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Le forze procicliche indeboliscono il dollaro USA
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luglio 27, 2020
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luglio 27, 2020
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Le forze procicliche indeboliscono il dollaro USA |
Salve, sono Jim Caron, gestore del team Global Fixed Income. Questa settimana vorrei continuare a parlarvi di due argomenti. La settimana in corso potrebbe sembrare all’insegna della calma estiva, ma io non penso sia così. Partiamo subito da una domanda molto importante: “Il dollaro statunitense si sta indebolendo?”.
In base a qualunque parametro, che si tratti dell’indice del dollaro o dell’ampio paniere ponderato per gli scambi commerciali che utilizza la Fed, il dollaro sta iniziando a deprezzarsi. Questo è il primo aspetto. Le forze procicliche si stanno muovendo tutte nella stessa direzione, con l’effetto di dare sostegno al ciclo economico e indebolire il dollaro.
Una di queste forze riguarda gli ulteriori stimoli fiscali allo studio negli Stati Uniti, che rappresentano il secondo aspetto importante. Si traccia così un quadro di deprezzamento del dollaro, aumento degli stimoli fiscali, espansione del rapporto deficit/PIL: tutti fattori che in termini di contabilità finanziaria contribuiscono a indebolire il dollaro USA. Ma non siamo ancora arrivati al nodo della questione.
Per me ciò che conta di più in questo momento sono gli sviluppi in Europa. Il mercato tende a concentrarsi sul delta, ovvero il tasso di variazione delle variabili osservate. E in Europa le cose cominciano a migliorare a un ritmo più rapido che negli Stati Uniti. Un primo esempio è la situazione del Covid-19. Rispetto agli Stati Uniti, i paesi europei appaiono in grado di controllare meglio la diffusione del virus e possono quindi avanzare sul fronte delle riaperture delle proprie economie.
Un secondo esempio è che l’Unione europea inizia a pensare in termini di condivisione degli oneri, unione fiscale e recovery bond. Ne abbiamo parlato la settimana scorsa ed è un elemento di grande rilevanza. Inoltre, l’Europa non va incontro a un importante appuntamento elettorale e quindi appare più stabile sul piano politico.
Ci aspettiamo un terzo trimestre molto solido negli Stati Uniti, ma questa previsione è ormai sulla bocca di tutti. È l’Europa che secondo me potrebbe riservarci sorprese positive. Tutti questi elementi contribuiscono a sostenere l’euro.
Il motivo è che la moneta unica di solito rappresenta la componente maggiore di qualsiasi paniere di valute ponderato per gli scambi commerciali contro il dollaro. Pertanto, se l’euro si rafforza, il dollaro si indebolisce. Si tratta di un aspetto essenziale che non va trascurato.
In questo momento l’indice del dollaro è in calo a circa 93,8 punti, il livello più basso dal 2018. Ma non dimentichiamo che nel 2011-2012 era sceso a 75-80. In quel periodo, l’euro si attestava a 1.3-1.4 contro il dollaro, rispetto ai livelli attuali. L’effettiva entità del futuro deprezzamento del dollaro dipenderà da tanti fattori diversi ed è il caso di cominciare a pensarci. Questa settimana consiglio di concentrarsi su questo aspetto.
Un altro tema ancora vivo è quello dei rendimenti reali delle obbligazioni statunitensi. Non mi stancherò di parlarne. I rendimenti reali continuano a diminuire negli Stati Uniti. In questo momento si attestano a -93 punti base, in linea con i livelli del 2011-2012, quando appunto l’euro si attestava a 1.3-1.4. Ciò significa che il dollaro presenta un ulteriore potenziale di ribasso.
Unitamente agli stimoli fiscali che speriamo vengano varati nel giro di una o due settimane, tutti questi elementi concorrono a tracciare un quadro di deprezzamento del dollaro che, come già spiegato, potrebbe essere positivo per l’economia mondiale.
Chiudo con queste parole, ma non senza augurare a tutti una splendida settimana estiva. Mi raccomando, state bene. Grazie mille.
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Managing Director
Global Fixed Income Team
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