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Oh no, fa troppo caldo. Anzi, no, fa troppo freddo! Anzi, no, fa troppo caldo!
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Global Fixed Income Bulletin
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agosto 25, 2022
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agosto 25, 2022
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Oh no, fa troppo caldo. Anzi, no, fa troppo freddo! Anzi, no, fa troppo caldo! |
Dopo un pessimo mese di giugno, a luglio i mercati obbligazionari e creditizi hanno drasticamente invertito la rotta, generando un’eccezionale performance e mettendo a segno per la prima volta da inizio anno rendimenti mensili positivi. Vista la situazione in cui si trovano attualmente gli Stati Uniti e l'economia globale, si è trattato di uno sviluppo quantomeno imprevisto. Di fatto, la performance dei mercati finanziari non era così volatile da molto, molto tempo. La svolta restrittiva da parte della Federal Reserve statunitense (Fed) e le pressioni inflazionistiche elevate e ostinate (un’economia troppo calda) hanno caratterizzato lo scenario fino a metà giugno. A fine giugno, si sono diffusi i timori relativi ad una possibile recessione (economia troppo fredda) spingendo al ribasso i rendimenti e, inaspettatamente, gli spread creditizi. I rendimenti dei Treasury decennali statunitensi sono scesi di 36 punti base (pb) nel mese e di ben 85 pb dal picco del 14 giugno. Le aspettative inflazionistiche hanno subito un forte ridimensionamento mentre i tassi di interesse reali sono scesi nettamente quando i mercati hanno scontato il successo della Fed nel conseguire l’obiettivo del 2% per l’inflazione a lungo termine. I mercati obbligazionari europei e quelli di altri Paesi hanno registrato rally equivalenti, se non addirittura superiori. Di fatto, oltre al calo dei rendimenti dei titoli di Stato, gli spread creditizi si sono significativamente ristretti rispetto ai livelli di giugno, generando rendimenti ancora più elevati. Ad esempio, l’indice dei titoli high yield statunitensi è sceso di 100 pb (con rendimenti in calo di 132 pb, per una performance superiore al 6%), mentre gli spread dei titoli high yield denominati in euro si sono contratti di 62 pb. Anche alcuni segmenti dei mercati emergenti hanno archiviato una performance di tutto rispetto, ma il debito estero ha generalmente sottoperformato i titoli di Stato e le obbligazioni societarie dei mercati sviluppati. Mentre a giugno tutti i segmenti hanno accusato un ribasso, a luglio quasi tutti hanno riguadagnato terreno. Anche il dollaro statunitense, sebbene non proprio debole a luglio, ha perso quota rispetto a diverse valute, dopo essere stato fino a quel momento quasi inattaccabile.1
Che cosa ha provocato una simile inversione di tendenza? Le brutte notizie. I dati economici, in particolare sul versante delle merci/della produzione industriale, sono risultati deboli e per giunta hanno sorpreso al ribasso. Gli indicatori economici, sia a livello di sondaggi (PMI sulla fiducia delle imprese) che relativi al PIL (contrazione del PIL USA nel primo semestre), hanno segnalato sempre più marcatamente un’imminente recessione in gran parte delle economie fuori dell’Asia. Pur non trattandosi di una certezza, le probabilità hanno ormai superato il 50%. Per quanto si possa pensare che un simile sviluppo sia negativo per l’azionario e il credito, i mercati hanno manifestato una reazione positiva per due motivi. Il primo è che la traiettoria prevista dei tassi a breve, definita dalle banche centrali, è stata significativamente rivista al ribasso, nel senso che il numero di rialzi attesi è calato. Nell’Eurozona, questa correzione al ribasso scontata sul mercato obbligazionario ha toccato i 100 pb. Malgrado la debolezza dei dati economici, l’aspettativa (speranza?) di un’eventuale “svolta” delle banche centrali verso un orientamento più accomodante ha sostenuto il mercato. Per capire la portata della variazione, basta pensare che anche i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi a 2 anni hanno subito un calo notevole. In secondo luogo, la rapidità della correzione dei tassi e degli spread è stata estrema nell’arco di tempo relativamente breve in cui si è verificata e che si estende dal periodo precedente all’aumento a quello del rialzo effettivo dei tassi operato a giugno dalla Fed. Gli spread dei titoli high yield statunitensi ed europei (nonché gli spread dei titoli investment grade in euro) hanno raggiunto livelli da recessione. Pur non scontando una recessione estrema come quella del 2008 o del 2020, gli spread dei titoli high yield si sono mossi a livelli associati alle fasi di rallentamento economico. La drastica inversione di tendenza nei prezzi dei titoli di luglio è da ricondurre principalmente alla concomitanza di questi due fattori. Un ulteriore apporto positivo è giunto dal calo dei prezzi delle materie prime.2
Purtroppo è difficile che la volatilità cali nel breve termine. I dati del mercato del lavoro statunitense rimangono molto solidi. Lo dimostra il rapporto sull’occupazione di luglio pubblicato il 5 agosto: si tratta di un rapporto sbalorditivo, che mostra un’ulteriore contrazione del tasso di disoccupazione, anziché un aumento, e ulteriori incrementi della crescita dei salari anziché una moderazione. Il tasso di disoccupazione è attualmente al livello più basso dagli anni ’60. I prezzi delle materie prime stanno scendendo (ad eccezione di quelli europei), in particolare quelli di energia e generi alimentari. Purtroppo, per gli europei, anche l’inflazione resta a rischio di ulteriori aumenti vista la vulnerabilità della regione alle criticità delle forniture energetiche.3 A prescindere dal fatto che questo possa essere l’ultimo sussulto di solidità del mercato del lavoro USA o l’ultimo sussulto inflazionistico, i mercati dovrebbero farsi trovare pronti a ulteriori cambi di direzione in quanto tutte le previsioni di mercato quest’anno si sono rivelate ampiamente sbagliate. Dal caldo al freddo, ma si tornerà nuovamente al caldo?
Prospettive per il mercato obbligazionario
La pandemia e le sue ripercussioni, sia in termini di risposta delle politiche monetarie sia di modalità di intervento, sono state senza precedenti. Pertanto, i modelli basati su eventi e dati storici hanno un’utilità limitata. Ad esempio, l’economia statunitense si trova in recessione in base a quanto misurato da due risultati del PIL trimestrali negativi. Inoltre, la fiducia delle famiglie e delle imprese in questo momento si trova ai minimi storici in base a diversi indicatori. Al contempo, tuttavia, il tasso di disoccupazione continua a scendere a fronte di un ritmo di creazione di posti di lavoro generalmente associato a un’economia in piena espansione.
Allora qual è la verità? Non vi sono dubbi sul fatto che la crescita economica abbia registrato una decelerazione, in particolare la produzione di beni. Il rallentamento era quasi assicurato considerato il fatto che nel 2021 la crescita si era attestata ad un livello superiore al trend e considerate le permanenti criticità delle filiere che continuano ad assillare l’economia globale. L’inflazione strutturale di quasi tutti i paesi resta inaccettabilmente elevata e non mostra alcun segnale di una significativa decelerazione, anche se potrebbe già aver raggiunto il picco. La verità è che gli squilibri nei mercati del lavoro e nei mercati dei beni persistono. Sembriamo essere in presenza di personale in esubero in alcuni settori (ad es. quello della tecnologia), di sottoccupazione nel settore dei servizi (viaggi e tempo libero) e di mercati dei beni che risentono delle criticità delle filiere. Tutto ciò crea uno scenario molto confuso. Negli Stati Uniti, ad esempio, i dati sulle richieste di sussidi di disoccupazione pubblicati il 4 agosto hanno toccato i massimi degli ultimi sei mesi, indicando un raffreddamento del mercato del lavoro, ma il rapporto sull’occupazione del 5 agosto ha evidenziato un buon andamento generale. Anche il rapporto posti di lavoro disponibili/disoccupati si presenta in calo, ma in termini assoluti mostra ancora un eccesso di domanda di manodopera. Il rapporto sull’occupazione e la forte crescita salariale superano le richieste di sussidi di disoccupazione, a indicare il perdurare dell’inflazione a meno che la Fed non si attenga ai suoi piani di inasprimento. L’economia USA sembra soggetta a imprevedibili oscillazioni: alcuni settori versano in difficoltà mentre altri si stanno riprendendo (e crescono senza intoppi). Continuiamo ad aspettarci segnali contrastanti. La crescita dovrebbe migliorare nel secondo semestre ma non sarà brillante. È troppo presto per avere la certezza che l’economia si raffredderà a sufficienza e che la disoccupazione aumenterà abbastanza da far calare l’inflazione a livelli accettabili nelle tempistiche attese dal mercato.
In questo quadro sembra prematuro dare il segnale di cessato allarme per il mercato obbligazionario ribassista, anche se dubitiamo fortemente che si possano raggiungere nuovi massimi nei rendimenti a lungo termine. In particolare, il recente rally dei rendimenti dei Treasury decennali statunitensi a quasi il 2,5% sembra troppo aggressivo e potrebbe costituire la soglia per i rendimenti nei prossimi mesi. In altre parole, i rendimenti dovrebbero continuare a risalire. Le curve dei rendimenti dovrebbero continuare ad appiattirsi e potrebbero registrare una significativa inversione in caso di persistenza dell’inflazione.
La buona notizia è che a nostro avviso non dovrebbe verificarsi una nuova ondata di prolungamento della fase ribassista del mercato obbligazionario. I contorni dei rendimenti dei Treasury USA sembrano essere definiti: il picco dei rendimenti decennali probabilmente è stato raggiunto a metà giugno quando la Fed ha sorpreso con un rialzo di 75 pb e i minimi toccati prima del rapporto sull’occupazione di luglio (pubblicato ad agosto) rappresentano la fascia bassa: dal 2,5% al 3,25%. Calcoli analoghi si applicano a gran parte dei mercati obbligazionari dei paesi sviluppati, con, ad esempio, i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi a 10 anni che dovrebbero attestarsi in un intervallo compreso tra lo 0,75% e l’1,25% nel breve termine. Alcuni Paesi che si confrontano con un maggiore rischio di rallentamento dell’economia, come il Regno Unito, la Nuova Zelanda e l’Australia, probabilmente registreranno aumenti dei rendimenti meno aggressivi.
Nel breve termine, la volatilità dovrebbe persistere a fronte del continuo dibattito tra economia troppo fredda contro economia troppo calda, ma i mercati obbligazionari societari dovrebbero restare confinati entro un intervallo ristretto. L’incertezza relativa al contesto macroeconomico e alle performance aziendali supporta un orientamento di vendita del credito nelle fasi di rialzo e di recupero della qualità del credito (adottando una copertura contro il rischio che le banche centrali provochino una recessione per ridurre l’inflazione). Gli spread sono generalmente superiori alle loro medie nel lungo termine, indicando un mercato piuttosto sottovalutato, collegato ad un rischio di recessione più basso quest’anno ma più elevato il prossimo anno, almeno negli Stati Uniti. Il segmento investment grade europeo sembra più interessante dell’omologo statunitense, considerati gli ampi spread degli swap e un vantaggio delle coperture valutarie. D’altro canto, la maggiore probabilità di recessione in Europa rende meno interessanti le obbligazioni societarie high yield europee e i titoli cartolarizzati. I titoli cartolarizzati non hanno beneficiato nella stessa misura delle emissioni societarie del rally di luglio.
I mercati emergenti hanno beneficiato in modo selettivo del rally di luglio ma sono rimasti (in generale) sottovalutati e più economici rispetto alle obbligazioni societarie dei mercati sviluppati. Molti emittenti di titoli high yield dei mercati emergenti continuano ad essere scambiati ad alti rendimenti e ampi differenziali. Tuttavia, i timori circa l’inflazione USA (sfavorevole) e/o la recessione negli USA (anch’essa sfavorevole) stanno limitando i flussi di capitale in questa asset class. A fronte di rendimenti tanto elevati dei titoli di Stato dei mercati sviluppati e del credito in generale, per gli investitori non è necessario allocare tanto nei mercati emergenti per generare rendimenti interessanti. Detto questo, le pressioni inflazionistiche persistono e le conseguenti reazioni delle banche centrali per i mercati emergenti e sviluppati giocheranno un ruolo importante. I prezzi delle materie prime continueranno a produrre un grosso impatto su questa asset class poiché i prezzi di generi alimentari ed energia restano alti, sebbene stiano iniziando a scendere. La differenziazione tra i vari paesi e titoli di credito sarà cruciale per la creazione di valore.
Il posizionamento del portafoglio resta cauto. Le valutazioni sono selettivamente interessanti e prevalgono gli acquisti opportunistici, ma i rischi restano, per lo più sul fronte dell’inflazione e delle reazioni delle banche centrali alla stessa.
Tassi d’interesse/tassi di cambio dei mercati sviluppati
ANALISI MENSILE
A luglio l’obbligazionario dei mercati sviluppati ha segnato un ribasso a fronte del generale aumento dei tassi, in un quadro di perduranti timori di recessione. Sostanzialmente, i dati e gli indicatori economici continuano a segnalare un probabile rallentamento, le cui tempistiche e la cui gravità rimangono tuttavia poco chiare. Le decisioni delle banche centrali e la loro tendenza a voler concentrare gli l’irrigidimento delle politiche monetarie all’inizio del ciclo, hanno nuovamente catalizzato l’attenzione durante il mese.4
PROSPETTIVE
Riteniamo che le banche centrali faticheranno a contenere efficacemente l’inflazione utilizzando gli strumenti e le strategie attuali. Di conseguenza, continuiamo a ravvisare il rischio che i tassi a breve termine aumentino ulteriormente in quanto la Fed sarà costretta a intervenire in modo più incisivo. In Europa la situazione è particolarmente difficile a causa dei problemi legati ai prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia. A nostro avviso, i tassi dei mercati sviluppati resteranno volatili a fronte dell’incertezza. La Banca del Giappone (BoJ) resta ostinatamente accomodante, ma continuiamo a ritenere che i tassi giapponesi potrebbero salire poiché anche la BoJ dovrà procedere alla normalizzazione delle politiche monetarie. Per quanto riguarda le valute estere, è probabile che il dollaro statunitense continui a beneficiare della svolta restrittiva della Fed e dei crescenti timori relativi alla crescita globale. A parte questo, non nutriamo alcuna convinzione di rilievo in merito alle posizioni in valuta estera.
Tassi d’interesse/tassi di cambio dei mercati emergenti
ANALISI MENSILE
La performance del debito dei mercati emergenti è tornata positiva dopo la prolungata fase di ribasso che si è protratta per gran parte del primo semestre 2022. Dopo un ulteriore cedimento a inizio luglio, i tassi, le valute e il credito hanno registrato una forte ripresa nella seconda metà del mese. Il contesto macroeconomico continua a presentarsi complesso, ma la performance, dopo l’andamento particolarmente deludente di maggio e giugno, a luglio ha segnato una netta ripresa. I tre principali indici del debito dei mercati emergenti hanno tutti chiuso il mese in territorio positivo.5
PROSPETTIVE
Le valutazioni per i tassi locali e i segmenti del credito del debito dei mercati emergenti sembrano essere interessanti. Il contesto macroeconomico resta decisamente complicato. Dopo i notevoli deflussi di capitali, sono emersi segnali di un probabile allentamento delle pressioni esercitate da fattori tecnici sul debito dei emergente e questi rappresentano un ulteriore motivo di ottimismo per il futuro. Detto questo, le pressioni inflazionistiche persistono e le conseguenti reazioni delle banche centrali nei mercati emergenti e sviluppati giocheranno un ruolo importante. I prezzi delle materie prime continueranno a condizionare le performance di questa asset class poiché i prezzi di generi alimentari ed energia restano elevati. La differenziazione tra i vari paesi e titoli di credito sarà cruciale per la creazione di valore.
Credito societario
ANALISI MENSILE
A luglio, gli spread dell’investment grade societario si sono allargati. In Europa, invece, dopo l’allargamento degli spread creditizi osservato a giugno, gli spread dell’IG societario si sono compressi. Le obbligazioni societarie statunitensi hanno sottoperformato quelle denominate in euro, ma i relativi tassi hanno comunque subito un restringimento. Una delle caratteristiche interessanti del rally degli spread creditizi a luglio è stata l’assenza di compressione nei segmenti di rating A e BBB nel corso del mese rispetto all’ampliamento di giugno.6
Il mercato high yield ha messo a segno la performance mensile migliore dal 2009 ad oggi, arrivando quasi a compensare il ribasso di giugno. L’ammorbidimento dei toni da parte della Federal Reserve e una stagione degli utili migliore alle aspettative più prudenti hanno stimolato la domanda di credito high yield in un contesto caratterizzato da spread medi che potrebbero iniziare ad apparire interessanti in un’ottica di lungo termine. Nel mese, i settori più brillanti sono stati i servizi finanziari diversificati, le comunicazioni ed i beni di consumo ciclici.7
A luglio, i titoli convertibili globali hanno messo a segno i primi rendimenti mensili positivi dell’anno poiché gli investitori hanno iniziato a puntare sul fatto che i timori sull’inflazione e la recessione fossero già scontati dai mercati.8
Nel mese, il mercato dei prestiti societari senior ha messo a segno una netta ripresa, compensando le perdite di maggio e giugno.9
PROSPETTIVE
Le prospettive per il futuro non sono molto cambiate: crediamo che gli spread offrano valutazioni interessanti che tuttavia non sembrano coerenti con i fondamentali osservabili a livello aziendale. Tra i potenziali catalizzatori di un rally ci sono i risultati del secondo trimestre che confermano una performance degli emittenti migliore di quella suggerita dai prezzi di mercato o un cambiamento del clima di fiducia macro in cui le banche centrali si orientano verso una politica più equilibrata, mirata sia all’inflazione che alla crescita. Inoltre, un cambiamento del quadro tecnico avrebbe ripercussioni notevoli, vista la scarsa liquidità del mercato in presenza di spread elevati se rapportati al passato.
Manteniamo un atteggiamento prudente nei confronti del mercato high-yield statunitense, in quanto non vi sono elementi sufficienti per suggerire che il contesto favorevole registrato a luglio sia sostenibile. Pertanto, ci aspettiamo un aumento della volatilità nel corso del terzo trimestre. Teniamo un orientamento prudente. Propendiamo a ridurre l’esposizione ai titoli ciclici e ai segmenti che presentano caratteristiche di rischio/rendimento asimmetrico e ad aumentare l’esposizione a idee a maggiore convinzione che hanno subito un’eccessiva pressione sotto il profilo tecnico.
Rimaniamo ottimisti sulle prospettive del mercato dei prestiti e riteniamo che questa asset class sia ben posizionata per il secondo semestre. Nonostante le nostre convinzioni, le prospettive sono certamente rese più cupe dall’aumento degli interrogativi rispetto a uno o due trimestri fa.
Prodotti cartolarizzati
ANALISI MENSILE
Nel mese, l’andamento degli spread nel segmento dei titoli cartolarizzati è stato contrastante: gli spread degli MBS di agenzia si sono notevolmente ristretti, mentre per la maggior parte del credito si sono ampliati.
PROSPETTIVE
Continuiamo a considerare positive le prospettive creditizie fondamentali e riteniamo che gli spread creditizi offrano ora interessanti premi al rischio. Gli spread creditizi di numerosi settori cartolarizzati sono tornati a livelli che si erano visti l’ultima volta all’inizio della pandemia, ma le condizioni del credito sono oggi decisamente migliori.
Considerazioni sui rischi
La diversificazione non garantisce che verranno generati utili e non protegge dalle perdite in una fase di rallentamento del mercato.
Non vi è alcuna garanzia che l’obiettivo d’investimento del portafoglio sarà raggiunto. I portafogli sono esposti al rischio di mercato, ovvero alla possibilità che il valore di mercato dei titoli detenuti dal portafoglio diminuisca e che il valore delle azioni del portafoglio sia conseguentemente inferiore all’importo pagato dall’investitore per acquistarle. I valori di mercato possono cambiare quotidianamente a causa di eventi economici e di altro tipo (ad es. catastrofi naturali, crisi sanitarie, terrorismo, conflitti e disordini sociali) che interessano mercati, paesi, aziende o governi. È difficile prevedere le tempistiche, la durata e i potenziali effetti negativi (ad es. la liquidità del portafoglio) degli eventi. Di conseguenza, l’investimento in un portafoglio può comportare una perdita per l’investitore. I titoli obbligazionari sono soggetti alla capacità dell’emittente di rimborsare puntualmente capitale e interessi (rischio di credito), alle variazioni dei tassi d’interesse (rischio di tasso d’interesse), al merito di credito dell’emittente e alle condizioni generali di liquidità del mercato (rischio di mercato). In un contesto di tassi d’interesse in rialzo, i corsi obbligazionari possono calare e dar luogo a periodi di volatilità e a maggiori richieste di rimborso. In un contesto di calo dei tassi d’interesse, il portafoglio potrebbe generare un reddito inferiore. I titoli con scadenze più lunghe possono essere maggiormente sensibili alle variazioni dei tassi d’interesse. Determinati titoli di Stato americani acquistati dalla strategia, come quelli emessi da Fannie Mae e Freddie Mac, non sono garantiti dal “full faith and credit” (piena fiducia e credito) degli Stati Uniti. È possibile che in futuro questi emittenti non dispongano dei fondi per onorare i propri obblighi di pagamento. I prestiti bancari quotati sono soggetti al rischio di liquidità e ai rischi di credito tipici dei titoli con rating inferiori. Le obbligazioni high yield (dette anche “junk bonds”) sono titoli con rating inferiori che possono comportare livelli più elevati di rischio di credito e di liquidità. I titoli di debito sovrani sono soggetti al rischio di insolvenza. I titoli garantiti da ipoteche e da collaterale sono esposti al rischio di rimborso anticipato e a un più elevato rischio d’insolvenza e possono essere difficili da valutare e vendere (rischio di liquidità). Essi sono altresì soggetti ai rischi di credito, di mercato e di tasso d’interesse. Il mercato valutario è estremamente volatile. e i suoi prezzi sono influenzati da diversi fattori, tra cui la dinamica della domanda e dell’offerta di una determinata valuta, il commercio, i programmi e le politiche fiscali, monetarie e di controllo della valuta nazionale o estera e le variazioni dei tassi d’interesse nazionali o esteri. Gli investimenti nei mercati esteri comportano rischi specifici, quali i rischi di cambio, quelli politici, economici e di mercato. Investire nei mercati emergenti comporta rischi maggiori che investire nei mercati esteri in generale. Gli strumenti derivati possono amplificare le perdite in maniera sproporzionata e incidere significativamente sulla performance. Inoltre possono essere soggetti a rischi di controparte, di liquidità, di valutazione, di correlazione e di mercato. I titoli vincolati e illiquidi possono essere più difficili da vendere e valutare rispetto a quelli quotati in borsa (rischio di liquidità). A causa della possibilità che i rimborsi anticipati alterino i flussi di cassa sulle collateralized mortgage obligation (CMO), non è possibile determinare in anticipo la relativa data di scadenza finale o la vita media. Inoltre, il portafoglio potrebbe subire perdite qualora le garanzie collaterali sulle CMO o eventuali garanzie di terzi fossero insufficienti per onorare i pagamenti.