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Global Fixed Income Bulletin
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dicembre 31, 2022

2022: Arrivederci, addio, amen!

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dicembre 31, 2022

2022: Arrivederci, addio, amen!


Global Fixed Income Bulletin

2022: Arrivederci, addio, amen!

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dicembre 31, 2022

 
 

Il 2022 si è concluso col botto, ma non in senso positivo. Il mese di dicembre è stata la degna conclusione di un anno terribile sia per il comparto obbligazionario che per le attività finanziarie in generale, ed è stato caratterizzato da un’ulteriore impennata dei tassi. L’ottimismo derivante dal rallentamento dell’inflazione, dall’indebolimento della crescita e dalla moderazione delle politiche monetarie si è rivelato illusorio. Le principali banche centrali, la Fed, la Banca centrale europea e la Banca d’Inghilterra hanno alzato i tassi di 50 punti base (pb). La BCE ha sottolineato che gli interventi non termineranno qui data la previsione di un’inflazione pluriennale ancora superiore al target. Sembra che la Fed abbia fatto dei passi indietro rispetto ai commenti espressi a novembre, in cui affermava di voler aspettare gli effetti sull’economia della stretta monetaria già attuata, prima di impegnarsi in un ulteriore rialzo dei tassi. Ma il cambio di direzione è stato palese. Non sorprende come le obbligazioni europee siano state particolarmente colpite, con i tassi decennali francesi che hanno messo a segno un rialzo di oltre 70 pb, seguiti da quelli tedeschi. I Treasury statunitensi hanno registrato performance discrete, con i rendimenti decennali in rialzo di soli 27 pb. Nel corso del mese, i mercati creditizi hanno seguito un andamento opposto, risentendo della lieve compressione del mercato creditizio europeo e dei titoli investment grade statunitensi. L’high yield statunitense è stata l’unica eccezione, registrando un ampliamento di oltre 20 punti rispetto ai principali indici. Anche i mercati dei titoli cartolarizzati hanno registrato una performance positiva in termini di spread, stando al passo con i rialzi messi a segno dai mercati del credito societario. Il comparto azionario, a seguito dello straordinario rally registrato tra fine estate e inizio autunno, ha accusato un forte peggioramento, evidenziato da una riduzione dello S&P 500 di quasi il 6% su base mensile.

 
 

Perchè i rendimenti sono aumentati in maniera così significativa? Sono diversi i fattori da considerare. Innanzitutto, la conferma dell’orientamento restrittivo da parte delle banche centrali. Sarebbe stato un desiderio velleitario più che una previsione basata su fatti concreti, l’aspettativa di un orientamento più accomodante da parte della Fed e dalla BCE. Purtroppo non è stato così. In secondo luogo, tra lo stupore generale, vi è stata la decisione della Banca del Giappone (BoJ) di correggere la politica di controllo della curva dei rendimenti (YCC), aumentando da 25 a 50 pb il livello massimo di oscillazione dei titoli di Stato (JGB) decennali. Pur non trattandosi di una modifica rilevante in termini assoluti, ha avuto un effetto significativo viste, soprattutto, le previsioni attese. La mossa lascia intuire come nel 2023 potranno essere previste ulteriori correzioni, sia in termini di obiettivi lungo la curva dei rendimenti, che di politica monetaria convenzionale. Ciò porta ad un aumento dell’attrattivà dei titoli di Stato giapponesi per gli investitori locali, che potrebbero scegliere di investire meno capitale nei mercati esteri. Questo timore, sommandosi alle preoccupazioni suscitate dall’impossibilità di quantificare la stretta monetaria che un’altra importante banca centrale si accinge ad avviare, ha incrementato l’ansia e la volatilità dei mercati.

Al nervosismo generato dalle decisioni delle banche centrali, si sono aggiunti gli effetti di altre dinamiche. La Cina ha interrotto il perseguimento della strategia “zero-Covid” per spingersi verso un approccio privo di restrizioni. Si prevedeva che ciò sarebbe accaduto nel 2023 in maniera graduale.  Il cambio di orientamento potrebbe avere un impatto negativo sulla crescita nel breve termine, accellerando tuttavia la riapertura dell’economia, stimolando la crescita sia domestica che estera e allentando le pressioni disinflazionistiche globali. Il comparto azionario cinese ha reagito in maniera positiva al nuovo assetto, alimentando l’ottimismo sulle capacità di crescita dell’economia. 

L’evolversi della situazione in Cina e in Giappone ha avuto ripercussioni particolarmente negative sulle obbligazioni denominate in dollari australiani. La banca centrale australiana (RBA), attraverso il sostegno al mercato obbligazionario nazionale, era classificata come una delle banche centrali più accomodanti del G10. Tuttavia, la riapertura della Cina e la correzione delle politiche monetarie della Banca del Giappone hanno generato un certo nervosismo nel mercato obbligazionario australiano, causando un aumento dei rendimenti decennali australiani superiore a 50 punti base e invertendone la performance, precedentemente positiva, rispetto ai Treasury statunitensi.

Un altro sviluppo degno di nota nel mese di dicembre è stata la perdurante debolezza del dollaro statunitense. L’effetto combinato delle valutazioni, del maggiore irrigidimento delle altre banche centrali (BCE e BoJ, in particolare) e di una crescita continua e soddisfacente fuori degli Stati Uniti, ha favorito le economie non statunitensi, impattando negativamente il comparto obbligazionario e positivamente quello valutario. Riteniamo che l’indebolimento del dollaro sia un segnale importante che dimostra come il peggio sia ormai passato, sia per l’economia globale che, soprattutto, per i mercati emergenti.

Ci sono delle buone notizie: i rendimenti sono cresciuti rispetto ai livelli di fine novembre (e a maggior ragione rispetto ai livelli d’inizio 2022), generando ottimismo sulle aspettative di performance per il 2023; il dollaro statunitense ha iniziato a perdere terreno; e gli spread creditizi si sono significativamente ampliati rispetto alla prima parte del 2022. E per la prima volta dal 2014, i titoli obbligazionari con rendimento negativo sono adesso pari a zero. Si tratta di un traguardo importante che consente al comparto obbligazionario di tornare ad essere redditizio e a fornire una protezione in caso di sorprese negative. Per ottenere un simile risultato, ci sono voluti “solamente” un sell-off da record e i rendimenti peggiori degli ultimi 100 anni. Possano i rendimenti negativi essere soltanto un lontano ricordo.

 
 
FIGURA 1
 
Performance degli asset da inizio anno
 

Nota: performance in USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 31 dicembre 2022. Gli indici riportati hanno scopo puramente illustrativo e non intendono rappresentare la performance di un investimento specifico. I rendimenti passati non sono indicativi dei risultati futuri. Per le definizioni degli indici si rimanda alla sezione successiva

 
FIGURA 2
 
Variazioni valutarie mensili rispetto all’USD
 

per variazione positiva si intende l’apprezzamento della valuta nei confronti dell’USD. Fonte: Bloomberg. Dati al 31 dicembre 2022.

 
FIGURA 3
 
Principali variazioni mensili dei rendimenti e degli spread decennali
 

Fonte: Bloomberg, JPMorgan. Dati al 31 dicembre 2022

 
 

Prospettive per il mercato obbligazionario

L’inizio del 2023 definisce un contesto più solido e sicuro per il mercato obbligazionario. I rendimenti sono sensibilmente più elevati e gli spread si sono ampliati, lasciando presagire una migliore performance per il 2023 e una protezione in caso di sorprese negative inaspettate. Anche se quest’anno i rendimenti dei titoli di Stato dovessero salire, è improbabile che aumentino al livello tale da compensare il proprio carry/redditività. E’ molto raro che il mercato obbligazionario realizzi una performance negativa per due anni consecutivi. Ma il 2022 è stato un anno particolare. Fare congetture sulla base degli eventi dell’anno appena passato può rivelarsi un’impresa difficile.

Il ciclo di inasprimento delle politiche monetarie globali si concluderà probabilmente entro il primo semestre, riducendo in modo significativo le incertezze su questo fronte. La dispersione, che probabilmente caratterizzerà i tassi di riferimento rispetto alle aspettative previste, sarà molto più bassa nel 2023, ad esempio il tasso dei Fed Fund si attesterà al 4,75% o al 5,25%.

Le incertezze permangono, ma riguardano principalmente la recessione piuttosto che l’inflazione e gli esiti delle politiche monetarie. La risposta alla domanda “Quanto sarà duro l’atterraggio delle economie nel 2023?” determinerà la direzione e l’entità delle oscillazioni dei tassi e degli spread. Gli eventi dell’anno scorso hanno fatto emergere come gli shock inflazionistici abbiano ricadute negative su quasi tutti gli asset finanziari. L’inflazione ai massimi decennali ha imposto tassi d’interesse ai massimi decennali. I tassi d’interesse elevati aumentano i rendimenti reali, minando le valutazioni creditizie e azionarie. Dato che fino ad adesso non c’era mai stato un anno negativo sia per il mercato azionario che obbligazionario, il 2023 potrà solo essere migliore.

Noi crediamo di sì. I tassi sono molto più alti e più vicini alle medie pre-pandemia. Prevediamo che nel 2023 il comparto obbligazionario registrerà performance migliori. Non nutriamo alcun dubbio sul fatto che l’obbligazionario tornerà di moda, dato il livello dei rendimenti, le perduranti incertezze sul comparto azionario e le probabilità di un notevole calo della dispersione tra gli esiti possibili.   

Il primo elemento d’incertezza riguarda l’entità del rialzo dei tassi da parte delle banche centrali. La buona notizia è che qualunque intervento attuato dalle banche centrali sarà di portata nettamente inferiore rispetto a quelli del 2022 e che, sopratutto, gran parte dei rialzi sono già stati scontati. Molte banche centrali dei mercati emergenti hanno ormai concluso i rispettivi cicli di rialzo ritenendo sufficienti le misure restrittive adottate fino a questo momento. Come conseguenza, gli shock legati alle politiche monetarie saranno molto più contenuti. I mercati, tuttavia, mantengono un orientamento più accomodante rispetto alle banche centrali, creando i presupposti per sorprese negative inaspettate.

Ad esempio, sebbene il picco del tasso sui Fed Fund prospettato dal mercato sia inferiore di soli 25 punti base a quello previsto dalla Fed, c’è una notevole differenza di vedute. La Fed ritiene che tale valore, pari a circa il 5%, sia probabilmente una soglia minima, mentre il mercato ritiene che non solo sia una soglia massima, ma che scenderà in modo significativo tra la fine del 2023 e il 2024. Se la Fed ha fatto delle previsioni corrette, ovvero se l’economia statunitense si rivelerà più forte e/o l’inflazione rimarrà elevata, il mercato obbligazionario statunitense dovrà procedere a una correzione. Con ogni probabilità i rendimenti dei Treasury decennali statunitensi tornerebbero a superare il 4%. La buona notizia è che lo sviluppo negativo consisterebbe, al massimo, in un aumento di 50 punti base. Si tratta di un aumento di gran lunga inferiore rispetto al 2022 e meno dannoso per la performance, considerati i rendimenti di partenza più elevati. Un’analisi simile è prevista per la maggior parte dei mercati obbligazionari dei paesi sviluppati.

È probabile che le banche centrali abbiano adottato tutti gli accorgimenti necessari a rallentare la domanda aggregata in misura sufficiente a consolidare il trend disinflazionistico. Le banche centrali hanno compiuto grandi progressi nel portare i tassi di riferimento in territorio restrittivo, aumentandoli ad un ritmo mai registrato negli ultimi 40 anni e contribuendo all’aumento dei tassi reali, considerati l’indicatore più importante dell’inasprimento monetario.  

La principale divergenza di vedute tra il mercato e la Fed riguarda la durata del periodo di permanenza dei tassi al 5%. È nell’interesse della Fed confermare l’irrigidimento delle condizioni finanziarie durante la fase disinflazionistica. Il mercato però ritiene, e la storia lo conferma, che la Fed invertirà il suo orientamento non appena l’inflazione sarà scesa intorno al 2% e/o l’espansione mensile dei posti di lavoro passerà in territorio negativo. La conseguenza di ciò sarà inevitabilmente l’aumento dei rendimenti nel lungo termine. Il rischio maggiore è rappresentato dal perdurare dell’inflazione ostinata e del livello dei salari.

Il segmento obbligazionario su cui siamo più ottimisti è rappresentato dal mercato delle cartolarizzazioni, nonostante gli elevati tassi d’interesse e i rischi di recessione che caratterizzano gli Stati Uniti e l’Europa. Il mercato cartolarizzato è costituito principalmente da titoli garantiti da ipoteche residenziali e commerciali e da titoli garantiti da collaterale. I relativi rendimenti sono raddoppiati rispetto all’anno scorso e gli spread sono notevolmente più ampi rispetto ai mercati del credito societario (ad eccezione delle obbligazioni societarie con rating CCC). Riteniamo che le preoccupazioni nei confronti del mercato creditizio siano superflue, in quanto i tassi (per effetto della compressione degli spread o del calo dei rendimenti dei titoli di Stato) chiuderanno il 2023 al ribasso. Nell’ambito del credito cartolarizzato, privilegiamo i mutui residenziali non di agenzia, nonostante si prospetta un probabile calo dei prezzi delle abitazioni statunitensi nel 2023. Privilegiamo il mercato statunitense a quelle europeo, date le valutazioni ed i rischi economici, tra cui quelli politici.

Nel 2022, i mercati del credito societario hanno registrato la peggiore performance di sempre. Alle valutazioni attuali, le obbligazioni investment grade non appaiono né costose né convenienti. Per contro, i livelli dei rendimenti sembrano interessanti per gli investitori. Pur non ritenendo che gli spread creditizi investment grade si abbasseranno significativamente nel 2023, il rendimento offerto fornisce una buona protezione dal rischio di shock da tassi di interesse o persino da una lieve recessione, vista la solida base di partenza dei fondamentali societari. Noi acquistiamo durante i periodi di ribasso.

Un’analisi simile supporta il credito high yield, pur comportando un rischio maggiore derivante da una possibile recessione nel 2023. Non prevediamo un rischio di recessione tangibile ma ci attendiamo una crescita lenta o inferiore al trend, con un aumento graduale della disoccupazione. È probabile che si verifichi un aumento, non esponenziale, dei tassi di insolvenza, come avverrebbe nel caso di una recessione tradizionale. Qualora si verificasse uno scenario recessivo, si presenterà probabilmente con caratteristiche diverse, dato il contesto di forte crescita del PIL nominale e dei salari. Dal momento che gli indici high yield si attestano circa al 9%, c’è un ampio margine di allargamento per gli spread e per la generazione di rendimenti attorno al 5% o superiori. Inoltre, sarebbe inconsueto assistere a due anni consecutivi di rendimenti negativi per l’high yield.

Il dollaro statunitense sembra aver raggiunto il picco. Un ulteriore indebolimento potrebbe richiedere del tempo, in particolare se la Fed dovesse confermare l’intenzione di NON tagliare i tassi nel 2023. L’obbligazionario dei mercati emergenti (ME) sta diventando sempre più interessante con l’aspettativa di una sovraperformance dei mercati in valuta locale ed estera. I differenziali di rendimento reali dei Treasury USA si attestano su livelli storicamente elevati. La riapertura della Cina dovrebbe rappresentare un aspetto positivo per i mercati emergenti e per l’economia globale. Il rafforzamento dell’economia cinese, tuttavia, potrebbe ostacolare le banche centrali dei paesi sviluppati nel loro tentativo di rallentare l’inflazione. Il debito estero dei mercati emergenti resta il segmento meno favorito nell’obbligazionario emergente.

Tassi d’interesse e tassi di cambio dei mercati sviluppati

Analisi mensile
Il 2022 si è concluso con un livello più elevato dei tassi dopo un ribasso generalizzato nel mese di dicembre, in quanto i dati sull’economia sono rimasti relativamente incoraggianti, le banche centrali hanno manifestato l’intenzione di proseguire la politica restrittiva e il Giappone ha corretto la politica di controllo della curva dei rendimenti. Il tasso statunitense a 10 anni ha chiuso al 3,88%, circa 225 pb in più rispetto al livello di inizio anno. Nel corso del mese, la Fed ha rallentato il ritmo dei rialzi dei tassi, aumentando il tasso di riferimento di 50 pb. Anche BoC, SNB, BoE e BCE hanno optato per rialzi di 50 pb. La BoJ, in particolare, ha sorpreso i mercati correggendo la politica di controllo della curva dei rendimenti, portando da 25 a 50 pb la deviazione ammessa rispetto all’obiettivo dello 0% per i tassi a 10 anni. Come conseguenza, i titoli di Stato giapponesi, non più vincolati, hanno subito un brusco arretramento, allineandosi ai fondamentali, mentre lo yen giapponese si è rafforzato.1

Prospettive
Sebbene la Fed abbia ufficialmente rallentato il ritmo dei rialzi, è sicuramente più importante capire quale sarà l’evoluzione dei tassi in futuro. L’entità e la durata dei rialzi dei tassi da parte delle banche centrali dipenderanno principalmente dal profilo della crescita e dall’andamento dell’inflazione. Riteniamo che il valore di mercato dei tassi si avvicini al fair value. Tuttavia, le banche centrali hanno chiaramente indicato la propria intenzione di mantenere i tassi elevati e anche se l’inflazione continuerà a scendere rispetto al picco precedente, i dati riguardanti l’inflazione e il mercato del lavoro continuano a indicare un surriscaldamento dell’economia. Se tale situazione dovesse persistere, l’inflazione potrebbe attestarsi su livelli più alti di quelli che le banche centrali ritengono accettabili. Di conseguenza, sussiste ancora il rischio di un ulteriore, leggero rialzo dei tassi.  Il dollaro statunitense ha beneficiato della svolta restrittiva della Fed e dei crescenti timori per la crescita globale. Ciò nonostante, il trend di rafforzamento del dollaro si è arrestato e negli ultimi due mesi ha iniziato a invertire la rotta. A nostro avviso, vi è la possibilità che il dollaro continui a indebolirsi.

Tassi d’interesse/tassi di cambio dei mercati emergenti

Analisi mensile
Nel mese di dicembre, il debito dei mercati emergenti (EMD) ha continuato la sua ripresa grazie a un orientamento meno restrittivo da parte della Fed e all’indebolimento del dollaro statunitense. A inizio mese la Cina ha annunciato una retromarcia sulla politica “zero-Covid”, che i mercati hanno accolto favorevolmente. È proseguita la ripresa dei fattori tecnici poiché i flussi in valuta forte sono passati in territorio positivo mentre quelli in valuta locale sono rimasti stabili.2


Dopo il forte rally di fine anno, riteniamo che nel 2023 il debito dei mercati emergenti possa offrire performance positive. Scorgiamo opportunità interessanti, in particolare nei tassi locali, in quanto gli spread sui rendimenti reali tra i mercati emergenti e i mercati sviluppati rimangono prossimi ai massimi storici. I fondamentali continuano a migliorare, i fattori tecnici si stanno rivelando positivi e le valutazioni rimangono interessanti. L’abbandono della politica “zero-Covid” da parte della Cina e l’annuncio di un sostanzioso sostegno al settore immobiliare favoriranno la crescita e probabilmente avranno ricadute sul più ampio universo dei ME.

Credito societario

Analisi mensile
Gli spread dei titoli europei hanno sovraperformato quelli dei titoli statunitensi investment grade nel rally mensile, grazie a un flusso di notizie considerate positive, in particolare quelle legate ai commenti delle banche centrali da parte dei mercati e alla possibilità di una riapertura in Cina. Il principale impulso al rally mensile è stata la compressione degli spread swap, in cui lo spread a 10 anni è sceso di 9 pb chiudendo a +64 pb. L’iTraxx Europe, al contrario, ha registrato una sottoperformance con un aumento di 3 pb nel corso del mese, chiudendo a +91 pb e determinando una sottoperformance degli strumenti derivati rispetto alla liquidità.3

L’andamento positivo del mercato high yield statunitense e globale è proseguito anche nelle prime due settimane di dicembre, per poi affievolirsi dopo la riunione mensile della Fed. Inoltre, sempre a dicembre il rapporto tra domanda e offerta si è indebolito sulla scia dei nuovi disinvestimenti dai fondi retail nella seconda metà del mese.  A dicembre, i segmenti di mercato di qualità inferiore hanno continuato a sottoperformare.  Nel mese, i settori più performanti sono stati quello delle banche, degli industriali e delle assicurazioni.4

Nel periodo, i titoli convertibili globali hanno perso terreno sulla scia di un aumento dei contagi Covid, come evidenziato dalla flessione dell’1,71% dell’indice Refinitiv Global Convertibles Focus. La performance dei titoli convertibili globali si colloca a cavallo tra quella dell’azionario globale e dell’obbligazionario globale, registrando la peggiore performance dal 2008.


Consideriamo l’investimento creditizio remunerativo in quanto riteniamo che i fondamentali societari siano solidi e che il contesto macroeconomico migliorerà grazie ai cambi di direzione della politica monetaria e alla riapertura della Cina. Riteniamo che le imprese abbiano accumulato riserve liquide grazie alle misure di contenimento dei costi introdotte durante la pandemia. Ci attendiamo una contrazione dei margini e ulteriori pressioni sui ricavi (come dimostrano i dati del terzo trimestre), tuttavia, dato il livello di partenza, riteniamo che le società riusciranno a superare la crisi senza eccessivi declassamenti o insolvenze (lo scenario di base fa riferimento a insolvenze limitate e recessione moderata).

Nel mercato high-yield, l’ampliamento degli spread sembra profilarsi come lo sviluppo futuro più plausibile, dato il rialzo del tasso terminale dei Fed Fund, l’inasprimento delle condizioni di liquidità globale e finanziarie e il rallentamento della crescita economica mondiale.

I fattori che favoriranno i titoli convertibili nel 2023, saranno un mercato pronto a riprendersi dai minimi obbligazionari e un forte impulso all’emissione di nuovi titoli bilanciati, dal momento che i tassi continuano a salire.

Prodotti cartolarizzati

Analisi mensile
Nel mese di dicembre, gli spread degli MBS di agenzia non hanno subito variazioni, mentre quelli del credito cartolarizzato si sono contratti. Gli spread del credito cartolarizzato hanno sottoperformato rispetto alla maggior parte delle obbligazioni societarie, a causa della contrazione registrata nel quarto trimestre; tuttavia continuano a risultare interessanti in termini di valore relativo. L’offerta di nuove emissioni cartolarizzate rimane molto bassa, poichè la sottoscrizione di prestiti sia residenziali che commerciali ha registrato un riduzione sostanziale. I fondamentali del credito cartolarizzato rimangono stabili: le insolvenze stanno aumentando lentamente, mantenendosi ad un livello storicamente basso e, per la maggior parte degli attivi cartolarizzati, non sembrano mettere in pericolo gli elevati livelli di protezione del credito strutturale. Dopo il picco di giugno, i prezzi delle abitazioni statunitensi sono scesi circa del 5%.5


Restiamo ottimisti sulle prospettive fondamentali per il mercato del credito. Nel 2023, ci aspettiamo un ulteriore calo dei prezzi delle case del 5-10%. Pur attendendoci un calo dei prezzi delle abitazioni, continuiamo a favorire il credito residenziale statunitense, in particolare i mutui di più lungo corso (accesi nel 2020 o prima) dato il notevole apprezzamento dei prezzi delle case negli ultimi anni. Restiamo più prudenti nei confronti del settore immobiliare commerciale, che continua a risentire negativamente degli sviluppi post-pandemici e potrebbe trovarsi in difficoltà in caso di recessione. Continuiamo a favorire i titoli statunitensi a quelli europei poiché le opportunità su base corretta per il rischio sembrano più interessanti negli Stati Uniti. Gli spread dei titoli cartolarizzati statunitensi ed europei sono equiparabili in classi di attivo simili, ma in Europa i rischi di una recessione più accentuata sembrano maggiori.

 
 

1 Fonte: Bloomberg. Dati al 31 dicembre 2022.
2 Fonte: Bloomberg. Dati al 31 dicembre 2022. Obbligazioni societarie dei mercati emergenti rappresentate dall’indice JP Morgan CEMBI Broad Diversified.
3 Fonte: Indici Bloomberg: U.S. Corporate e European Aggregate Corporate. Dati al 31 dicembre 2022. 
4 Fonte: Indice J.P. Morgan e Bloomberg US Corporate High Yield. Dati al 31 dicembre 2022.
5 Fonte: Bloomberg. Dati al 31 dicembre 2022.

 
 
 
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CONSIDERAZIONI SUI RISCHI

La diversificazione non garantisce che verranno generati utili e non protegge dalle perdite in una fase di rallentamento del mercato.

Non vi è alcuna garanzia che l’obiettivo d’investimento del portafoglio sarà raggiunto. I portafogli sono esposti al rischio di mercato, ovvero alla possibilità che il valore di mercato dei titoli detenuti dal portafoglio diminuisca e che il valore delle azioni del portafoglio sia conseguentemente inferiore all’importo pagato dall’investitore per acquistarle. I valori di mercato possono cambiare quotidianamente a causa di eventi economici e di altro tipo (ad es. catastrofi naturali, crisi sanitarie, terrorismo, conflitti e disordini sociali) che influenzano i mercati, i Paesi, le aziende o i governi. È difficile prevedere le tempistiche, la durata e i potenziali effetti negativi (ad esempio la liquidità del portafoglio) degli eventi. Di conseguenza, l’investimento in un portafoglio può comportare una perdita per l’investitore. I titoli obbligazionari sono soggetti alla capacità dell’emittente di rimborsare puntualmente capitale e interessi (rischio di credito), alle variazioni dei tassi d’interesse (rischio di tasso d’interesse), al merito di credito dell’emittente e alle condizioni generali di liquidità del mercato (rischio di mercato). In un contesto di tassi d’interesse in rialzo, i corsi obbligazionari possono calare e dar luogo a periodi di volatilità e a maggiori richieste di rimborso. In un contesto di calo dei tassi d’interesse, il portafoglio potrebbe generare un reddito inferiore. I titoli con scadenze più lunghe possono essere maggiormente sensibili alle variazioni dei tassi d’interesse. Determinati titoli di Stato americani acquistati dalla strategia, come quelli emessi da Fannie Mae e Freddie Mac, non sono garantiti dal “full faith and credit” (piena fiducia e credito) degli Stati Uniti. È possibile che in futuro questi emittenti non dispongano dei fondi per onorare i propri obblighi di pagamento. I prestiti bancari quotati sono soggetti al rischio di liquidità e ai rischi di credito tipici dei titoli con rating inferiori. Le obbligazioni high yield (dette anche “junk bonds”) sono titoli con rating inferiori che possono comportare livelli più elevati di rischio di credito e di liquidità. I titoli di debito sovrani sono soggetti al rischio di insolvenza. I titoli garantiti da ipoteche e da collaterale sono esposti al rischio di rimborso anticipato e a un più elevato rischio d’insolvenza e possono essere difficili da valutare e vendere (rischio di liquidità). Essi sono altresì soggetti ai rischi di credito, di mercato e di tasso d’interesse. Il mercato valutario è estremamente volatile. e i suoi prezzi sono influenzati da diversi fattori, tra cui la dinamica della domanda e dell’offerta di una determinata valuta, il commercio, i programmi e le politiche fiscali, monetarie e di controllo della valuta nazionale o estera e le variazioni dei tassi d’interesse nazionali o esteri. Gli investimenti nei mercati esteri comportano rischi specifici, quali rischi di cambio, politici, economici e di mercato. Investire nei mercati emergenti comporta rischi maggiori che investire nei mercati esteri in generale. Gli strumenti derivati possono amplificare le perdite in maniera sproporzionata e incidere significativamente sulla performance. Inoltre possono essere soggetti a rischi di controparte, di liquidità, di valutazione, di correlazione e di mercato. I titoli vincolati e illiquidi possono essere più difficili da vendere e valutare rispetto a quelli quotati in borsa (rischio di liquidità). A causa della possibilità che i rimborsi anticipati alterino i flussi di cassa sulle collateralized mortgage obligation (CMO), non è possibile determinare in anticipo la relativa data di scadenza finale o la vita media. Inoltre, il portafoglio potrebbe subire perdite qualora le garanzie collaterali sulle CMO o eventuali garanzie di terzi fossero insufficienti per onorare i pagamenti.

DEFINIZIONI

Punti base: un punto base = 0,01%.

DEFINIZIONI DEGLI INDICI

Gli indici utilizzati nel presente rapporto non rappresentano la performance di un investimento specifico e non comprendono spese, commissioni od oneri di vendita, che ridurrebbero la performance. Gli indici riportati non sono gestiti e non sono strumenti investibili. Non è possibile investire direttamente in un indice.

Il marchio “Bloomberg®” e l’indice o indici utilizzati sono marchi di servizio di Bloomberg Finance L.P. e relative consociate concessi in licenza a Morgan Stanley Investment Management (MSIM) per determinati scopi. Bloomberg non è una consociata di MSIM, non approva, appoggia, valuta o raccomanda alcun prodotto e non garantisce la tempestività, correttezza o esaustività dei dati e delle informazioni in relazione ad alcun prodotto.

L’indice Bloomberg Euro Aggregate Corporate (Bloomberg Euro IG Corporate) è costruito per replicare l’andamento del mercato delle obbligazioni societarie investment grade denominate in euro.

L’indice Bloomberg Global Aggregate Corporate è la componente societaria dell’indice Bloomberg Global Aggregate, un indice ad ampia base rappresentativo dei mercati obbligazionari investment grade globali.

L’indice Bloomberg U.S. Corporate High Yield misura l’andamento del mercato statunitense delle obbligazioni societarie non investment grade a tasso fisso denominate in dollari e fiscalmente imponibili. I titoli sono classificati high yield se il rating medio di Moody’s, Fitch e S&P è pari o inferiore a Ba1/BB+/BB+. L’indice non comprende le obbligazioni dei mercati emergenti.

L’indice Bloomberg U.S. Corporate è un benchmark ad ampia rappresentatività che misura l’andamento delle obbligazioni societarie investment grade a tasso fisso fiscalmente imponibili.

L’indice Bloomberg U.S. Mortgage Backed Securities (MBS) replica l’andamento dei titoli pass-through di agenzia garantiti da ipoteche (sia ARM a tasso fisso che ibridi), garantiti da Ginnie Mae (GNMA), Fannie Mae (FNMA) e Freddie Mac (FHLMC). L’indice è costruito aggregando vari gruppi di titoli MBS con regolamento futuro in data da definirsi all’interno di portafogli generali sulla base delle condizioni di rimborso, cedole e anno di emissione. Introdotti nel 1985, gli indici a tasso fisso GNMA, FHLMC e FNMA per i titoli a 30 e 15 anni sono stati rispettivamente retrodatati a gennaio 1976, maggio 1977 e novembre 1982. Nell’aprile del 2007 sono entrati a far parte dell’indice anche i titoli ipotecari pass-through ibridi di agenzia a tasso variabile (ARM).

L’indice dei prezzi al consumo (CPI) è una misura che esamina la media ponderata dei prezzi di un paniere di beni e servizi di consumo, come trasporti, alimenti e assistenza medica.

Euro vs. USD – rendimento totale dell’euro rispetto al dollaro  USA.

Titoli di Stato tedeschi a 10 anni – Germany Benchmark 10-Year Datastream Government Index, titoli di Stato giapponesi a 10 anni – Japan Benchmark 10-Year Datastream Government Index e titoli di Stato USA a 10 anni – U.S. Benchmark 10-Year Datastream Government Index.

L’indice ICE BofAML European Currency High-Yield Constrained (ICE BofAML Euro HY constrained) è concepito per replicare la performance delle obbligazioni societarie in euro e sterline di qualità inferiore a investment grade emesse da emittenti internazionali nei mercati eurobond o in sterline ed euro locali.

L’indice ICE BofAML U.S. Mortgage-Backed Securities (ICE BofAML U.S. Mortgage Master) replica la performance dei titoli pass-through garantiti da ipoteche residenziali a tasso fisso e ibridi denominati in dollari, emessi da agenzie statunitensi nel mercato interno USA.

L’indice ICE BofAML U.S. High Yield Master II Constrained (ICE BofAML U.S. High Yield) è un indice ponderato per il valore di mercato di tutte le obbligazioni high yield domestiche e “Yankee”, comprese le obbligazioni a interesse posticipato e i titoli con pagamento “in natura”. I titoli che lo compongono hanno scadenze di almeno un anno e un rating di credito inferiore a BBB-/Baa3, ma non sono insolventi.

L’indice ISM del settore manifatturiero è basato su indagini condotte presso oltre 300 aziende manifatturiere dall’Institute of Supply Management. L’indice ISM del settore manifatturiero monitora i livelli di occupazione, le scorte di produzione, i nuovi ordini e le consegne dei fornitori. L’indice di diffusione composito è stato creato al fine di monitorare le condizioni del settore manifatturiero nazionale sulla base dei dati risultanti da tali indagini.

Titoli di Stato italiani a 10 anni – Italy Benchmark 10-Year Datastream Government Index.

L’indice JP Morgan CEMBI Broad Diversified è un benchmark globale del debito societario liquido dei mercati emergenti che replica l’andamento delle obbligazioni societarie denominate in USD emesse da società dei mercati emergenti.

L’indice JPMorgan Government Bond– Emerging Markets (JPM local EM debt) replica l’andamento delle obbligazioni in valuta locale emesse da paesi emergenti. L’indice è posizionato come benchmark investibile che comprende soltanto quei Paesi accessibili da gran parte del parterre di investitori internazionali (escluse Cina e India dal settembre 2013).

L’indice JPMorgan Government Bond Emerging Markets (JPM External EM Debt) replica l’andamento delle obbligazioni in valuta locale emesse dai governi dei paesi emergenti. L’indice è posizionato come benchmark investibile che comprende soltanto quei Paesi accessibili da gran parte del parterre di investitori internazionali (escluse Cina e India dal settembre 2013).

L’indice JP Morgan Emerging Markets Bond Global (EMBI Global) replica i rendimenti totali di strumenti di debito in valuta estera negoziati nei mercati emergenti ed è una versione ampliata del JPMorgan EMBI+. Come l’EMBI+, l’Indice EMBI Global include obbligazioni Brady denominate in dollari USA, prestiti ed eurobond con valore nominale in circolazione pari ad almeno USD 500 milioni.

L’indice JP Morgan GBI-EM Global Diversified è un benchmark globale liquido, ponderato per la capitalizzazione di mercato, delle obbligazioni societarie dei mercati emergenti denominate in dollari USA, rappresentativo delle regioni Asia, America Latina, Europa e Medio Oriente/Africa.

JPY vs. USD – rendimento totale dello yen giapponese rispetto al dollaro USA.

L’indice Markit ITraxx Europe è composto da 125 credit default swap equiponderati su entità societarie europee investment grade, distribuiti su 4 sottoindici: finanza (senior), finanza (subordinati), non finanziari e “HiVol”.

L’indice Nikkei 225 Index (Japan Nikkei 225) è un indice ponderato per il prezzo che segue l’andamento delle 225 maggiori società nipponiche quotate alla Borsa di Tokyo.

L’indice MSCI AC Asia ex-Japan (MSCI Asia ex-Japan) replica l’andamento delle società large e mid cap di due di tre mercati sviluppati asiatici (Giappone escluso) e di otto mercati emergenti della regione.

L’indice MSCI All Country World (ACWI, MSCI global equities) è un indice ponderato per la capitalizzazione di mercato corretta per il flottante che misura la performance dei listini azionari dei mercati sviluppati ed emergenti. Il termine "flottante" è riferito alla quota di azioni in circolazione considerate disponibili per l’acquisto da parte degli investitori sui mercati azionari pubblici. La performance dell’indice è espressa in dollari USA e prevede il reinvestimento dei dividendi netti.

L’indice MSCI Emerging Markets (MSCI emerging equities) raggruppa titoli rappresentativi di società a media e alta capitalizzazione di 23 mercati emergenti.

L’indice MSCI World (MSCI developed equities) raggruppa titoli rappresentativi di società a media e alta capitalizzazione di 23 mercati sviluppati.

L’indice dei direttori degli acquisti (PMI) è un indicatore dello stato di salute economica del settore manifatturiero.

L’indice Refinitiv Convertible Global Focus USD Hedged è un indice di mercato ponderato con una dimensione minima di inclusione di USD 500 milioni (USA), EUR 200 milioni (Europa), YEN 22 miliardi e USD 275 milioni (altri paesi) di obbligazioni convertibili equity-linked.

L’indice Russell 2000® è un indice che misura la performance delle 2.000 società di più piccole dimensioni dell’indice Russell 3000.

L’indice S&P 500® (U.S. S&P 500) misura la performance del segmento delle large cap nel mercato azionario statunitense e copre all’incirca il 75% di tale mercato. L’indice comprende 500 tra le principali società che operano nei settori di punta dell’economia statunitense.

L’indice S&P CoreLogic Case-Shiller U.S. National Home Price NSA Index si propone di misurare il valore degli immobili residenziali nelle 20 principali aree metropolitane statunitensi: Atlanta, Boston, Charlotte, Chicago, Cleveland, Dallas, Denver, Detroit, Las Vegas, Los Angeles, Miami, Minneapolis, New York, Phoenix, Portland, San Diego, San Francisco, Seattle, Tampa e Washington, D.C.

L’indice S&P/LSTA U.S. Leveraged Loan 100 (S&P/LSTA Leveraged Loan Index) è costruito per replicare l’andamento dei prestiti di maggiore entità del mercato dei prestiti con leva.

L’indice S&P GSCI Copper (Copper) è un sottoindice dell’S&P GSCI che costituisce un benchmark affidabile e pubblicamente disponibile della performance del mercato del rame.

L’indice S&P GSCI Softs (GSCI soft commodities) è un sottoindice dell’S&P GSCI che misura la performance delle soft commodity ponderata per la produzione mondiale. Nel 2012 l’indice S&P GSCI Softs comprendeva le seguenti materie prime: caffè, zucchero, cacao e cotone.

Titoli di Stato spagnoli a 10 anni – Spain Benchmark 10-Year Datastream Government Index.

L’indice Thomson Reuters Convertible Global Focus USD Hedged è un indice di mercato ponderato con una dimensione minima di inclusione di USD 500 milioni (USA), EUR 200 milioni (Europa), JPY 22 miliardi e USD 275 milioni (altri paesi) di obbligazioni convertibili equity-linked.

Titoli di Stato britannici a 10 anni – U.K. Benchmark 10-Year Datastream Government Index. Gli indici di riferimento Datastream per i seguenti titoli di Stato si basano su singole emissioni. L’emissione scelta per ciascuna serie è la più rappresentativa disponibile per una data scadenza in ciascun momento. I titoli di riferimento sono selezionati sulla base delle convenzioni prevalenti all’interno di ciascun mercato. In generale il titolo di riferimento è sempre l’ultima emissione di una data fascia di scadenze, tuttavia vengono considerati anche i rendimenti, la liquidità, le dimensioni dell’emissione e le cedole.

L’indice U.S. Dollar (DXY) è un indice che misura il valore del dollaro statunitense rispetto a un paniere di valute estere, generalmente quelle dei maggiori partner commerciali degli Stati Uniti.

L’indice Chicago Board Options Exchange (CBOE) Market Volatility (VIX) mostra le aspettative del mercato per la volatilità a 30 giorni.

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