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È tutta una questione di utili, ma nel lungo termine
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Il mercato ha il chiodo fisso degli utili e purtroppo degli utili “sbagliati”: quelli di breve termine. In questo articolo non cerchiamo in alcun modo di difendere il bislacco rituale trimestrale durante il quale persino i titoli di società stabili e di grandi dimensioni oscillano sconsideratamente sulla base degli ultimi 90 giorni di scambi e dei pareri prospettici (spesso poco precisi) delle rispettive dirigenze sui tre mesi a venire. Cerchiamo invece di focalizzare la nostra attenzione sull’andamento degli utili nel più lungo termine e sull’importanza di rimanere coerenti nei momenti più difficili per il compounding di lungo periodo. Considerata la longevità dell’attuale fase di espansione economica, e del mercato rialzista che l’accompagna, è senz’altro molto importante riflettere sulle ripercussioni di un possibile rallentamento.
Sul fronte positivo, possiamo osservare che gli utili dell’MSCI World Index1 sono raddoppiati dopo il minimo d’inizio 2009. Sul fronte negativo, pesa il fatto che ad oggi tale rialzo non è andato oltre il 20% del picco antecedente la crisi finanziaria del 2007, avendo perso il 40% nel tracollo durato 18 mesi. Ciò significa che negli ultimi 11 anni il compounding degli utili globali è risultato inferiore al 2% annuo. Se poi si aggiungono i dividendi, il compounding totale del mercato è stato pari a un misero 4-5% annuo nell’ultimo decennio circa.
Dal 2007, su dieci settori GIC quattro hanno significativamente sovraperformato il mercato: IT, sanità, beni di consumo discrezionali e beni di consumo primari.2 Gli stessi settori in cui negli ultimi 11 anni la crescita degli utili si è mantenuta su livelli molto superiori a quelli del mercato (Figura 1). Il compounding nel settore della sanità (utili per azione [EPS] +94% dal 2007) e in quello dei beni di consumo primari (EPS +61%) è stato “come da manuale”: la crescita degli utili è stata di poco inferiore a quella del mercato durante la fase di rialzo, ma è rimasta sostanzialmente invariata (-1% e -2%, rispettivamente) durante il ribasso, quando il mercato è precipitato del 40%, collocandosi quindi ben al di sopra rispetto al ciclo. I beni di consumo discrezionali (EPS +77%) hanno battuto il mercato in modo diverso. Durante il ribasso, è stato il settore con la performance peggiore (EPS -66%), ma in seguito ha registrato un rialzo ciclico fenomenale (EPS +414% dal 2009). Considerato che la ripresa sta per compiere i dieci anni, non è insensato iniziare a chiedersi quali ripercussioni potrebbe avere il prossimo ribasso sugli utili del settore.
Fonte: FactSet. Dati al 31 luglio 2018.
Il settore dell’IT (+152% EPS dal 2007) si è mantenuto ai vertici, con una sovraperformance che, contrariamente a quanto avvenne sul finire degli anni ’90, poggia sulla crescita degli utili anziché sulla bolla delle valutazioni. Da oggi, la sostenibilità di quegli utili rappresenta l’elemento più importante. Durante la crisi, infatti, hanno registrato una flessione complessiva del 35%, più o meno in linea con l’andamento del mercato. Tuttavia, esaminando i tre segmenti che compongono il settore informatico (Figura 2) emerge un quadro molto diverso. Il ramo hardware e apparecchiature ha ceduto il 41% (pressappoco come il mercato), mentre quello dei semiconduttori ha visto gli utili evaporare (scendendo del 102% in territorio negativo). Viceversa, gli utili di software e servizi hanno archiviato un RIALZO del 2% nell’arco di quei 18 mesi. Ovvio, da una società all’altra l’esperienza è probabilmente diversa, ma la storia sembra insegnarci che il segmento del software e dei servizi è relativamente difensivo, anche senza tener conto dell’ulteriore protezione potenzialmente offerta dal recente aumento dei ricavi ricorrenti, riconducibile alla crescita del cloud.
Fonte: FactSet. Dati al 31 luglio 2018.
Per quanto riguarda la prossima fase calante, una cosa è sicura: non sarà uguale all’ultima. I nostri portafogli investono in società, non in settori. Tuttavia, il fatto che oltre il 75%3 dei nostri portafogli globali è investito nei due settori più difensivi (beni di consumo primari e sanità) o nel segmento informatico più difensivo (software e servizi) rassicura sulla possibilità che gli utili del portafoglio mostrino una tenuta migliore rispetto a quelli del mercato nel suo complesso. Se consideriamo la crisi finanziaria globale, gli utili di portafoglio della nostra principale strategia globale sono di fatto aumentati tra il 2007 e il 2009. Quindi, anziché cercare di forzare gli schemi, secondo noi è preferibile concentrarci sul continuare a seguirli. A nostro avviso, detenere posizioni in società di alta qualità e ben gestite, in grado di sostenere un’elevata redditività del capitale operativo rappresenta il modo migliore di realizzare questo obiettivo.