degli eventi. Di conseguenza, l’investimento in un portafoglio può comportare una perdita per l’investitore. I titoli obbligazionari sono soggetti alla capacità dell’emittente di rimborsare puntualmente capitale e interessi (rischio di credito), alle variazioni dei tassi d’interesse (rischio di tasso d’interesse), al merito di credito dell’emittente e alle condizioni generali di liquidità del mercato (rischio di mercato). In un contesto di tassi d’interesse in rialzo, i corsi obbligazionari possono calare e dar luogo a periodi di volatilità e a maggiori richieste di rimborso. In un contesto di calo dei tassi d’interesse, il portafoglio potrebbe generare un reddito inferiore. I titoli con scadenze più lunghe possono essere maggiormente sensibili alle variazioni dei tassi d’interesse. Determinati titoli di Stato americani acquistati dalla Strategia, come quelli emessi da Fannie Mae e Freddie Mac, non sono garantiti dal “full faith and credit” (piena fiducia e credito) degli Stati Uniti. È possibile che in futuro questi emittenti non dispongano dei fondi per onorare i propri obblighi di pagamento. I prestiti bancari quotati sono soggetti al rischio di liquidità e ai rischi di credito tipici dei titoli con rating inferiori. Le obbligazioni high yield (dette anche “junk bond”) sono titoli con rating inferiori che possono comportare livelli più elevati di rischio di credito e di liquidità. I titoli di debito sovrani sono soggetti al rischio di insolvenza. I titoli garantiti da ipoteche e da collaterale sono esposti al rischio di rimborso anticipato e a un più elevato rischio d’insolvenza e possono essere difficili da valutare e vendere (rischio di liquidità). Essi sono altresì soggetti ai rischi di credito, di mercato e di tasso d’interesse. Il mercato valutario è altamente volatile. I suoi prezzi sono influenzati da diversi fattori, tra cui la dinamica della domanda e dell’offerta di una determinata valuta, il commercio, i programmi e le politiche fiscali, monetarie e di controllo della valuta nazionale o estera e le variazioni dei tassi d’interesse nazionali o esteri. Gli investimenti nei mercati esteri comportano rischi specifici, quali rischi di cambio, politici, economici e di mercato. Investire nei mercati emergenti comporta rischi maggiori che investire nei mercati esteri in generale. Gli strumenti derivati possono amplificare le perdite in maniera sproporzionata e incidere significativamente sulla performance. Inoltre possono essere soggetti a rischi di controparte, di liquidità, di valutazione, di correlazione e di mercato. I titoli vincolati e illiquidi possono essere più difficili da vendere e valutare rispetto a quelli quotati in borsa (rischio di liquidità). A causa della possibilità che i rimborsi anticipati alterino i flussi di cassa sulle collateralized mortgage obligation (CMO), non è possibile determinare in anticipo la relativa data di scadenza finale o la vita media. Inoltre, il portafoglio potrebbe subire perdite qualora le garanzie collaterali sulle CMO o eventuali garanzie di terzi fossero insufficienti per onorare i pagamenti.