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E la storia continua...
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Global Fixed Income Bulletin
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dicembre 15, 2021
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dicembre 15, 2021
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E la storia continua... |
Novembre aveva ripreso da dove era terminato ottobre. Elevata volatilità, banche centrali più aggressive (o meno accomodanti), rendimenti in crescita e curva dei rendimenti in appiattimento. Ma verso la metà del mese, le cose sono cambiate. La nuova variante Omicron e l'incertezza relativa al suo possibile impatto, insieme ad un atteggiamento più restrittivo delle banche centrali, hanno stravolto i mercati azionari. Dopo il nuovo picco raggiunto il 18 novembre, l'indice S&P 500 ha subito un calo di quasi 3 punti percentuali rispetto alla prima metà del mese. Gli spread creditizi, dopo essersi allargati leggermente nel corso dei due mesi precedenti, hanno fatto registrare ora un ampliamento netto. E i rendimenti dei Treasury USA a lunga scadenza e altri titoli di Stato privi di rischio hanno fanno registrare un brusco calo (quelli tedeschi maggiore rispetto a quelli statunitensi) con un appiattimento delle curva dei rendimenti in risposta al "sell-off" di azioni e titoli di credito, alle preoccupazioni per la crescita e in previsione di una possibile accelerazione delle politiche restrittive da parte della Fed in un contesto post-Omicron ricco di incertezze. 1
Sembra solo ieri quando i vaccini facevano balenare la speranza che il mondo potesse tornare alla normalità e che fosse possibile ripristinare una situazione pre-covid. Dal punto di vista economico, molti Paesi sono sulla buona strada, ad esempio con un recupero a livello produttivo e un ripristino della piena occupazione. Ma tutto ciò ha un costo: l'aumento dell'inflazione. Che impatto potrà avere Omicron sulla relazione crescita/inflazione? Se siamo fortunati, questa potrebbe rivelarsi una variante meno aggressiva, meno letale e meno virulenta per quanto riguarda le possibili implicazioni a livello di salute. Se così fosse, il processo di normalizzazione potrebbe subire un'accelerata. Una forte crescita, un'inflazione e dei tassi d'interesse più elevati potrebbero avere degli effetti relativamente positivi sui mercati azionari. E se invece Omicron fosse una versione più trasmissibile della variante Delta? Con una maggior resistenza ai vaccini? In questo caso, la crescita rallenterebbe? L’inflazione peggiorerebbe? Si avrebbe un indebolimento delle economie mondiali a causa di un possibile peggioramento dei problemi legati alla supply chain? E/o questo potrebbe causare un calo della domanda a causa di possibili nuove restrizioni alla mobilità? E che impatto avrebbe sulle politiche monetarie?
Per il momento, la migliore delle ipotesi vede uno scenario con un impatto relativamente "soft" di Omicron sulla situazione sanitaria e sull'andamento delle economia. Se questo si verificasse, il rischio maggiore sarebbe quello legato all'inflazione e alle possibili reazioni delle banche centrali. Attualmente, quella a cui stiamo assistendo è probabilmente la situazione più schizofrenica degli ultimi anni per quanto riguarda le politiche delle banche centrali (sia a livello corrente che prospettico). La cosa più importante è che tra tutte è proprio la Fed ad aver adottato l'atteggiamento più aggressivo: se prima l'inflazione era vista per lo più come un fenomeno di carattere passeggero, ora la sua convinzione è cambiata e si tende a considerarla un fattore destinato a durare nel tempo che richiede un cambio a livello di politiche. "È probabile che l'alleggerimento del "quantitative easing" subisca un'accelerazione arrivando al suo culmine prima della fine di luglio", questo è quanto dichiarato dal presidente Powell in una delle sue recenti interviste. Questa situazione apre le porte a un aumento prematuro dei tassi, probabilmente ancora prima del secondo trimestre dell'anno. Altre banche centrali hanno una visione più ottimistica relativamente all'inflazione: tra queste la Banca Centrale Europea (BCE), la banca Popolare Cinese (PBOC), la Bank of Japan, la Riskbank svedese e la Reserve Bank of Australia. Viceversa, molte altre banche centrali, soprattutto nei mercati emergenti, stanno inasprendo in maniera molto aggressiva le relative politiche. Tra i Paesi sviluppati, le banche centrali del Regno Unito, Canada e della Nuova Zelanda sembrerebbero intenzionate ad aumentare i tassi ancora prima della Fed e, nel caso specifico della Nuova Zelanda, a continuare ad aumentarli.
La principale incognita che aleggia sui mercati finanziari è fino a che punto le banche centrali siano disposte a mantenere in essere i piani attuali. Per maggior chiarezza, se prima di Omicron una banca centrale aveva un atteggiamento accomodante, è probabile che lo sia ancor di più una volta passata questa emergenza. Per esempio, la banca centrale svedese sembra essere irremovibile sulle sue convinzioni relativamente a un'inflazione di carattere transitorio che, per questo motivo, non necessita implementare un aumento dei tassi prima del 2024! D'altro canto, il Regno Unito, non molto distante dalla Svezia, sembra essere intenzionato ad aumentare i tassi immediatamente, anche se gli ultimi commenti, indicano che attendere di conoscere meglio l'impatto di Omicron potrebbe rivelarsi vantaggioso. Per quanto riguarda la Fed, non sembrano esservi ostacoli sulla strada della riduzione degli stimoli monetari, che erano essenzialmente una misura d'emergenza, nata per contrastare gli effetti iniziali della pandemia. Con questo livello di inflazione e una crescita e un tasso di occupazione robusti, che senso ha il "quantitative easing"? Non ne ha. Fortunatamente per la Fed, la decisione relativa all'aumento dei tassi potrebbe essere posticipata di parecchi mesi, nell'attesa che si verifichi l'atteso alleggerimento del "quantitative easing", con più tempo a disposizione per valutare l'impatto della variante Omicron e la tendenza inflazionistica. Riassumendo, ci attendiamo un atteggiamento cauto delle banche centrali nei prossimi mesi.
Per quanto riguarda il nostro giudizio sui mercati, abbiamo ridotto in generale i rischi di portafoglio a causa della prospettive incerte. Manteniamo un posizionamento lungo sugli investimenti rischiosi (obbligazioni societarie, titoli cartolarizzati, mercati emergenti), leggermente inferiore rispetto al mese passato, a fronte delle prospettive economiche positive e della solidità dei fondamentali. Ci aspettiamo che i rendimenti dei titoli governativi possano almeno parzialmente invertire la tendenza calante legata a Omicron, anche se eventuali aumenti importanti sono legati a tre fattori: la stabilizzazione dei mercati azionari, la politica aggressiva della Fed e la volatilità. Ma si tratta di un “cammino lungo e impervio".
Nota: performance in USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 30 novembre 2021. Gli indici riportati hanno scopo puramente illustrativo e non intendono rappresentare la performance di un investimento specifico. La performance passata non è garanzia di risultati futuri. Per le definizioni degli indici si rimanda alla sezione successiva.
Nota: per variazione positiva si intende l’apprezzamento della valuta nei confronti dell’USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 30 novembre 2021.
Fonte: Bloomberg, JPMorgan. Dati al 30 novembre 2021.
Prospettive per il mercato obbligazionario
A novembre, fino alla scoperta di Omicron, abbiamo visto un po' la replica di quanto avvenuto ad ottobre. Le banche centrali hanno continuato a portare aventi atteggiamenti e discorsi aggressivi; i rendimenti hanno continuato a crescere e le curve ad ad appiattirsi; e la volatilità era elevata. Poi è arrivata la variante Omicron, o meglio, è stata scoperta. Tutto ciò, abbinato a valutazioni difficoltose e alla politica aggressiva della Fed, ha avuto un forte impatto sui mercati azionari. Fino alla metà del mese, l'indice S&P 500 aveva fatto registrare un nuovo massimo. Nella seconda metà del mese invece, abbiamo avuto un calo di quasi il 3%. Gli spread dei titoli investment grade hanno fatto registrare un ampliamento di circa 12 punti base (bps) (uno scostamento enorme per questo tipo di mercato) e gli high yield 50 bps. Dei movimenti che, lungi dal far presagire un "Bear market", rappresentano comunque una correzione importante considerando i solidi fondamentali delle aziende. In assenza di variazioni di rilievo in questi mercati per oltre un anno, questo era probabilmente qualcosa atteso da tempo, da vedere come una sana evoluzione considerando l'esuberanza forse esagerata dei mercati finanziari negli ultimi mesi.
Per quanto riguarda il futuro, riteniamo che la variante Omicron e gli effetti residui della variante Delta non causeranno grandi impatti sull'andamento economico dei mercati finanziari interrompendone il trend. Sicuramente, anche se gli effetti della pandemia continueranno a frenare in qualche modo l'economia e nonostante le banche centrali e i governi in generale (ad eccezione della Cina) stiano ritirando gli aiuti economici, i bilanci delle famiglie e delle imprese sono sufficientemente solidi da far presagire una crescita e, purtroppo, anche un'inflazione superiore alla media nel 2022. L'inflazione continua a essere un problema per la maggior parte dei paesi, mentre le prospettive di crescita restano resilienti malgrado i venti contrari legati alla pandemia (ad esempio, le restrizioni della mobilità e l'aumento dei prezzi energetici). Prevediamo un'accelerazione della crescita globale nel quarto trimestre, con una leggera riduzione della pressione inflazionistica, che non sembra aver raggiunto il suo picco. Inoltre, la variante Omicron non sembra avere effetti positivi su questa dinamica. Sfortunatamente, ciò significa che le preoccupazioni relative all'inflazione sono destinate a persistere e che le banche centrali, come la Fed, manterranno i programmi legati a una riduzione degli stimoli monetari.
Malgrado questo sentimento generale di grande preoccupazione relativamente all'inflazione, prevediamo una reazione moderata e ponderata delle banche centrali, soprattutto fintanto che la variante Omicron resta in circolazione. Dobbiamo considerare che, anche se la Fed sembra essere fermamente intenzionata a irrigidire la propria politica monetaria, lo stesso non si può dire per le altre tre principali banche centrali: BCE, PBOC, BoJ. Per il 2022, non prevediamo che la politica monetaria a livello globale, nelle economie maggiormente sviluppate, possa soffrire un eccessivo irrigidimento. Le banche centrali dei mercati emergenti (EM) invece, sono orientate in tutt'altra direzione, soprattutto per quanto riguarda l'America Latina e i paesi CEMEA. Le banche centrali che pensano di adottare una politica più rigida, molto probabilmente implementeranno le relative azioni in modo graduale, evitando che queste possano suggerire l'esigenza di una politica monetaria “restrittiva”, puntando invece sul ridimensionamento delle misure espansive. Anche se va detto che, con la Fed che prevede di mettere fine al "quantitative easing" entro la prima metà del 2022 e aumentare i tassi nel corso dell'anno, sarà più facile seguire lo stesso cammino per le altre banche centrali.
Questa prospettiva relativamente ottimistica in relazione alla politica monetaria non è priva di rischi. Le pressioni inflazionistiche non si stanno attenuando, o perlomeno non abbastanza rapidamente. I timori relativi gli effetti di secondo ordine e all’impennata dei prezzi delle abitazioni preoccupano le banche centrali. L’ultima forte spinta al rialzo è stata esercitata dai rincari dell’energia (in particolare i prezzi del gas naturale in Europa), ma le pressioni sono più ampie: anche molte altre materie prime (ad esempio, i generi alimentari, una particolare preoccupazione per le banche centrali dei mercati emergenti) sono sui massimi pluriennali, i colli di bottiglia dovuti al Covid continuano a rallentare le forniture di molti beni di consumo e diverse economie sviluppate riportano carenze di manodopera. Omicron potrebbe esacerbare alcuni di questi effetti. Al momento non è ancora chiaro se questi problemi siano di carattere persistente o permanente, ciò che è certo è che l’attuale impennata dell’inflazione durerà più a lungo di quanto inizialmente previsto. Da ciò deriva l’esigenza delle banche centrali di giocare in difesa e di impegnarsi in strategie di mitigazione del rischio che implicano una riduzione delle misure espansive.
Un aspetto importante che contribuisce a mantenere bassi i rendimenti a lunga scadenza (al di fuori della liquidità massiva globale) riteniamo che siano le aspettative relative ai tassi finali, ovvero che i livelli dei tassi ufficiali non facciano registrare nuovi picchi. Infatti, le aspettative di mercato attuali vedono per questo ciclo dei tassi limite nettamente inferiori a quelli registrati durante il ciclo precedente (2015-2018) Il rischio per le valutazioni obbligazionarie deriva più dalla durata del ciclo di rialzi e dall’eventuale tasso di riferimento finale che non dal ritmo o dalla data relativa all'inizio di questa dinamica (benché questi fattori siano rilevanti per la forma della curva dei rendimenti). Qualora però i mercati dovessero iniziare a prevedere un ciclo più normale per quanto riguarda le banche centrali, riteniamo allora che i rendimenti potrebbero salire ulteriormente. Di recente, il nervosismo è aumentato anche tra chi investe in obbligazioni, facendo allargare gli spread. Riteniamo che ciò sia principalmente dovuto al restringimento dei differenziali fatto registrare negli ultimi tempi piuttosto che a un incremento significativo del rischio di insolvenza o al deterioramento dei fondamentali. Un ulteriore allargamento potrebbe rappresentare una buona opportunità di acquisto. I rischi relativi ai ME sono limitati principalmente a rischi di carattere locale. Con gli atteggiamenti aggressivi delle banche centrali e in presenza ancora di un'evidente pressione inflazionistica, l'ottimismo è al momento prematuro, nonostante i rialzi dei tassi verificatisi negli ultimi mesi. Le politiche meno accomodanti della Fed nei prossimi mesi saranno un'ulteriore sfida. Anche la politica in molti paesi sta iniziando a "battere cassa".
Alla luce di queste considerazioni, quali sono le nostre prospettive sui mercati? In generale, confermiamo il sovrappeso nei settori ciclici più rischiosi, ma abbiamo lievemente ridotto il rischio date le valutazioni e l’aumento della volatilità/incertezza. Per quanto riguarda i titoli di Stato, ci aspettiamo che i rendimenti si muovano al rialzo anche se si tratterà probabilmente di un processo lungo e laborioso, considerati gli elevati livelli di liquidità/risparmi globali e la probabile lentezza del ciclo d’inasprimento. Detto ciò, riteniamo che i bassi tassi terminali previsti e i rendimenti reali fortemente negativi rendano relativamente poco appetibili le obbligazioni a più lunga scadenza. Le obbligazioni con una scadenza inferiore risultano più attraenti grazie al premio al rischio maggiore. Il pericolo è che, qualora i livelli d'inflazione dovessero rimanere ostinatamente elevati a dicembre e nei primi mesi del 2022, le attese relative a un irrigidimento potrebbero aumentare. In ogni caso, Omicron rimane una variabile ancora sconosciuta. Confermiamo il sovrappeso nei segmenti delle obbligazioni societarie (anche se in maniera inferiore rispetto al mese precedente) e nei prodotti cartolarizzati, in particolare nelle emissioni investment grade di qualità inferiore e in alcuni titoli high yield selezionati (evitando gli eccessi relativi al beta di mercato). Siamo invece sovraesposti ad alcuni mercati emergenti, che a nostro avviso offrono opportunità idiosincratiche.
Tassi d’interesse e di cambio dei mercati sviluppati
Analisi mensile
I rendimenti dei mercati sviluppati hanno mostrato un'elevata volatilità nel corso del mese di novembre. Inizialmente il vigore dei dati economici, le preoccupazioni relative all'inflazione e le politiche centrali aggressive hanno portato a un aumento dei tassi, a delle aspettative superiori relative ai livelli d'inflazione e ad un incremento ancora più netto dell'inclinazione della curva dei rendimenti. Tutto questi aspetti, comunque, alla fine sono stati offuscati dalle preoccupazioni relative al COVID che hanno portato a un rovesciamento della situazione. Gli aumenti iniziali dei tassi si sono trasformati in un calo generalizzato degli stessi, con la curva dei rendimenti che ha fatto registrare il maggior appiattimento dell’anno.2
Prospettive
Nel caso in cui Omicron dovesse ripercuotersi negativamente e in maniera significativa sulle prospettive economiche, i titoli di stato potrebbero mantenersi al livello attuale per un certo periodo di tempo. Ciononostante, i ripetuti aumenti, superiori alle attese, del tasso d''inflazione, con alcuni segnali che fanno presagire un'inflazione di carattere persistente, stanno mettendo sotto pressione le banche centrali, spingendole a normalizzare le loro politiche monetarie in tempi più ristretti. Prevediamo che la maggior parte delle banche centrali di mercati sviluppati inizino ad aumentare i tassi nel corso del 2022 (qualora non l'abbiano già fatto), con le uniche eccezioni rappresentate dalla BCE, la RBA (Reserve Bank of Australia) e la BoJ (Bank of Japan). Sui mercati valutari, abbiamo visto un apprezzamento delle valute di molti mercati emergenti rispetto alle valute del G10. Ad ogni modo, il "sentiment" di rischio negativo e i maggiori rischi di tipo macro, potrebbero causare una bassa quotazione delle valute dei ME per qualche tempo. Tra le valute G10, si riscontrano poche variazioni a livello di quotazioni e, di conseguenza, gli effetti sul nostro posizionamento attuale sono abbastanza neutrali.
Tassi d’interesse e di cambio dei mercati emergenti
Analisi mensile
A novembre, il debito sovrano dei ME ha generato rendimenti negativi, con la componente in valuta forte in calo del -1,8%, per effetto dell’ampliamento degli spread, compensato in parte da un rialzo dei Treasury USA.3 I titoli societari dei mercati emergenti hanno chiuso il mese col segno meno e il segmento high yield ha sottoperformato quello investment grade. Anche le emissioni in valuta locale hanno chiuso in territorio negativo principalmente a causa del deprezzamento delle valute emergenti rispetto al dollaro statunitense. A livello geografico, a novembre, le obbligazioni di Malesia, Marocco, Ungheria e Cina hanno conseguito le migliori performance, mentre quelle di Libano, Etiopia ed El Salvador hanno sottoperformato. A livello settoriale, le aziende dei settori diversificati e infrastrutture hanno guidato la classifica, mentre quelle dei settori petrolio/gas, metalli/estrazioni e immobiliare hanno sottoperformato.4, 5
Prospettive
L’irrigidimento delle politiche monetarie globali, determinato dall’aumento dell’inflazione, come anche le incertezze sulla contagiosità della nuova variante Omicron e sul suo impatto a livello di crescita e inflazione globali, ci inducono ad adottare un orientamento prudente verso il debito dei mercati emergenti. Nonostante le valutazioni convenienti, nel breve termine i titoli sovrani high yield potrebbero continuare a sottoperformare le obbligazioni societarie investment grade. Similmente, a livello locale, i mercati valutari dei ME potrebbero andare incontro a difficoltà qualora il dollaro statunitense si dovesse mantenere forte. Sul versante del debito in valuta locale, preferiamo le curve dei rendimenti che scontano già una stretta monetaria aggressiva.
Credito
Analisi mensile
A novembre, i differenziali creditizi si sono significativamente ampliati davanti alla diffusione di un "sentiment" di avversione al rischio. A livello settoriale e societario, l’attenzione è stata catalizzata dagli utili del terzo trimestre che hanno confermato l'andamento positivo, con un impatto dell'aumento dei costi sui margini inferiore rispetto alle attese.6 A novembre, la forte volatilità che ha interessato gli attivi rischiosi a livello globale ha messo sotto pressione anche il mercato high yield. Entro la fine del mese, la media degli spread creditizi era aumentata di oltre mezzo punto percentuale.7 Nel corso del mese, le performance dei titoli convertibili globali hanno sottoperformato rispetto a quelli azionari e creditizi con il concomitante calo dell’indice Refinitv Global Convertibles Focus.8 I prezzi dei prestiti hanno continuato a consolidarsi per buona parte delle prime tre settimane di novembre. La domanda record da parte degli investitori e una condizione generalizzata di deficit negli approvvigionamenti sono stati ancora tra i fattori determinanti. Dopo i picchi registrati nel corso del mese, passate le feste, i prezzi dei prestiti hanno cominciato a scendere in concomitanza dei primi effetti delle notizie relative al virus sulla psicologia degli investitoti e sui mercati finanziari.9
Prospettive
In prospettiva non rileviamo modifiche sostanziali nello scenario di base relativo al quadro creditizio; le valutazioni appaiono piene ma i fondamentali sono ben supportati da quattro fattori: (1) le condizioni finanziarie ancora accomodanti che dovrebbero mantenere bassi i tassi d’insolvenza; (2) l’economia destinata a risollevarsi grazie alle campagne di vaccinazione che stanno consentendo di riaprire le attività, (3) la robusta redditività delle aziende caratterizzate da una strategia di bilancio prudenziale in presenza di una situazione ancora di grandi incognite e (4) la domanda di titoli di credito che dovrebbe mantenersi vivace visto il desiderio di investire la liquidità in eccesso. Ci attendiamo una certa volatilità di qui a fine anno, considerato il clima di incertezza e scarsa propensione al rischio.
Prodotti cartolarizzati
Analisi mensile
I titoli cartolarizzati hanno avuto un andamento instabile nel corso del mese di novembre, con delle performance principalmente influenzate dalla liquidità e dallo spessore delle garanzie, piuttosto che da timori specifici sui meriti di credito. Le nuove emissioni e il mercato secondario hanno fatto registrare una vivace attività con i settori principali e quelli caratterizzati da una maggiore liquidita che hanno sovraperformato quelli più esotici.10 Gli MBS di agenzia hanno esibito un andamento nettamente negativo nel mese, a causa dell'impatto dell'appiattimento della curva e di un possibile inizio anticipato del tapering della Fed.11 I differenziali creditizi dei titoli garantiti da ipoteche residenziali (RMBS) statunitensi non di agenzia hanno avuto un andamento eterogeneo, anche se questi sono stati prevalentemente piatti o hanno fatto registrare aumenti nella maggior parte del settore. I livelli delle nuove emissioni di titoli RMBS non di agenza si sono mantenuti elevati, creando pressioni su alcuni segmenti del mercato.12 Anche i differenziali degli ABS statunitensi hanno terminato il mese in crescita, sia nei rami di maggiore liquidità (auto e carte di credito) che in quelli meno liquidi (prestiti al consumo e gli ABS su aeromobili), con un allargamento degli spread.13 Gli spread dei titoli USA garantiti da ipoteche commerciali (CMBS) si sono parimenti allargati.14 In Europa, nel mese, l'attività su RMBS, CMBS e ABS si è mantenuta elevata e i differenziali della regione sono rimasti stabili. I differenziali dei titoli cartolarizzati europei sono rimasti relativamente ristretti in confronto a quelli degli analoghi titoli cartolarizzati USA, malgrado la possibilità che la Banca centrale europea (BCE) possa ridurre gli acquisti di attività.15
Prospettive
A dicembre, ci attendiamo un rallentamento dell'attività di mercato. L'aumento dei tassi e l'ampliamento degli spread in vista della fine dell'anno potrebbero frenare i volumi di transazioni. I fondamentali creditizi dovrebbero mantenersi sani, soprattutto nei settori degli immobili residenziali e dei beni di consumo. I mercati europei dei titoli cartolarizzati dovrebbero rimanere ben supportati dai tassi storicamente bassi in Europa e dai programmi di acquisto di attivi e di prestiti della BCE e della BOE, anche se è possibile che vengano ridimensionati nei prossimi mesi.
CONSIDERAZIONI SUI RISCHI
La diversificazione non garantisce che verranno generati utili e non protegge dalle perdite in una fase di rallentamento del mercato.
Non vi è alcuna garanzia che l’obiettivo d’investimento del portafoglio sarà raggiunto. I portafogli sono esposti al rischio di mercato, ovvero alla possibilità che il valore di mercato dei titoli detenuti dal portafoglio diminuisca e che il valore delle azioni del portafoglio sia conseguentemente inferiore all’importo pagato dall’investitore per acquistarle. I valori di mercato possono cambiare quotidianamente a causa di eventi economici e di altro tipo (ad es. catastrofi naturali, crisi sanitarie, terrorismo, conflitti e disordini sociali) che influenzano i mercati, i Paesi, le aziende o i governi. È difficile prevedere le tempistiche, la durata e i potenziali effetti negativi (ad esempio la liquidità del portafoglio) degli eventi. Di conseguenza, l’investimento in un portafoglio può comportare una perdita per l’investitore. I titoli obbligazionari sono soggetti alla capacità dell’emittente di rimborsare puntualmente capitale e interessi (rischio di credito), alle variazioni dei tassi d’interesse (rischio di tasso d’interesse), al merito di credito dell’emittente e alle condizioni generali di liquidità del mercato (rischio di mercato). In un contesto di tassi d’interesse in rialzo, i corsi obbligazionari possono calare e dar luogo a periodi di volatilità e a maggiori richieste di rimborso. In un contesto di calo dei tassi d’interesse, il Portafoglio potrebbe generare un reddito inferiore. I titoli con scadenze più lunghe possono essere maggiormente sensibili alle variazioni dei tassi d’interesse. Determinati titoli di Stato americani acquistati dalla strategia, come quelli emessi da Fannie Mae e Freddie Mac, non sono garantiti dal “full faith and credit” (piena fiducia e credito) degli Stati Uniti. È possibile che in futuro questi emittenti non dispongano dei fondi per onorare i propri obblighi di pagamento. I prestiti bancari quotati sono soggetti al rischio di liquidità e ai rischi di credito tipici dei titoli con rating inferiori. Le obbligazioni high yield (dette anche “junk bonds”) sono titoli con rating inferiori che possono comportare livelli più elevati di rischio di credito e di liquidità. I titoli di debito sovrani sono soggetti al rischio di insolvenza. I titoli garantiti da ipoteche e da collaterale sono esposti al rischio di rimborso anticipato e a un più elevato rischio d’insolvenza e possono essere difficili da valutare e vendere (rischio di liquidità). Essi sono altresì soggetti ai rischi di credito, di mercato e di tasso d’interesse. Il mercato valutario è altamente volatile e i suoi prezzi sono influenzati da diversi fattori, tra cui la dinamica della domanda e dell’offerta di una determinata valuta, il commercio, i programmi e le politiche fiscali, monetarie e di controllo della valuta nazionale o estera e le variazioni dei tassi d’interesse nazionali o esteri. Gli investimenti nei mercati esteri comportano rischi specifici, quali rischi di cambio, politici, economici e di mercato. Investire nei paesi emergenti comporta rischi maggiori che investire nei mercati esteri in generale. Gli strumenti derivati possono amplificare le perdite in maniera sproporzionata e incidere significativamente sulla performance. Inoltre possono essere soggetti a rischi di controparte, di liquidità, di valutazione, di correlazione e di mercato. I titoli vincolati e illiquidi possono essere più difficili da vendere e valutare rispetto a quelli quotati in borsa (rischio di liquidità). A causa della possibilità che i rimborsi anticipati alterino i flussi di cassa sulle collateralized mortgage obligation (CMO), non è possibile determinare in anticipo la relativa data di scadenza finale o la vita media. Inoltre, il portafoglio potrebbe subire perdite qualora le garanzie collaterali sulle CMO o eventuali garanzie di terzi fossero insufficienti per onorare i pagamenti.